Pupi non guarda (si fa guardare) di Fulvio Cinti

Pupi non guarda (si fa guardare) Le piccole rivincite Pupi non guarda (si fa guardare) Paolo Pulici non è un vigliacco. Tre gol, tutto il grappolo vincente del Torino, rappresentano la sua piccola vendetta ed hanno una precisa dedica a coloro che all'indomani della partita di Cesena gli avevano rovesciato addosso, come secchi di acqua gelata, aspre rampogne per sospetta codardia. L'anima brianzola, un poco ingenua, di « Pupi » ribolliva di comprensibile rabbia: «Non sono un vile, eccovi serviti! ». Nessuno, in realtà, ha mai dubitato che Pulici fosse pavido. Ma nel match in terra romagnola, vuoi anche per circostanze male interpretate, il dubbio poteva esseve anche lecito. Raramente, lui uomo irruente di punta avanzata, era stato presente in area avversaria, una sola volta si era presentato puntuale all'appuntamento con un pallone che chiedeva soltanto di essere scaraventato in rete. Incertezza di Pulici o bravura di Boranga? Poi, sul calare del secondo tempo, visto che il rendimento del giocatore non rispettava l'attesa né s'adeguava alle esigenze del gioco, Radice l'aveva richiamato negli spogliatoi per mandare in campo, al suo posto, l'impaziente Garrì tano. Pulici era rimasto male, era arrossito di vergogna, che il giorno dopo divenne collera nel sentirsi sospettato di vigliaccheria. « Se l'è presa molto — dice qualche suo compagno di squadra —. Si è chiuso in se stesso per due giorni, musone, mulo, scontroso. Invece, ha un carattere delizioso ». Pulici reagisce così: se qualcosa lo tormenta non chiede aiuto né sollecita consigli. Vuole risol¬ vere il problema da solo. Lo rimugina, lo rimastica, poi lo trangugia, e il giorno dopo torna come prima: socievole, allegro, burlone. Né c'erano state (e Pulici conferma) tormentose spiegazioni con Radice. « Non c'era bisogno di alcun chiarimento », dice. « Ma che si vuole da me? ». Tanti gol ad ogni partita. « Bravi, ma che ci sono solo io? ». Aumenti la sua produzione sui campi avversari. Dei tredici che ha messo a segno in questo felice torneo del Torino, dodici sono casalinghi e appena uno esterno. L'obiezione non coglie di sorpresa il ragazzo brianzolo che butta là: « Fuori c'è necessità di fare altro gioco ». Cioè, favorire l'affondo del « gemello » Graziani, poiché su di lui si addensano pressanti e poco complimentose le attenzioni dei difensori. « Già ». E non si preoccupa, adesso che ha risolto il problema e s'è preso la rivincita, che qualcuno lo consideri un « guardone », cioè come a Cesena, rimanga a rimirare il giochetto dei compagni, tanto e delizioso, e da « puliciclone » rischi di trasformarsi in pericoloso « anticiclone » per il Torino. Vi sono nella sua carriera di calciatore ventisettenne, tutta consumata in maglia granata, pause del genere e immediatamente cancellate. Momenti che sono serviti a far maturare la personalità e rafforzare il carattere. Tre stagioni fa, ad esempio, quando Gustavo Giagnoni gli fece ripetere come un apprendista tutte le lezioni di fondamentali. Probabilmente, allora, Pupi s'immusonì, ritenendosi offeso, si chiuse in se stesso. Adesso è grato a Giagnoni della bella ripassata. I tre palloni scodellati nella rete del Bologna focalizzano il livello tecnico raggiunto da Pulici in questi anni, dal giorno in cui Giagnoni gli ripropose movimenti e gesti come nessun altro tecnico aveva fatto prima per affinare la gretta potenza che contraddistingueva invece la personalità calcistica del giovanotto brianzolo. Una volta andava a rete a testa bassa fidando nella fulmineità del suo calcio, oggi Pulici va in cerca (e li trova) dei gol ragionati, alla cui costruzione contribuisce personalmente. Quando non collabora intelligentemente a quelli degli altri o del gemello. Apre, ieri, con una precisa incornata, si ripete con un sinistro calcolato al centimetro, incanta con una finta diabolica il portiere del Bologna nel calcio di rigore. In area, o immediatamente prima, secondo il movimento dell'azione, egli c'è sempre, nel rispetto degli schemi dell'offensiva granata, implacabile, ubriacante per il tempo che per ora si concede. Domenica scorsa ha esclamato, esterrefatto, il presidente del Cesena: « Mò questi non sono calciatori, sono dei marziani! ». Iersera, subito dopo la partita, Paolino Pulici è filato a casa. Voleva rivedersi alla televisione mentre fulminava il Bologna, desiderava accertarsi, con i propri occhi, di non aver commesso errori o omissioni. Quelle omissioni da altri rilevate in partite esterne ed aspramente rinfacciate. « Guardone sì, ma alla tv ». In campo s'era fatto guardare. Fulvio Cinti

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