Sull'Ottimismo di Pietro Nenni di Pietro Nenni

Sull'Ottimismo di Pietro Nenni Sull'Ottimismo di Pietro Nenni All'età di 85 anni, Pietro Nenni è ottimista: anche se il suo è un ottimismo critico, l'altra faccia dr pessimismo critico di un Aldo Moro. L'uno e l'altro non si arrestano agli aspetti più clamorosi e drammatici della crisi italiana; dietro l'attuale fase tumultuaria della nostra storia essi intravedono grandi disegni, avanzate imponenti di forze sociali, espansione di diritti, crescita delle coscienze. Scorgono « rotture, traumi, eccessi » (parole di Pietro Nenni), ma vedono affacciarsi sulla scena della nostra storia, carichi di speranze, nuovi protagonisti: i lavoratori, le donne, i giovani. La differenza tra l'uno e l'altro sta, non nell'elenco degli elementi che compongono il quadro, quanto nel punto su cui fanno cadere l'accento. Per Nenni (che ha nella mente ricordi di tante tragedie), anche se « non tutto è andato liscio o andrà liscio », l'essenziale è che sta emergendo « «no società che, nelle ardue prove degli ultimi anni, si avvera più matura e più consapevole dei propri diritti di quanto non fosse ». Vi è stata, egli annuncia, una « rivoluzione culturale », che ha portato « a livello delle responsabilità del potere forze popolari che sempre erano state condannate all'opposizione », sicché vi è oggi una « maggiore partecipazione di popolo alla vita pubblica ». Col tempo, gli eccessi « saranno riassorbiti »; l'avanzamento culturale e civile rimarrà. Ha ragione Nenni di agitare il verbo ottimista di questo socialismo umanitario? L'analisi sembra giusta, ma incompleta; parte della verità, ma non tutta la verità. La coscienza dei diritti è davvero cresciuta: ma non è detto che gl'Italiani abbiano perciò anche una coscienza chiara dei doveri, ossia della necessità naturale che ogni individuo compia fatiche per realizzare i giusti fini di avanzamento economico, o sociale, o civile che si propone, senza scaricare la responsabilità di tale realizzazione su altri; specie sullo Stato come comoda Provvidenza. Non va sottovalutata l'importanza del fatto che sia cresciuta la coscienza dei diritti. Soprattutto conta il riconoscimento quasi universale dell'importanza della libertà e della tolleranza, come beni irrinunciabili. La dilagante sfiducia nel «sistema » o nei partiti dominanti poteva provocare una generale messa sotto accusa della democrazia, far sorgere febbrili umori propizi all'avvento di regimi autoritari, che distribuissero paternallsticamente ordine e giustizia. Cosi non è stato: anzi, si è rafforzata la convinzione che siano necessari il pluralismo, l'alternanza al potere dei partiti, la diffusione delle libertà culturali, la crescita della partecipazione popolare alla gestione degli enti pubblici. Non è nata una pericolosa predisposizione ad accettare come fatale e buono l'avvento di personalità o movimenti carismatici; non si sono diffusi, anzi sono pressoché tramontati, i miti esterni al sistema (come quelli sovietico o cinese, che fino a pochi anni fa trovavano tanti proseliti). Tutto questo è un fatto positivo, e se ne vedono gli effetti nell'evoluzione accelerata (benché ancora incompiuta) del partito comunista verso programmi e ideologie democratiche. In questo senso la crisi italiana è davvero una crisi di crescita, come sostiene Nenni, e in parte anche Moro: l'Italia dà motivi di ansietà, non di disperazione. * * Ma vi è una caduta, che potrebbe essere fatale, del senso di responsabilità individuale: questo sembra il pericolo maggiore, assai più dell'avanzata comunista, che è anche segno oggettivo di una volontà di rinnovamento in sé positiva. Gli Italiani, ciascuno per conto proprio o come cellule di uscc una categoria sociale, tra- scurano la necessità biologi- ca di assumere responsabi- lità operative, di lavoro | creativo. Essi impiegano le loro energie nell'accanita difesa dei diritti, reali o sognati, anziché nell'esecuzione dei doveri e compiti sociali: tutta la nostra cultura esalta oggi i primi, ignora i secondi. Alle degenerazioni del potere politico la democrazia intesa come sistema di go verno basato sulla pluralità, j sulla contrapposizione e al-1 ternanza dei poteri, sa por-1 re rimedio (anche se le macine della giustizia democratica sono lente). Assai più dubbio è che la democrazia sappia imporre o far prevalere nei singoli o nelle categorie comportamenti sociali costruttivi. Il rischio principale, oggi, è che si distrugga quel poco che resta del meccanismo di accumulazione e di progresso n capitalista », basato sull'ambizione e sul tornaconto degli individui, senza che ne sorga al suo posto un altro. Ne verrebbe una società statica, immobile, poco vigorosa; anzi, essa è già mezzo costruita. Il molle « capitalismo assistenziale » italiano somiglia cosi sempre più al grigio burocratismo sovietico. * * Nenni, citando Marx — secondo il quale « nessuna società muore finché può sviluppare le forze produt Uve » —• sostiene che oggi « il neocapitalismo non è j più in grado di assicurare] questo sviluppo ». E' un'affermazione errata, se si riferisce al mondo intero; forse non lo è per l'Italia. Il progressivo deprezzarsi della nostra moneta, che misura esattamente il deprezzamento dei frutti del lavoro collettivo della società italiana, ossia la caduta della nostra produttività rispetto a quella degli altri, dà una precisa conferma di questo relativo decadimento. Tra le sue cause non so- \ no soltanto i misfatti ^\gestione burocratica o predatoria del settore pubblico, cui si può porre rimedio; ma anche la caduta visibile della tensione creativa nel luoghi di lavoro, il declinare dell'impegno duro e faticoso nei luoghi di studio. Scaricare tutta la responsabilità di questa si-1 tuazione sui « cattivi gover- j nanti » è ingiusto, come sa- j rebbe ingiusto scaricarla soltnnto snllr» <?nallP cìeeli ' souamo sulle spalle degli agitatori faciloni, demagogi-1 ci e pseudo-rivoluzionari. Su J questo tema l'autocritica de- ; gli Italiani deve andare molto più a fondo e investire tutti gli istituti, compresi i partiti, nessuno escluso, e il sindacato. Ma è più facile criticare gli altri che se stessi.

Persone citate: Aldo Moro, Marx, Nenni, Pietro Nenni

Luoghi citati: Italia