Si inizia la battaglia sul piano economico di Alberto Rapisarda

Si inizia la battaglia sul piano economico Mentre si accentuano i contrasti de Si inizia la battaglia sul piano economico Il pei è pronto a discuterlo senza pregiudiziali, ma chiede che alcuni impegni siano immediatamente tradotti in proposte di legge - Più critici invece i repubblicani Roma, 15 febbraio. Una settimana ancora perché il governo Moro ottenga laflducia del Parlamento. Il presidente del consiglio apparentemente non ha fretta: giovedì pomeriggio si presenterà alla Camera e poi al Senato per leggere il programma del suo governo; sabato dovrebbero votare i deputati, e all'inizio della settimana successiva i senatori. Solo allora il quinto governo Moro sarà ufficialmente in carica. Sembra comunque che Moro non intenda oziare nei tre giorni che mancano al suo appuntamento con il Parlamento. Deve convocare una prima volta il consiglio dei ministri per far giurare i nuovi sottosegretari. Dovrebbe convocare una seconda volta i ministri per illustrare a loro il programma. Non è da escludere che nella stessa occasione Moro decida di trasformare subito in proposte legislative una parte dei provvedimenti urgenti in materia economica, in modo da presentarli alle Camere contemporaneamente ai programma facendoli votare subito. I comunisti, proprio oggi, tramite l'on. Napolitano, hanno rivolto un invito del genere a Moro. « Noi chiediamo al presidente del Consiglio di non limitarsi a riproporre il documento programmatico già reso pubblico, ma di tradurre sema indugio in proposte legislative alcuni impegni, tenendo conto delle osservazioni critiche formulate da diverse parti: gli impegni relativi soprattutto alla riconversione industriale, all'agricoltura e all'occupazione giovanile ». L'attenzione dei partiti è soprattutto concentrata sui provvedimenti economici del governo. I più interessati sono oggi comunisti e repubblicani; i democristiani sono tutti presi dalle loro polemiche interne in vista del prossimo congresso. I comunisti, in questo momento, sembrano disponibili a discutere senza pregiudiziali i provvedimenti che Moro proporrà. I repubblicani, che in fondo hanno partecipato al governo appena caduto e fanno parte della maggioranza, non sembrano disposti a tanto e pongono fin da ora veti accompagnati da minacce di voti contrari in Parlamento. Ieri Napolitano aveva considerato « una possibile base di confronto » le proposte del governo per favorire la mobilità dei lavoratori. Oggi, lo stesso Napolitano prende in considerazione anche la possibilità che « alcune caie- gorie » decidano autonomamente (e non per legge, come proporrebbe il governo) di autolimitare o dilazionare le proprie richieste di aumenti retributivi. E' una dichiarazione importante, perché è noto quanto i sindacati siano contrari ad una proposta del genere. Naturalmente, spiega Napolitano, il governo potrà parlare di limitazione degli aumenti, solo dopo aver offerto «concreti impegni di investimento, garanzie adeguate per l'occupazione, misure adeguate di riforma della pubblica amministrazione ». Il governo dovrebbe anche contribuire a sbloccare, per ciò che 10 riguarda (pubblico impiego, servizi, industria chimica e metalmeccanica tramite le Partecipazioni statali) alcune vertenze contrattuali aperte. E se ci si risponde, dicono i comunisti, che le richieste di nuovi investimenti pubblici per la ripresa debbono essere subordinati alle difficoltà derivanti dalla crisi monetaria, « proponiamo che si vada subito in Parlamento ad una verifica approfondita dello stato della finanza pubblica, mettendo a disposizione dell'opposizione non meno che della maggioranza, tutti i dati indispensabili per una corretta valutazione della situazione ». Che equivale a dire, che anche in questo caso il pei è disponibile a discutere senza pregiudiziali, ma attenendosi alle cifre. I repubblicani sono invece più critici. Hanno già preannunciato il loro voto contrario in Parlamento se Moro cercherà di far approvare l'imposta straordinaria sui profitti delle imprese. E voteranno « no » anche contro il disegno di legge per 11 Mezzogiorno (che era stato preparato dal precedente governo dc-pri) se saranno accettati « emendamenti tali da conferire alla nuova legge connotati panregionalisti» (Compagna). In pratica il pri considera gli emendamenti proposti (riduzione della Cassa del Mezzogiorno ad « organismo di attuazione », con il consiglio di amministrazione integrato anche dai presidenti delle Regioni interessate) come strumentali concessioni ai socialisti. Nella de, sono tutti occupati con i loro affari in vista del congresso. Solo l'on. Galloni ha toccato l'argomento governo invitando i comunisti ad « un atteggiamento costruttivo». Per avviare una politica socialmente aperta, nota Galloni (lotta alle evasioni fiscali, alla dilatazione delle spese improduttive dello Stato, ecc.) non bastano i buoni programmi ma occorre la « solidarietà » delle « forze sociali e sindacali ». Gli altri democristiani che hanno fatto sentire la loro voce oggi in giro per l'Italia, sono sembrati tutti preoccupati di respingere il discorso di Forlani, con il quale il «delfino» di Fanfani si è riproposto (senza dirlo esplicitamente) come successore di Zaccagnini su una linea «centrista». Granelli accusa Forlani di proporre « soluzioni alternative » a Zaccagnini « che di fatto diventano il punto di raccolta di tutte le resistenze interne ». Si uniscono alle accuse il moroteo Nerino Rossi, l'on. Mole, e il prof. Elia {«la distinzione tra rinnovatori e moderati non si supera con l'invito alla de ad essere se stessa»). Alberto Rapisarda

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