Le due funi accavallate causarono la sciagura di Giuliano Marchesini

Le due funi accavallate causarono la sciagura La tragedia sui monti di Cavalese Le due funi accavallate causarono la sciagura E' l'ipotesi più concreta: i cavi si sarebbero spezzati per l'attrito Nuovi interrogatori e un sopralluogo dei giudici alla funivia (Dal nostro inviato speciale) Cavale», 13 marzo. Nella tragedia, anche un lugubre equivoco. I familiari di Fabio Rustia, direttore della filiale «Standa» del Lido di Venezia, hanno vissuto tre giorni di tormento: la confusione e lo smarrimento dopo la sciagura della funivia del monte Cermls, avevano finito ;per sottrarre loro la salma !del congiunto. Mentre si fru- ] gava dovunque, nella vasta macchia verde ai piedi della montagna. 11 corpo dello scia- tore veneziano era lontano trecento chilometri: al posto di quello di Stefano Checcaniii. impiegato all'ufficio ragioneria del comune di Milano. Una scoperta che porta altro sgomento a Cavalese. Fabio Rustia era giunto puntuale, come gli anni passati, per i pochi giorni di vacanza sul campi di neve delle Dolomiti, insieme con la moglie e i due figli. Nel primo pomeriggio di martedì scorso, erano partiti tutt'e quattro per la cima del Cetmis, verso la pista invasa dalle frotte di sciatori delle «settimane bianche». Poi, in serata, la discesa della cabina e lo schianto terribile. Il giorno dopo, la convulsa e allucinante opera di composizione delle salme, nello stanzone del seminterrato dell'ospedale di Cavalese. E il sopraggiungere dei parenti stravolti, per le identificazioni. Tra i primi ad arrivare, Luciano Checcarelli, il padre dell'impiegato milanese, con l'altro figlio Eugenio. E' toccato ad Eugenio soffermarsi davanti a quella fila di cadaveri: il giovane ha creduto di riconoscere, in un corpo terribilmente straziato, quello del proprio congiunto: tra l'altro, la giacca t> vento, i pantaloni e gli scarponi da sci parevano quelli che Stefano Checcarelli portava quando era salito sul Cermis. Tra le vittime allineate sui materassi nel seminterrato dell'ospedale, c'erano la moglie e 1 due figli di Fabio Ru stia. Ma non c'era il cadavere del direttore della filiale veneziana della «Standa». Meri tre Luciano ed Eugenio Choccarelli,,si portavano via una salina, nel gruppo del -parenti di Rustia s'accendeva una speranza: Fabio era dato per disperso, poteva aarsl che fosse ancora vivo. Suo fratello Giorgio, un uomo alto e asciutto, ha trascorso intere giornate andando in giro con l'affanno alla gola, per Cavalese, per 1 paesi vicini, lungo 11 costone della montagna dove erano all'opera le squadre di ricerca. La madre, Ada, che aveva voluto venire fin quassù, aspettava nell'alloggio preso in affitto dai Rustia: «Qualcuno venga a dirmi qualcosa, altrimenti impazzisco». Poiché le battute nel fondovalle non davano alcun risultato, l'angosciosa vicenda poteva concludersi con una dichiarazione di morte presunta per Fabio Rustia. E quella salma abbandonata nella cappella della chiesa dell'Addolorata sarebbe rimasta senza nome. Ma ieri sera, dopo l'Intreccio di telefonate tra Cavalese e Milano, si è capito tutto, si dissolveva il mistero della scomparsa dello sciatore veneziano. Una vicenda che lasciava ancora più sconvolte due famiglie. Ora si aspetta che vengano dall'inchiesta le risposte agli inquietanti interrogativi; si spera di sapere infin» qualcosa di preciso sulle cause di questa tragedia. Il Procuratore capo della Repubblica di Trento. Mario Agostini, ha raccolto 1 primi elementi, sta procedendo ad altri interrogatori. E i componenti delia commissione tecnica nominata dal magistrato si accingo no a compiere 11 sopralluogo agli impianti della funivia del Cermls, il cui cavo è ancora steso lungo la striscia d'erba dove s'è schiantato il vagoncino carico di sciatori: gli esami di laboratorio sui reperti, in particolare, dovrebbero consentire di giungere a risultati decisivi. Intanto, va prendendo sempre più consistenza l'ipotesi dell'accavallamento delle due funi d'acciaio, d'un «bruciante» sfregamento che avrebbo provocato 11 trancio del cavo portante. All'ospedale di Cavalese. Alessandra Piovesana, la quindicenne di Milano unica superstite della sciagura, si Ruurdii attorno, frastornata. Sono venuti in tanti a farle visita, anche gente che non la conosce. Le sorridono e cercano di farlo coraggio. Alessandra ha riportato diverse fratture, si temeva anche una lesione renale, ma sei.ibta che il pericolo sia ormai 'scongiurato. E' una ragai robusta, pare aver superato il momento critico. Adesso scambia qualche parola con 1 familiari, con le infermiere, mentre le affiorano i ricordi confusi della tragedia. «Quando s'è sentito quello scossone, nella cabina qualcuno s'è messo a ridere: credeva eh» fosse una cosa da nulla, da riderci sopra. Poi siamo volati giù». Se continuerà a migliorare a questo modo, la prossima settimana Alessandra Piovesana potrà essere trasferita a Milano. Oggi è venuto a trovarla anche Franco Betta, il ventitreenne di Cavalese che insieme con Giancarlo Glimozzi l'ha tirata fuori da quell'orrendo groviglio di cor- Pi e di lamisre. «La ragazza ero pienamente cosciente — dice il giovane — Quando l'ab btamo tolta di là sotto. Ci ri peteva ti numero di telefono di casa sua: "Chiamate mia madre", mormorava». Adesso sua madre non si stacca un momento dal suo letto. Ogni tanto, Alessandra chiede notizie dei suoi compagni: devono dirle bugie, perché non sa ancora che laggiù ci sono stati tanti morti. , Giuliano Marchesini

Persone citate: Alessandra Piovesana, Fabio Ru, Fabio Rustia, Franco Betta, Giancarlo Glimozzi, Luciano Checcarelli, Mario Agostini, Stefano Checcarelli

Luoghi citati: Cavalese, Lido Di Venezia, Milano, Trento