Impossibile per l'ex detenuto trovare lavoro se deve esibire la fedina penale

Impossibile per l'ex detenuto trovare lavoro se deve esibire la fedina penale Un magistrato propone di modificare la legge sui precedenti giudiziari Impossibile per l'ex detenuto trovare lavoro se deve esibire la fedina penale Il documento riguarda soprattutto la possibilità dei privati di accedere al casellario giudiziario - "Chi esce dal carcere prima o poi vi torna perché non è riuscito a reinserirsi" - Una proposta di modifica anche per una legge regionale E' stata presentata nei giorni scorsi al Presidente della Giunta regionale Viglione una proposta di abrogazione degli articoli 607 e 608 del Codice di procedura penale, relativi alla possibilità concessa al privati di conoscere 1 precedenti penali di ciascuno « per produrli in giudizio, per ragioni di elettorato, per assunzioni ad impieghi, servizi o lavori ». Nel documento è richiesta anche la modifica della legge regionale n. 22 del 12 agosto '74 là dove prevede che, per l'assunzione nei ruoli di operatore e di custode, è pregiudiziale l'assenza di precedenti penali. I progetti di abrogazione e di modifica sono stati preparati dal dott. Elvio Fassone, giudice al Tribunale di Torino. S'inquadrano nella serie di Iniziative promosse dalla « Lega per l'ex detenuto ». La proposta del dottor Fassone cade apparentemente in un momento poco opportuno. Non sono certo adatti a sensibilizzare l'opinione pubblica sul problema dei detenuti, episodi come quello di Ivrea dove un orefice è stato ucciso da tre banditi, o come quello di via Cecchi, dove l'assalto a una gioielleria è costato la vita a un cliente Ignaro. Tuttavia — dice il magistrato — ci sono due modi per -.aiutare queste tragiche realtà. Il primo bada soltanto agli efletti: una malavita scatenata che, per poche migliaia di lire, non esita ad uccidere. Il secondo considera anche le cause: una malavita che sì crea nelle classi emarginate; che nella prima condanna — spesso in età così precoce da porre in dubbio persino la responsabilità — trova conferma alla propria emarginazione; che — dimessa dal carcere — paga a caro prezzo la colpa già espiata; e che infine è ridotta a tale disperazione da giocare, appunto per poche migliaia di lire, insieme con la libertà anche la vita. Statistiche attendibili riferiscono che circa il 63 per cento del dimessi dal carcere * recidivo. E ciò — esclusa la teoria della «propensione» biologica a delinquere di lombrosiana memoria — non può che sottolineare l'urgenza di strutture valide per il reinserimento dell'ex detenuto. «Il reinserimento appunto — dice il dottor Fassone — è il criterio ispiratore del nuovo ordinamento penitenziario e non solo costituisce l'o¬ biettivo fondamentale del trattamento rieducativo, ma dovrebbe essere agevolato, a pena espiata, da interventi di servizio sociale. Tuttavia la realtà oggi è ancora molto diversa». Reinserimento, per un ex detenuto, significa prima di tutto lavoro. E invece, anche in momenti di non avversa congiuntura, enormi ostacoli si frappongono a questa esigenza elementare. «La documentazione relativa al contenuto del casella-io giudiziale, che è strumento di raccolta delle vicende penali di ciascuno, può essere richiesta non soltanto dall'interessato o dall'autorità giudiziaria, ma anche — sia pure entro certi limiti — dai privati, secondo quanto previsto appunto dagli articoli 607 e 608 del Codice di procedura penale. E' noto che, per entrare in qualsiasi grossa azienda, anche senza mansioni di responsabilità, si deve spesso esibire il certificato penale. E, quando chi fa domanda d'assunzione non ne viene informato, le notizie cir- ca 1 suoi precedenti possono esse- re richieste dalla direzione» Le conseguenze? «Disastrose. L'imprenditore privato, appena sa che il dipendente è un ex detenuto, è restio a mantenergH il posto. D'altra parte, dato e non concesso che chi esce dal carcere abbia delle possibilità economiche, non potrà esercitare un'attività in proprio perché l'autorità di pubblica sicurezza difficilmente gli concederà la licenza. Ciò finisce per trasformarsi in uno sbarramento invalicabile: gli ex-detenuti sono spesso costretti a ripiegare su lavori pesanti o sottoretribuitl. O, peggio, ricadono nel reato: furto o rapina, come mezzi più immediati per procurarsi di che sopravvivere». Quali sono le ragioni per cui si è ritenuto di concedere al privati il parziale accesso al casellario giudiziale? Occorre innanzi tutto risalire all'epoca in cut il Codice è stato concepito: 1930. «I presupposti ideologici alla base della legislazione fascista — dice il dottor Fassone — privilegiano l'interesse dei terzi rispetto a quello dell'individuo. E ciò era in linea anche con la politica del momento, in cui la dignità era proporzionale alla conformità ad una certa ideologia. Poco importava allora l'eventualità del recupero». Ma la Costituzione ha capovolto t presupposti: «La salvaguardia dei terzi è un valore degno di considerazione, ma non assoluto né tutelato per esplicita volontà costituzionale. Al contrario, l'ostracismo derivante dalla conoscenza della condanna è contrario alla Costituzione là dove prevede che le pene debbano tendere alla rieducazione del condannato». E il conflitto tra le due istanze non può essere risolto — secondo il giudice Fassone — che con l'abrogazione dell'articolo 607: «Si dovrà cioè impedire al privato di poter conoscere 1 precedenti altrui, fatte salve alcune eccezioni: quando cioè esista un effettivo interesse pubblico, per ragioni di diritto elettorale o per produrre in giudizio il certificato, alla conoscenza del passato penale individuale. Ma dovrà tissere l'autorità giudiziaria ad accertare d'ufficio la situazione». Un altro grave ostacolo al reìnserlmento è individuato dal dottor Fassone nell'impossibilità degli enti pubblici ad assumere chi abbia precedenti penali. «Qui il discorso deve essere parzialmente diverso perché ramministrazione pubblica, data la delicatezza di certe mansioni, ha speci; 20 interesse a che gli uffici siano affidati a persone di comprovata moralità sociale. Ciò è in linea anche con il dettato costituzionale là dove stabilisce che "i pubblici uffici sono organizzati in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione". Tuttavia la tutela della pubblica amministrazione poteva avere valore assoluto solo quando le mansioni erano circoscritte. Oggi ha assai meno ragione d'essere indiscriminata, poiché con l'accrescersi dei campiti assunti dallo Stato e dagli enti locali, le occasioni di pubblica occupazione si sono moltiplicate a dismisura. Ed è innegabile che certi mestieri non possono essere considerati "di particolare delicatezza". La richiesta dei precedenti per l'assunzione a questi incarici appare inopportuna e rtretestuosa». Che fare in questo caso? Secondo la proposta del dottor Fessone st dovrebbero «individuare gli incarichi per cui resistenza di ben precisate condanne sia di preclusione, e liberalizzare invece l'accesso agli altri. Anche perché tocca prima di tutto alla coerenza dello Stato farsi carico del reinserimento sociale, realizzando quel criterio democratico secondo cui una pena giusta deve, in quanto tale, tendere ad estinguere del tutto il debito sociale, senza strascichi che si protraggano oltre l'espiazione». Eleonora Bertolotto

Persone citate: Eleonora Bertolotto, Elvio Fassone, Fassone, Viglione

Luoghi citati: Ivrea, Torino