La guerriglia anti-Smith arriva nel cuore della Rhodesia bianca di Alfredo Venturi

La guerriglia anti-Smith arriva nel cuore della Rhodesia bianca | Colloquio a Dar-es-Salaam col rappresentante di Muzorewa La guerriglia anti-Smith arriva nel cuore della Rhodesia bianca (Dal nostro inviato speciale) Dar-cs-Salaam, 13 marzo. Nonostante la sua aria pacifica, questa capitale distesa pigramente sulle rive dell'Oceano Indiano è una città di retrovia. Basta percorrerla, in questi giorni in cui una stagione piovosa finalmente fedele al suo ruolo, dopo alcuni anni di siccità, alterna violenti acquazzoni e ore soffocanti di sole e di snervanti vapori, per trovare qua e là le sedi di rappresentanze della guerriglia africana. Ecco, non distante dalla missione del Frelimo ormai assurta ad un ruolo di collegamento diplomatico, la sede del «Comitato di liberazione » dell'Organizzazione per l'unità africana, che è l'ente al quale l'Oua ha affidato il coordinamento dell'azione anticoloniale. Un edificio disadorno e accuratamente recintato: bisogna at,traversare un cancello appena socchiuso ed entrare in una specie di portineria-corpo di guardia, dove un soldato sonnecchia sdraiato accanto al suo fucile. Di qui parte la richiesta di colloquio con un funzionario del comitato, tema il conflitto Rhodesia-Mozambico. La risposta, cortese e negativa, non si fa attendere: Dalla verdeggiante periferia si entra in città, nel vecchio centro asiatico di questa capitale così poco africana che il governo ha deciso di affrontarne il costoso trasferimento a Dodoma nel cuore della Tanzania continentale, che è poi l'antico Tanganica a suo tempo colonizzato dai tedeschi e poi pastaio agli inglesi. Ecco la missione della Swapo (organizzazione popolare del Sud Africa occidentale), che è il gruppo più forte della guerriglia in Namibia. Anche qui sono avari di parole, si limitano a confermare che la lotta è in corso, nell'antico territorio germanico che la Società delle nazioni affidò in mandato al Sud Africa, dopo la prima guerra mondiale, e che il Sud Africa non Ita più restituito nonostante le sollecitazioni dell'Orni. Si tratta, ora, di trovare la sede dell'Anc, il consiglio nazionale africano dello Zimbabwe, o per meglio dire di quella parte dell'Anc, cosiddetta « esterna », che fa ca¬ po al reverendo Abel Muzorewa. Bisogna andare in Uhuru Street (Uhuru, in lingua swahili, significa libertà) e poi domandare, perché non ci sono targhe né manifesti. Dopo qualche andirivieni sotto un sole crudele, che rapidamente prosciuga le pozzanghere dell'ultimo temporale, ecco una vecchia scala che si arrampica esternamente su una palazzina. Al secondo ciano, gli uffici tanzaniani dell'Anc. Il rappresentante di /Muzorewa a Dar^s-Salaam. Kamanya, dispiega per prima cosa la bandiera nazionale dello Zimbabwe. E' molto diversa dal drappo bianco e verde dei rhodesiani di Smith, questo vessillo che prima o poi sventolerà sul palazzo del governatore di Salisbury, ami di Harare. che e il nome africano della città. E' una bandiera rossa, con un riquadro nero, giallo e verde. C'è anche uno stemma, non sulla bandiera ma sulla carta ufficiale dell'Anc, che riproduce le ciclopiche rovine di Zimbabwe, la misteriosa città che gli archeologi scoprirono il secolo scorso, e che pare fosse la capitale del grande regno paleoafricano di Monomotapa. Adesso veniamo al sodo. Come mai l'Anc è diviso? Il rappresentante di Muzorewa risponde che questo, il considerare l'Anc diviso in due fazioni, e un caratteristico errore alimentato dai colonialisti. C'è una sola Anc, insiste, ed è quella che fa capo ad Abel Muzorewa. Ma a Salisbury c'è Joshua Nkoma, che dice esaltamente la stessa cosa, e che in nome dell'Anc tratta con Smith. «E' uno sporco imbroglio», dice Kamanya. Quanti sono in questo momento i guerriglieri in armi? Kamanya sorride, divertito dall'ingenuità della domanda: « Non posso dare informazioni di carattere militare », dice. Però aggiunge subito che i combattenti sono « molti di più» di quelli che ammettono i rhodesiani. Alcuni giorni fa. il ministro degli Esteri e della Difesa nel governo Smith. Van der Byl. parlò di mille guerriglieri in azione entro le frontiere, di altri cinquemila pronti ad entrare dal Mozambico e dallo Zambia. In compenso, il rappresentante dell'Anc in Tanzania si diffonde sui meccanismi dello scandalo rhodesiano, sul potere assoluto dei 275 mila bianchi, sui sei milioni di africani, sulla persecuzione del popolo nero. Parla di una vasta gamma di limitazioni della libertà personale: dal divieto di lasciare la città o il villaggio all'obbligo di non uscire di casa dal tramonto all'alba, dal percorso obbligalo casa-lavoro e ritorno agli arresti domiciliari, dal carcere al campo di lavoro coalto. Parla anche delle lontane radici storiche della resistenza, dei tempi in cui ì bantu dello Zimbabwe cenarono di contrapporre le loro lance e il loro coraggio agli uomini di Cedi Rhodes. Gli slogan di questa guerra sono gli stessi di allora: Chtmurenga e Chindunduna, che in lingua clshona esprimono idee di lotta armata, di riconquista della terra. E' lo stesso di allora il coraggio, dice Kamanya: «Ciò che e cambiato sono la simpatia del mondo, che oggi è per noi, e le armi della nostra lotta». Di fronte a Rhodes c'era la lancia, di fronte a Smith c'è il mitra. Alfredo Venturi

Persone citate: Abel Muzorewa, Joshua Nkoma, Rhodes, Salisbury

Luoghi citati: Dodoma, Rhodesia, Sud Africa, Tanganica, Tanzania, Zambia