Sono giovani nati vecchi? di Luca GiuratoAmintore Fanfani

Sono giovani nati vecchi? L'ASSEMBLEA PC DI FRONTE AL RINNOVAMENTO Sono giovani nati vecchi? C'è il tentativo di restituire al movimento una linea politica e una dignità ideale, ma molti restano ancorati al passato - Le etichette sono più sfumate ma resistono - I progressi sono " cauti, mediati, calibrati " in " tempi lunghi " Roma. 8 febbraio. Zaccagnini ha voluto compiere il gran gesto che Fanfani rifiutò di fare quasi due anni or sono, e si è calato tra le pareti del teatro « Giuseppe Verdi » a Pisa, riscaldando quell'ambiente «ghiaccio-ghiaccio» dell'assemblea dei giovani de con un discorso che ha suscitato applausi calorosi. «I giovani sapranno rispondere alle attese se non si lasceranno insterilire dai deleteri giochi di potere, dalle lotte intestine e dai personalismi che hanno spesso avvilito e limitato la nostra azione» ha detto il segretario ai delegati riuniti nella loro prima conferenza nazionale dopo la «pagina nera» di Palermo (giugno '74) e quelle, davvero sensazionali, del febbraio-marzo 75 a Roma, culminate con brusco scioglimento del «giovanile de» e con le cariche della polizia davanti al «bunker» di piazza Sturzo. (L'auto con a bordo Fanfani fu costretta, tra insulti ed invettive, a passar sopra a bandiere e a tessere stracciate della de). «I giovani — ha concluso Zaccagnini — dovranno rendersi interpreti fedeli e attenti di quanto di positivo sta emergendo, per essere protagonisti di quel rinnovamento che non può avvenire senza di loro. La de, mai come in questo momento in cui le sue scelte politiche sembrano coincidere con gli interessi del Paese, sa di poter contare soprattutto sull'apporto dinamico e generoso dei giovani». Generosità Sulla generosità dei giovani de nessuno ha mai dubitato; anche i più accaniti detrattori dello scudo crociato, a questo proposito, non hanno niente da ridire. Anche sulla possibilità che i giovani de non possano, sia puri con travaglio, rendersi interpreti fedeli e attenti di quanto di positivo sta emergendo, vogliamo lasciare una risposta negativa ad altri osservatori, forse più maliziosi, forse un po' prevenuti. Del resto, dalle corrispondenze che ci giungono da Pisa emerge chiaramente, fra contrasti e polemiche, il tentativo di restituire al «giovanile» una linea politica e una dignità ideale. Lo ammette addirittura il manifesto con le riserve ovvie: «La quarta generazione si presenta (dopo un anno di gestione commissariale) rinnovata nelle persone, ambigua negli orientamenti politici, improntati, per ora, ad un'adesione non acritica alla linea Zaccagnini ». Quello che invece lascia scettici tutti (e forse in cuor suo lo stesso Zaccagnini) sono i giovani de in veste di protagonisti di rinnovamento. Qui proprio, e per l'ennesima volta, non ci siamo. Anche a Pisa la battaglia tra vecchio e nuovo, che pure c'è stata, si è chiusa con la vittoria del primo, almeno per ora. Nessun progresso da Palermo? Per carità, la risposta è negativa. Allora, i componenti del famigerato « intergruppo », che vinse quel penoso congresso, erano tutti fieri di proclamare le loro etichette di corrente: fanfaniani, dorotei, gullottiani. Oggi, le divisioni in corren- te non sono dimenticate ma si cerca una nuova strada, proclamandosi nemici dell'integralismo e sfumando il più possibile le etichette: fanfaniano? Sì, ma dissidente. Picconano? Certo, ma con alcune differenziazioni di fondo. Rumoriano? Sicuro, ma con molta cautela... Qualche passo Progressi dunque, tra i «mini-dc», ma di questo tipo: cauti, sfumati, mediati, calibrati, misurati; il tutto in tempi lunghi, con « visioni lunghe ». Pisa non ha lasciato quel senso di paralisi che lasciò Palermo; ha però lasciato una notevole « delusione politica » perché, dal giugno del '74 ad oggi, di acqua sotto i ponti nel nostro Paese ne è passata tanta, e di un certo tipo. Allora, c'era stato da poco il risultato del referendum. Fu uno « choc » e una lezione per molti; addirittura per un personaggio come Gabrio Lombardi il quale, quel 13 maggio, seppe chiudersi in silenzio dignitoso. Paradossalmente, non insegnò niente al leader de di quei tempi (Amintore Fanfani) e ai leaders del movimento giovanile, che giunsero a Palermo decisi alla lottizzazione del dibattito, con ogni mezzo. Contro l'operazione « intergruppo », si schierarono le cori-enti di «base» e di «forze nuove». Rilasciarono un comunicato che alla vigilia lasciò scettici gli osservatori giunti nel capoluogo senza prevenzioni. Ci vollero poche ore per capire che quelle parole erano esatte. « Ad una totale assenza di linea politica della delegazione uscente e ad una carenza di qualsiasi dibattito precongressuale — diceva il documento — si accompagnano gravi episodi di malcostume nella gestione organizzativa che ha portato all'elezione dei delegati. Sistematiche violazioni di norme statutarie, congressi fantasma, delegati spariti a tavolino, brutale sopraffazione delle minoranze, arbitrari e provocatori annullamenti di congressi svoltisi nel rispetto del regolamento ». In pieno marasma politicoorganizzativo-statutario si cominciò a registrare che non c'era « aria nuova » e si finì, in una « storica » domenica di giugno, con incidenti ed accuse che sfiorarono a volte il grottesco («Non imitateci» si era raccomandato, proprio il giorno prima, il vicesegretario RufTini!). «Intergruppo ha fatto entrare la claque per i suoi! E' una vergogna, fuori, fuori » si udì gridare in platea. « Ma che claque e claque. Delegati, delegatissimi siamo! » fu l'immediata risposta, nel più classico degli accenti siciliani. Mentre dal palco della presidenza si invitava al silenzio e all'ordine («Non togliete il dibattito politico a questa assemblea che ne ha tanto bisogno ») in platea succedeva il finimondo: urla, insulti, scambi pesantissimi di accuse: « Fuori, buffoni, fuori ». « Dentro, dentro », « Delegati siete, i documenti allora "mottrate" ». « Ma che documenti e documenti, qui per "sottenere" il partito siamo! ». L'arrivo degli agenti in servi¬ zio al teatro «Politeama» e la tenacia dei giovani del servizio d'ordine portarono a un compromesso: alcuni dei claquisti, veri o presunti, furono allontanati, altri sparpagliati. Le reazioni agli incidenti furono drastiche: entrate ed uscite della platea sorvegliate come una fortezza; ordini severissimi anche per chi stava soltanto varcando la soglia di una toilette. « E tu — mi bloccarono in due — dove credi di andare? ». « Ma, cercate un po' di indovinarlo...». «Provocatore sei?». Insulti ed incidenti, con cariche di polizia, si ripeterono esattamente otto mesi dopo a Roma. Stavolta, i protagonisti non erano soltanto i giovani de, schierati come extraparlamentari, con megafoni, manifesti e bandiere, davanti alla sede del loro partito a piazza Sturzo. Stavolta, con i giovani che avevano appena subito lo scioglimento della loro organizzazione e il suo repentino commissariamento per un clamoroso diktat della direzione voluto da Fanfani, c'erano Fanfani stesso e quasi tutti i leaders storici. Fu un episodio senza precedenti nella storia dei partiti politici italiani. Contestato Mai era accaduto che un segretario fosse contestato in una manifestazione oltre che dai giovani, da deputati del suo stesso paitito; mai era accaduto che la polizia venisse chiamata per proteggere la sede dall'assalto di suoi militanti. I « padri » dorotei e quelli favorevoli allo scioglimento del Giovanile furono costretti a passare tra due cordoni di «figli», tra insulti irriferibili. Tanto che ai padri saltarono i nervi, e le tradizionali, morbide allusioni critiche furono bruscamente sostituite da una serie di litigi, il più grosso dei quali tra Piccoli e Marcora. Si intromise un giovane, e disse a Piccoli: «Sei un fascista ». « A me fascista non l'ha mai detto nessuno » replicò il capo dei deputati de prendendolo per il bavero, mentre interro i giovani scandivano questo jL6an: « Gruppo doroteo, servo pigmeo ». Luca Giurato Amintore Fanfani, contestato in passato dai giovani de d

Luoghi citati: Palermo, Pisa, Roma