Sandokan ha lasciato l'Italia ritornerà come Corsaro Nero

Sandokan ha lasciato l'Italia ritornerà come Corsaro Nero Mentre alla tv s'è conclusa la serie dei fortunati telefilm Sandokan ha lasciato l'Italia ritornerà come Corsaro Nero (Nostro servizio particolare) Roma, 8 febbraio. Kabir Bedi, il superdivo venuto dall'Oriente, è ripartito per Bombay venerdì notte all'una e 25, volo Air India 138. Pochi gli accompagnatori. Quello che era stalo un arrivo trionfale si è concluso, dopo i frenetici venti giorni del soggiorno italiano, con una partenza malinconica: qualche richiesta d'autografo, qualche flash sparato da un assonnato fotografo. Come nei racconti di Salgari però, non è mancato il colpo di scena. La Tigre, che appariva provata e con gli occhi febbricitanti, stringeva in pugno un'arma formidabile, risolutiva quanto la «Misericordia», il pugnale dalla lama triangolare usato per dare il colpo di grazia ai feriti e abbreviarne l'agonia. Sandokan, in breve, aveva firmato poche ore prima il contratto con la Cincriz per interpretare Il corsaro nero, un film di Sergio Sollima, sceneggiato da Alberto Silvestri, che verrà girato a Quemada (Cartagena, Colombia). Costo sugli 800 milioni. Compenso per Kabir Bedi, 250 mila dollari (circa 180 milioni). Carole André sarà Honorata, la disgraziata figlia di Wan Guld, destinata a essere abbandonata tra i flutti in tempesta. Le trattative erano state laboriose. Sembra quasi impossibile che lo stesso personaggio, capace di far rinascere il divismo a Roma e in Italia, abbia invece suscitato diffidenza e perplessità nel mondo del cinema tra produttori e registi. Carlo Ponti ha incontrato Kabir Bedi per tre minuti. Bernardo Bertolucci l'ha ricevuto in piedi alla Fonoroma durante il doppiaggio di Novecento. Fellini si era limitato a domandare con divertita curiosità: «Ma come avete fatto a realizzare quella scena del salto con la tigre?». Michelangelo Antonioni aveva rifiutato l'incontro con Sandokan. Un discorso serio ma con esito negativo era stato fatto con Goffredo Lombardo della Titanus. Sergio Sollima aveva tentato di spiegargli perché lui credeva nel Corsaro nero: proseguire sul filone salgariano, «ciclo dei corsari», ma senza insistere nell'identificazione di Kabir Bedi con Sandokan, per non arrecare pregiudizio alla carriera professionale dell'attore. «Capisco — aveva replicato Lombardo senza convinzione. —. La gente dirà: andiamo a vedere Sandokan che fa il Corsaro Nero. Ma perché "tentare" di fare una cosa, quando abbiamo la certezza di poterne fare un'altra? Dopo l'uitima puntata televisiva, il cui senso è Inghilterra trema, la tigre non è morta, io vedo per Kabir Bedi un solo film tagliato su misura: Sandokan alla riscossa». Poi, alle insistenze di Sollima, Lombardo aveva aperto l'edizione annotata di Mondadori, pagina 7, e gli aveva letto la descrizione che Salgari fa del Corsaro Nero: «... Anche l'aspetto di quell'uomo aveva, come il vestito, qualcosa di funebre, con quel volto pallido, quasi marmoreo, che spiccava stranamente fra le trine del colletto e le larghe tese del cappello...». Insomma, un personaggio raffinato, elegante, pallido, col fioretto. Irritato, Sollima aveva ceduto il campo, seguito dal fedele Kabir Bedi. Qualcuno nella stanza aveva commentato: «Buona l'idea di girare a Quemada (ricordate L'idillio di Gillo Pontecorvo con Marion Brando): un posticino dove le produzioni arrivano vive e tornano morte». Nel frattempo Angelo Infanti, ex amico di Carole André, prendeva contatti con Andrea Rizzoli, a Milano. Si organizzava una cenetta alla quale partecipavano anche Liuba Rosa e Tony Renis. A Rizzoli Sandokan era piaciuto, aveva giudicato Kabir Bedi «uno che passa lo schermo», come si dice in gergo. Liuba Rosa aveva trovato Kabir «molto educato, molto signore, con una voce stupenda, e un inglese perfetto, non comune, un po' esotico». Intanto ai tavoli di Rosati, il caffè romano di piazza del Popolo, giravano già le battute e i giudizi. Su Sollima: «Non è riuscito a fare di Kabir un attore, ma ne ha fatto un divo». «Ma no, certe cose le ha azzeccate: lo sbarco tipo marines, i reparti subacquei, il karaté, il kungfu. E poi Kabir è bravo: ci sono cento attori capaci di fare la faccetta, che muovono l'occhietto, ma Sandokan ha magnetismo». Il mattino seguente Rizzoli chiamava Roma: concludete, stringete, non fatelo partire senza avergli fatto prima firmare il contratto. Qualcuno nel frattempo si era precipitato a Bombay per fare incetta di film indiani, (un'altro che artistici, con Kabir protagonista, e lanciarli sul mercato italiano. Una operazione pericolosa, in questo momento, che avrebbe minacciato il recente successo di Sandokan. Kabir Bedi, avvisato in tempo, è riuscito a comperare parte di questi film, la peggiore. Insomma, la Tigre, o per meglio dire, il povero ragazzo Kabir, è stato sottoposto a uno sforzo immane. E ha dimostrato di essere intelligente, civile, leale, corretto. Kabir è partito, ma due settimanali si incaricano di tenerne vivo il ricordo tra noi: uno, che pubblicherà le più belle lettere d'amore scritte dalle sue lettrici; l'altro, che farà qualcosa di più: terrà una rubrica di corrispondenza, «La posta della Tigre», nella quale Kabir Bedi risponderà personalmente a tutti coloro che gli scriveranno. Il segno inconfondibile della sua zampata (la famosa orma di tigre, più volte descritta da Salgari), garantirà i lettori da ogni tentativo di contraffazione. Fabrizio Del Dongo Kabir Bedi, «Sandokan»