I nemici di Ian Smith di Alfredo Venturi

I nemici di Ian Smith Gli africani contro la Rhodesia bianca I nemici di Ian Smith /Dal nostro inviato speciale) Dar-evSalaam. 11 marzo. Ian Smith incontra oggi a Salisbury Joshua Nkomo, capo della fazione cosiddetta « interna » dell'Airican National Council, vecchio e un po' sconquassato organismo rappresentativo dei nazionalisti neri rhodesiani. Tutti sanno perfettamente, dentro e fuori lo Zimbabwe, che questi « colloqui costituzionali » non servono a niente, sia perché Nkomo, ormai, non rappresenta più nessuno, e tanto meno i guerriglieri impegnati in combattimento, sia perché Smith non perde occasione per ripetere che «finché lui sarà in vita, la regola della maggioranza non varcherà i confini della Rhodesia ». Dunque che cosa si diranno l'antico presidente della Zapu, organizzazione nazionalista a suo tempo appoggiata da Mosca, e il capo del « governo ribelle » della « colonia britannica della Rhodesia meridionale », come vuole una terminologia apparentemente polemica, ma giuridicamente ineccepibile? E' una vicenda, quella dei « colloqui costituzionali » che qualche volta ha aspetti grotteschi. Una decina di giorni fa, uscendo da un primo incontro con Smith, Nkomo annunciò trionfante che il suo interlocutore gli aveva presentato un nuovo pacchetto di proposte. Ieri, vigilia di quest'altro colloquio, Smith lo ha brutalmente smentito: nessuna proposta nuova, ha detto al «Rhodesian Herald ». Una sola cosa è certa. In nessun modo un eventuale accordo fra Smith e Nkomo (e non si vede proprio, del resto, su quali basi questi due personaggi potrebbero accordarsi) avrebbe ripercussioni sulla lotta armata, che ormai si è estesa lungo tutta la frontiera del Mozambico. Questo è tanto vero che ieri 10 ha confermato, in una conferenza stampa a Salisbury. 11 sottosegretario rhodesiano Sutton-Pryce. Una potenziale occasione di accordo c'è stata nel dicembre 1974, quando a Lusaka i rappresentanti di Smith incontrarono i delegati dei movimenti nazionalisti. Ma tutto Ani nel reciproco rifiuto delle condizioni pregiudiziali: per i nazionalisti si trattava di deporre le armi, per il governo Smith di accettare, prima, la convocazione di una conferenza costituzionale in cui contasse la maggioranza. L'ostinata cocciutaggine dei farmers rhodesiani si scontrò, a Lusaka, con l'altrettanto decisa determinazione dei nazionalisti, questi ultimi perfettamente consapevoli che il tempo lavorava per loro. Per veder chiaro nel caso rhodesiano bisogna ricordare la breve storia del movimento nazionalista. Di movimenti, Uno alla fine del 1974, ce n'erano tre: la Zapu (unione popolare africana dello Zimbabwe) diretta da Joshua Nkomo, la Zanu (unione nazionale africana dello Zimbabwe) di Ndabaningi Si:ho le. e un gruppo minore, il Frolizi (fronte di liberazione dello Zimbabwe) guidato da Chikerema. Nel dicembre del 1974 i presidenti di Zambia e Tanzania, Kaunda e Nyerere, riescono a mettere insieme i tre gruppi nell'African National Council, un'organizzazione già esistente, non clandestina, e guidata da Abel Muzorewa. C'è da notare che i tre personaggi Princi-pali di questo dramma, Nkomo, Sithole e Muzorewa, sono tutti Sacerdoti metodisti. Si forma, dunque, un African National Council (Anc) dallo stile ciellenista, in cui coabitano gestioni puramente nazionalistiche e visioni più articolate, in cui il nazionalismo non è che tappa de] riscatto sociale e la guerriglia episodio della lotta di classe. A questo punto c'èuna fase in cui la soluzione pacifica del problema rhode siano pare possibile. Ma ancora una volta scattano i rifiuti pregiudiziali. Da una parte non si accetta il cessate il fuoco prima che siano liberi tutti i prigionieri politici; dall'altra non si liberano i detenuti prima che nella boscaglia taccia il mitra. Molti prigionieri restano in carcere, e il mitra continua a sparare. Il « Cln » rhodesiano non regge alla forza centrifuga delle sue contraddizioni e a meta del 1975 si spacca in due fazioni: quella moderata e « interna » di Nkomo, che vediamo ora impegnato negli improbabili colloqui co stituzionali, e quella radicale e « esterna » di Muzorewa e Slthole. che sfuggono ad'arresto rifugiandosi nel territorio mozambicano ormai amico. A questo punto sembrerebbe di poter concludere che sono i capi della fazione estema dell'Anc a guidare i guerriglieri. In realtà non è cosi: i combattenti dello Zimbabwe non si riconoscono in nessuno dei tre « reverendi ». Qui a Dar-es-Salaam i ben in ] uformati dicono che dalla guer-. rriglia non tarderà a scaturì-1 pre una nuova dirigenza, che imagari farà propria la ban-1 Mdiera un po' sfilacciata del- [ Tl'Anc. Il movimento è forte: ' msi parla di un piccolo esercito di 10-15 mila uomini, bene armati e addestrati, soprattutto nel Mozambico, a cura del Frelimo, che in materia ha la fresca esperienza della lotta contro i portoghesi, ma anche qui in Tanzania e in Zambia. Come si è visto, dietro gli uomini che si battono per li- nspatlSsoberare la « colonia britannica | della Rhodesia meridionale » ci sono in prima linea tre Paesi africani — Mozambico. Tanzania e Zambia — ai quali i commentatori di qui aggiungono il Botswana. E' singolare la conferma, implicita in questa vicenda, di come da ] un obbiettivo di politica este. ra di facile accessibilità po 1 polare possa unire paesi per il resto diversissimi. Fra il 1 Mozambico rivoluzionario, la [ Tanzania socialisteggiante fra ' molte ambiguità, lo Zambia non certo rivoluzionario né socialista, anzi, il cliente importante del Sud Africa e suo alleato oggettivo al momento in cui entrambe, in Angola, appoggiavano l'Unita di Sawimbi, una sola convergenza poteva fare da cemento reale, al di là dei facili slogan dell'unità africana. La occasione di questa conver- | genza glielTia fornita la po- litica ottusa di Ian Smith dalla quale discende questa accesa mobilitazione, così «fi- ; siologica» in Paesi neri e ex coloniali, contro il razzismo i e il colonialismo. Alfredo Venturi