Come non fare funzionare 171 milioni di «betatrone» di Cosimo Mancini

Come non fare funzionare 171 milioni di «betatrone» L'inchiesta della Regione dopo la denuncia di "STAMPA SERA,, identifica i responsabili Come non fare funzionare 171 milioni di «betatrone» Il dott. Vittorio De Martino, sovrintendente della sanità nella Regione Piemonte, ha concluso martedì scorso l'inchiesta ordinata dall'assessore Ezio Enrietti per accertare quanto ci fosse di vero nell'articolo pubblicato da «Stampa Sera» il 26 gennaio scorso sotto il titolo «Betatrone in disarmo». Nell'articolo si dava notizia di un nuovo ostacolo che si opponeva all'utilizzazione della macchina che serve a irradiare i tumori, installata ormai da parecchi anni nella vecchia sede del San Giovanni e che non ha mai funzionato. Si aggiungeva che la bomba al cobalto esistente sarebbe stata sottoposta ad una revisione della durata di un mese. In quel periodo quindi i ricoverati del Centro tumori non avrebbero beneficiato della terapia radiante. Avevamo sottolineato che questo stato di sfacelo era il frutto di anni di incuria metodica, tale da far pensare a un vero e proprio sabotaggio. Pochi giorni prima infatti quindici ricoverati del secondo piano (reparto di radioterapia con 60 letti) avevano inviato al direttore sanitario dell'ospedale una lettera in cui dicevano che non avevano più visto un medico dal 16 dicembre, giorno in cui l'aiuto del primario, il dottor Verna, si era ammalato. La denuncia del nostro giornale ha avuto un seguito. Il consiglio d'amministrazione dell'ospedale ha sospeso il primario del reparto di radioterapia, il professor Giuseppe Matti. L'assessore regionale alla sanità poi ha ordinato un'inchiesta, al di sopra delle parti, per accertare con la maggiore obiettività possibile le cause del disservizio, e chi ne fosse eventualmente responsabile. In soli 13 giorni (9 lavorativi) il dottor De Martino e riuscito a tracciare l'intera storia del betatrone: una storia tutta all'italiana. Il funzionario della Regione non solo ha battuto tutti i primati per la rapidità con cui ha lavorato, ma è riuscito anche a mettere insieme una tale quantità di documenti che rendono le sue argomentazioni inoppugnabili. Il betatrone «nasce» il 13 dicembre 1969. Il professor Matlì chiede formalmente all'ospedale d'acquistare la macchina. Tre giorni dopo, il 16 dicembre, il consiglio d'amministrazione del San Giovanni, presieduto dall'avvocato Dardanello, approva la spesa per un betatrone Siemens Elettra di 18 MeV del costo di 190 milioni. La decisione è incredibilmente rapida, ma non altrettanto ponderata. Non si è pensato infatti al luogo in cui dovrà essere installata la macchina. Quest'errore è come una maledizione che il betatrone del San Giovanni si porta appresso. Ad esso, secondo le conclusioni a cui è giunto il dottor De Martino, se ne è aggiunto un altro: l'ingerenza del professor Matlì nei lavori. La tempestività dimostrata dal consiglio d'amministrazione dell'ospedale nell'acquisto resta un caso isolato, irripetibile. Soltanto il 15 settembre del 1970, otto mesi dopo, si decide infatti di dare l'incarico all'architetto Michele Berardo, per il progetto di un bunker destinato alla macchina. L'onorario (anche per dirigerne i lavori) è di 2 milioni e 300 mila lire. Il 22 giugno del '71 il betatrone fa il suo ingresso trionfale al San Giovanni. Le casse vengono scaricate, nel cortile dove resteranno esposte alle intemperie per qualche anno. L'arrivo fa decidere il progettista a mettersi al lavoro. Un mese dopo, il 28 luglio, il progetto è pronto. Sono passati altri dieci mesi (19 in tutto) dall'ordinazione della macchina. Il 21 gennaio 1972 la ditta Molinatti e Valvassori dà inizio ai lavori. Fino al settembre 1975, quando verranno ultimati dopo una serie di articoli-denuncia del nostro giornale, i giorni di lavori effettuati sono 288, quelli di sospensione 650. Non per colpa dell'impresa, che è ancora creditrice di parecchi milioni, ma per colpa della mancanza di coordinamento tecnico. Su questo punto neanche il dottor De Martino è riuscito ad ottenere dati concreti. L'ingegnere Bruno Pelissero, capo della ripartizione tecnica dell'ospedale, non è stato in grado di fornire dettagli. Il funzionario della Regione, nella relazione, lo definisce «distaccato dalla realtà operativa pur essendo un funzionario rigorosamente ortodosso sotto il profilo formale». Gli ospedali San Giovanni sono disseminati di cantieri caotici. E, mentre la gente muore in questo caos l'ingegner Pelissero continua ad essere «ortodosso e distaccato». Il consiglio d'amministraziono dell'ospedale finge di ignorare le continue lamentele che vengono da più parti. Anche gli ingegneri, come i primari, possono essere «intoccabili ». Sempre per la scarsa collaborazione del suddetto ingegnere, il dottor De Martino non è riuscito a sapere perché i lavori del bunker sono stati sospesi dal 30 maggio '72 al 28 agosto '73. Un buco di 15 mesi, pieno di buio. Di punti oscuri la storia del betatrone è piena: di lavori che avrebbero dovuto essere appaltati mediante concorso e che invece sono stati assegnati mediante trattative private; impegni finanziari non mantenuti. Ad esempio: nel febbraio '70 la giunta comunale ha approvato un finanziamento di 25 milioni e quella provinciale di 6 milioni che, aggiunti ai 140 promessi dallo Stato, avrebbero coperto l'intero costo: 171 milioni (la ditta Gorla aveva poi fatto il 10 per cento di sconto). I soldi dello Stato sono arrivati alla fine del '75; la Provincia ha dato finora un milione; il Comune neanche ima lira. Per quanto riguarda la mancata assistenza ai malati del reparto di radioterapia il dottor De Martino è giunto alla conclusione che è mancata sì l'assistenza anche se non si può ravvisare il reato di omissione di soccorso. Il funzionario ha interrogato soltanto la caposala e i medici; non i ricoverati che avevano scritto la drammatica lettera. Sono campiti che spettano a un magistrato. Questa volta è stata la politica a fare giustizia. Cosimo Mancini Il prof. Malli (con le mani in tasca), l'assessore Enrietti (col cappotto) ed il betatrone

Luoghi citati: Piemonte