Comunità e non Stato

Comunità e non Stato Comunità e non Stato (Segue dalla I pagina) i popoli europei: la colonia di francesi installata nella Repubblica federale, nel volgere di neppure una generazione, è diventata la più numerosa di tutte. L'Europa non ha una «difesa comune», ma i depositi logistici della Bundeswehr sono sistemati a ovest di Parigi. La Comunità, si dice, non ha più fatto progressi dopo la fine del periodo transitorio (1970) previsto dal trattato di Roma. Ma l'esperienza lasciata dagli anni di costruzione è considerevole, e soprattutto dinamica: si pensi alle infinite possibilità di intercomunicazione, di creazione di un'autentica nazione europea che nasconde lo sviluppo delle «libertà» sancite dal Trattato di Roma, alcune delle quali — come la libertà di insediamento per le imprese, ma anche per le professioni liberali — sono ancora realizzate in modo troppo imperfetto. E' per questo motivo che negli ambienti direttivi tedeschi non c'è né ironia né paradosso quando dichiarano, se li si interroga sul modo migliore di «approfondire» la costruzione dell'Europa: «Prima di cercare nuovi compiti per la Comunità, la Commissione e le altre istituzioni applichino strettamente il Trattato, e ne traggano tutte le virtuali conseguenze». E' l'espressione che si adopera per designare tale programma — la conservazione di questa famosa «esperienza comunitaria» — che fa difetto, ma non traduce l'idea di movimento che richiede qualsiasi azione politica. Si dice ancora a Bonn: «Sfortunatamente, la Commissione si occupa troppo di quello che non la riguarda. Sarebbe meglio che essa fosse formata da buoni "commissari" piuttosto che da cattivi politici». Nella capitale dell'Europa, dove attualmente si analizza certamente nel migliore dei modi la realtà europea, si preconizza dunque il contrario del metodo seguito da qualche anno. Invece di voler «completare» il Trattato di Roma con nuove elaborazioni che si sono finora rivelate illusorie, si chiede un semplice ritorno al suo spirito. Questa politica è tuttavia concepita con una mentalità più aperta di quella che poco tempo fa faceva dire ai gollisti: «Tutto il Trattato ma soltanto il Trattato», dimenticando, ad esempio, che l'elezione a suffragio popolare dell'Assemblea parlamentare di Strasburgo era una procedura inserita nel testo citato. Detto quesl >, non c'è neppure alcuna ragione per impedirci di andare al di là della strada tracciata diciotto anni or sono, o di cercarne altre. Ma, in questo caso, rispondono i tedeschi sulla scia di Willy Brandt che lanciò la formula delle «Comunità differenziate», perché pensare che si debba necessariamente essere in nove o lavorare in un quadro comunitario? E' appunto quanto succede nella pratica, dove ad esempio si vede la Francia associala a Paesi terzi per costruire un impianto di separazione di isotopi attraverso la diffusione gassosa e la Germania legata all'Olanda c alla Gran Bretagna per applicare una tecnica diversa. L'esempio più stupefacente è comunque quello del «serpente» monetario, al quale non partecipano né la Gran Bretagna, né l'Irlanda, né l'Italia. Ed è anche quello che mette in piena evidenza i danni di tale formula in tutte le materie che toccano il funzionamento stesso della Comunità: dove sarebbero a lungo andare i vantaggi di un mercato unico se i rapporti dei costi fossero costantemente modificati dalle fluttuazioni dei cambi? A Londra si giudica «detestabile» la soluzione di Brandt: «Non accettiamo l'idea — affermano — di rimanere al di fuori di qualsiasi formula». Mancano i fatti per sostenere questa professione di fede. In definitiva, qualunque sia l'importanza dell'esperienza lanciata nel 1950 dai padri fondatori, si comincia a prendere coscienza che il destino dell'Europa non si confonde affatto con quello della Comunità, anzitutto perché quest'ultima non congloba tutti gli Stati del Continente, e neppure quelli della sola Europa occidentale, ma anche perché le stesse basi di un'autentica integrazione si trovano più nell'interpretazione degli uomini e delle economie che nel «divenire» di istituzioni di cui si è voluto faro troppo in fretta lo strumento di una ideologia dell'unità «a qualsiasi prezzo e subito». Paul Fabra Le Monde

Persone citate: Brandt, Paul Fabra, Willy Brandt