I lettori discutono

I lettori discutono I lettori discutono Quale riforma per Scienze Politiche L'intervento del prof. Firpo sulla Slampa del 25 febbraio ripropone le lince della sua critica alla proposta di ristrutturazione della didattica nella Facoltà di Scienze Politiche, di cui mi sono fatto portavoce al Convegno sulla Facoltà di sabato scorso (Convegno che c stato aggiornato a sabato 6 marzo). La premessa — ovvia — alle nostre proposte, ma anche alle critiche di cu) ne è stata fatta oggetto, è che l'Università di oggi sia in crisi. Che non si tratti solo di una crisi di strutture, ma anche di una crisi di identità — se vogliamo una crisi sulla funzione sociale dell'Università — a me pare un fatto altrettanto ovvio. L'orientamento che sembra emergere dall'intervento dei prof. Firpo sembra essere il seguente: facciamo la riforma della scuola media secondaria, risolviamo il problema delle strutture, dopodiché gli altri problemi dell'Università troveranno una loro soluzione. In virtù di quali motivi non è detto. A me pare che la questione debba porsi in modo assai diverso, li., un lato gli obiettivi di un'Università da ricostruire sono 5urTicicntLmcntc chiari nella loro generalità (riqualificazione, creazione di una professionalità più [ adeguata ai tempi ed alle caratteristiche del sistema produttivo, nuovi rapporti tra Università, enti locali e sistema produttivo, diritto allo studio), ma affatto chiari nelle loro specificità, ed ancora meno nelle modalità necessarie per raggiungerli. D'altra parte la situazione odierna, per quanto disastrata, lascia spazi sufficientemente ampi per sperimentare delle formule alternative (...). Sul tema della «nuova professionalità» cui deve contribuire una Facoltà come la nostra, esistono molte divergenze, ma anche alcune idee di fondo su cui ì difficile trovarsi in disaccordo: si tratta di fornire almeno gli strumenti ed i concetti atti a comprendere la realtà in cui viviamo, e le circostanze che l'hanno determinata. E' quindi necessario chiedersi se non abbia senso muoversi quanto meno in modo coerente rispetto a questo minimo comune denominatore, che — nella situazione odierna — resta drammaticamente disatteso. La nostra proposta di ristrutturazione della didattica muove da questi presupposti, e si articola in Ire punti fondamentali: 1) istituzione di pochi corsi propedeuiici generali da seguire | nel l ' anno di corso, comuni ai quattro indirizzi presenti nella facoltà (politico-sociale, politicoeconomico, storico, politico-internazionale) in luogo dei troppi corsi cosiddetti caratterizzanti, ma che — di fatto — non funzionano come tali (l'inchiesta sugli studenti della Facoltà ó assai rivelatrice: una sparuta minoranza di studenti dà questi esami nei primi due anni di corso). Tali corsi dovrebbero servire da tessuto unificante per tulli gli studenti in modo da ovviare alla grande eterogeneità iniziale e consentire la scelta dell'indirizzo con maggiore cognizione di causa. In questi corsi dovrebbe avere peso prevalente una didattica di tipo induttivo, che parta, cioè, dall'osservazione di problemi vissuti nella vita quotidiana (ad esempio la crisi delle istituzioni, la crisi del sistema economico) , anziché dallo studio delle istituzioni e della teoria. Il «privilegio del contemporaneo» — per dirlo con il prof. Firpo — non e affatto considerato come unico momento rilevante, ma semplicemente come momento motivante di gran lunga più efficace all'inizio di un corso di laurea come Scienze Politiche. 2) La gestione di corsi propedeutici siffatti, e la praticabilità di una didattica induttiva richiede un notevole sforzo di coordinamento. Per tale motivo si propone che tali corsi vengano gestiti da un pool di docenti, anziché essere lasciati alla responsabilità dei singoli. Ciò permetterebbe un utilizzo interdisciplinare delle competenze del singoli docenti, i quali potrebbero ruotare all'interno di questa struttura, superando — di fatto — la titolarictà degli insegnamenti (...). 3) Nel triennio successivo all'anno propedeutico dovrebbero essere costruiti dei «percorsi di studio», relativamente strutturati, centrati su vaste aree problematiche anziché su singole discipline o gruppi di discipline. In questa fase dovrebbe realizzarsi la «profcssionolizzazionc» degli studenti. Il lavoro di tesi potrebbe essere anticipato al terzo anno, onde consentire un'effettiva partecipazione degli studenti a ricerche in corso. Il buon funzionamento di un modulo basato sui «sentieri di studio» presuppone una scria riqualificazione della ricerca all'interno della Facoltà, problema tuttora apertissimo e da affrontare in tempi non più dilazionabili. Queste proposte potrebbero costituire !a struttura portante di un'organizzazione didattica da affiancare a quella esistente. Non sembra né realistico, né opportuno richiedere che tutta la Facoltà si ristrutturi secondo questi moduli, i quali restano — ovviamente — sperimentali, e quindi perfettibili con l'esperienza. Bruno Contini Professore Straordinario di Econometria, Facoltà di Scienze Politiche. Università di Torino Al Regio mancano nomi illustri? Ho seguito la polemica sulle scene di Burri al Regio: posso ora approfittare della « Stampa » e della chiusure del teatro per quindici giorni --in piena stagione! — per proporre qualche interrogativo? Perché mai il Regio è la tomba di qualunque direttore artistico vi si avvicini: Ferrari, Prevituli, Choilly. Vernizzi. Maag in pochi anni? Quali sono le credenziali artistiche degli attuali suoi reggitori? E' mai possibile che il cartellone del Regio — il cui bilancio pur nelle presenti diiTicoltà economiche si aggira sempre su alcuni miliardi — sia numericamente il più anemico d'Italia per fare poi spazio ad una stagione al Palasport — dove poco si vede e meno ancora si sente — forse più ispirata alla demagogia che non ad un programma autenticamente culturale e popolare? Quando mui Torino ospiterà un direttore di fama internazionale: Melha. Muli. Prélrc, Schippers, Savvallisch ecc.. che pur operano in altre sedi italiane? E perché il Regio non ospita una sua stagione sinfonica — con un'orchestra pagata tutto l'anno — dove il solo costo delle anche più celebri bacchette potrebbe venire coperto da un pubblico pagante e non gratuito? I balletti gratuiti per scuole, il palasport, esibizioni gratuite di anonimi, non possono certo mascherare il vero problema di fondo del Regio: di un Teatro risorto, fra i più belli europei, non già per similari anche se apprezzabili manifestazioni collaterali, ma per costituire un centro di diffusione della più aggiornata e sensibile cultura musicale ed il cui impegno, tanto sul piano quantitativo che qualitativo, ha ancora da essere profondamente e rigorosamente ristrutturato. Giorgio Ricci. Torino

Persone citate: Bruno Contini, Burri, Firpo, Giorgio Ricci, Schippers, Vernizzi

Luoghi citati: Italia, Torino