Tutti i fulmini di Sade di Emanuele Kanceff

Tutti i fulmini di Sade Le lettere del Divin Marchese dal carcere Tutti i fulmini di Sade D.-A.-F. de Sade: « Lettere da Vincennes e dalla Bastiglia », Ed. Mondadori, pag. 208, lire 1300. Il 14 luglio 1789, alle cinque e mezzo della sera, la fortezza della Bastiglia si arrendeva a una folla tumultuante d'assalitori. In quel momento il marchese di Sade non era più fra i sette detenuti della prigione in disuso, che costava 140 mila franchi l'anno alle finanze dello Stato, e di cui l'Ancien Regime stava meditando quella salutare demolizione che solo il vortice degli eventi avrebbe ascritta a merito della Rivoluzione: merito usurpato, perché gli insorti del faubourg Saint-Antoine non volevano affatto compiere un atto simbolico contro il potere assoluto, ma impadronirsi delle polveri ammassate nei sotterranei della torre della Libertà, senza le quali i trentaduemila fucili e i dodici cannoni saccheggiati il mattino all'Hotel des Invalides risultavano inservibili. L'indomito marchese aveva perso l'occasione di godersi questo spettacolo di sangue: era stato trasferito, dieci giorni prima, alla prigione di Charenton. in seguito alle urla e agli incitamenti che I da una finestra della fortezza aveva rivolto alla folla. Il 2 aprile dell'anno dopo sarebbe ritornato in libertà, grazie al decreto dell'Assemblea Costituente che dichia¬ rava illegali le lettres de cachet: tredici anni di detenzione quasi continua erano trascorsi per lui, tra Vincennes e la Bastiglia, da quel lontano 13 febbraio 1777, giorno del suo arresto a Parigi. A far caso alle cifre, si comincia a condividere la sua mania di ricavarne i « segni » rivelatori del futuro; ma si comprendono ancora meglio tali aberranti insistenze, motivo conduttore d'intere lettere, se si esaminano le circostanze della sua condizione di recluso « di famiglia », come si chiamavano allora coloro che erano detenuti a istanza di congiunti potenti e troppo preoccupati della onorabilità famigliare. Arrestato in forza di una lettre de cachet, egli aveva creduto a un breve sfogo di collera, a un equivoco pre- sto chiarito. Ma con il p3S-sare dei mesi, poi degli anni, il suo caso si faceva serri- pre più simile a quello di tanti « dimenticati » in attesa esasperata di una precisa accusa, di un limite stabilito alla pena. Come quell'Armet de La Motte-d'Avezot, impazzito in carcere — trasferito a Charenton dopo clnquantaquattro anni di Bastiglia, soltanto perché era divenuto incapace e puzzava, senza che nessuno potesse fornire precisazioni sui motivi dell'arresto —, anche Sade, nelle prime lettere da Vincennes, si proclamava assalito dalla pazzia e rigettava sui suoi persecutori la responsabilità dell'immenso disordine che sentiva nascere nel suo spirito: « Una colpa originata dalla effervescenza del sangue non si corregge irritando il sangue, infiammando il cervello am la relegazione, e la fantasia con la solitudine... Difficilmente il mio cervello resisterà an¬ coro a lungo all'esistenza crudele a cui sono costretto: 10 sento, e predico a voi che un giorno vi pentirete di avermi trattato con una durezza fuori luogo e non adatta al mio temperamento ». Con il passare del tempo, 11 delirio si fa sempre più scoperto, ma il marchese pare accettarlo e rifugiarvisi voluttuosamente: frutto della cattiva coscienza e dell'orgoglio, diventa a poco a poco l'orgoglio della cattiva coscienza che sosterrà il suo destino di recluso e che farà di lui uno scrittore. Dalla dimensione innaturale del carcere nascono le dimensioni innaturali e sfrenate della sua fantasia: dalle distruzioni che il sistema opera su di lui, dalla crudeltà della sua condizione, trae alimento l'ansia di distruggere nell'esercizio crudele delle passioni. « Quando uscirò di qui — scriveva Sade nel febbraio del 79 —, dovrò andare a rifugiarmi nella foresta, perché mi trovo in tale stato da non poter più vivere con gli uomini! ». Questa oscura profezia non doveva essere vanificata neppure dall'avvento della Rivoluzione. All'esplosione dell'uomo nuovo il « cittadino attivo » Sade, il combattente del 10 Agosto, il commissario « pour la survc il lance des secours », il presidente della Section des Piques, risponderà con un romanzo utopico e un manifesto ambiguo, Francesi, ancora uno sforzo (tradotto ora per le edizioni Guaraldi), vera teorizzazione della società criminale in cui i principi rivoluzionari, portati alle estreme conseguenze, finiscono per mostrare la loro fragilità. Poi, con il nuovo arresto nel 1801, con la detenzione a vita, si consumerà per il divin Marchese la fuga definitiva nell'allucinante dimen- sione dell'inumano, espressa nel più emblematico dei suol desideri: che venissero disseminate ghiande nel luogo della sua sepoltura, perché le radici consumassero anche la estrema possibilità di memoria. Emanuele KancefF Sade, di Levine

Persone citate: Guaraldi, Levine

Luoghi citati: Parigi