Con cinismo, fecero la prova di come compiere la strage

Con cinismo, fecero la prova di come compiere la strage I "killers,, arrestati ad Alcamo Marina Con cinismo, fecero la prova di come compiere la strage Il piano per uccidere i due carabinieri fu preparato nei particolari L'esecutore ricevette l'ordine di sparare dopo una minaccia dai capi? (Nostro servizio particolare) Alcamo, 15 febbraio. Il « commando » che ad Alcamo Marina la notte tra il 26 e il 27 gennaio assassinò, mentre dormivano nella casermetta, l'appuntato Salvatore Falcetta e il carabiniere Carmine Apuzzo, di 35 e 19 anni, trucidandoli con cinque rivoltellate a bruciapelo, fece la « prova » della strage venti giorni prima. Gli assassini controllarono i tempi di percorrenza fra il posto fisso e il loro « covo » a Partinico. a 15 km da Alcamo Marina. Provarono e riprovarono le loro mosse. Poi, sembra, all'ultimo minuto apportarono al piano sostanziali modifiche. Giuseppe Gulotta, manovale di 19 anni, che sarebbe stato l'esecutore materiale, avrebbe ricevuto l'ordine di sparare i cinque colpi dopo essere stato minacciato di morte dai « capi » Giuseppe Vesco, 21 anni, detto « il pazzo »; e Giovanni Mandala, 34 anni. Domani mattina, ì capitani Rizzo, comandante della compagnia carabinieri di Alcamo, e Russo, del nucleo investigativo del « gruppo Trapani », consegneranno al procuratore della Repubblica Giuseppe Lumia e al suo sostituto Antonio Genco un rapporto completo sull'operazione che a due settimane dalla feroce esecuzione ha portato tra giovedì e venerdì alla cattura dei cinque presunti assassini. Nel rapporto a quanto sembra, vi sono altri nomi. Si dice due, forse tre. Tutte persone implicate nell'assalto. Sono importanti o secondari i gangli del meccanismo di violenza e di morte messo in moto ad Alcamo Marina? Forse sono « soltanto » favoreggiatori: genitori, fratelli o amici che hanno cercato di coprire uno dei cinque. Dopo il loro fermo, Giuseppe Gulotta e gli studenti Gaetano Santangelo (17 anni fra sei giorni) e Vincenzo Ferrantelli (Vesco confessò, Mandala negò e nega tuttora) ammisero ai carabinieri di aver partecipato alla spedizione. Poi, interrogati dal giudice Genco, ritrattarono, sostenendo che i carabinieri li avevano minacciati di ritorsioni, anzi li avevano picchiati (il Gulotta e il Ferrantelli avevano qualche ecchimosi). Oggi un ufficiale ha precisato che agli interrogatori presenziarono sia i difensori sia i pretori di Alcamo e Partinico, quindi non vi furono vessazioni. Più ancora d iGìuseppe Gulotta, i personaggi emblematici del tragico caso di Alcamo Marina rimangono, oggi, Giovanni Mandala e Giuseppe Vesco. Cosa può aver indotto il primo, un bottaio tracagnotto, sposato e padre di quattro figli, con qualche possibilità economica (pare sia coinvolto nella sofisticazione di vino), con la fedina penale pulita (ebbe 10 anni fa una denuncia per rissa, un litigio per donne) a porsi alla testa di un gruppo di ragazzi fuorviati? Valeva forse accaparrarsi gente «pronta a tutto» per preparare, come si dice, un sequestro di persona (un possidente, anzi un «grosso personaggio» di Palermo) ? Ma c'è, più prepotente, la personalità di Giuseppe Vesco tuttora iscritto all'Aposto¬ lato della preghiera della parrocchia dei frati benedettini (del resto. Mandala risulta iscritto ad una sezione de di Partinico e Ferrantelli all'Azione cattolica della parrocchia Sant'Anna). E' Vesco l'«ispiratore» del gruppo, il vero capo. Egli sì dice «prigioniero politico» e aspirante a «un mondo migliare e più ordinato». E ha aggiunto: «Intendevo creare un'organizzazione nucleare, ovvero suddivisa in cellule dette nuclei, ispirandomi al modello delle Brigate rosse e dei Nap con cui tuttavia non ho collegamenti ». Però, più si va avanti e più si ricava la sensazione che Vesco cerchi di mascherare una verità ben misera: quella di un gruppetto di delinquenti potenziali che per farsi avanti a spintoni ha deciso di «laurearsi» con un crimine inutile tanto barbaro. Antonio Ravidà