Emigranti di lusso di Fabio Galvano

Emigranti di lusso SI STABILISCONO ALL'ESTERO PER "MAGGIOR SICUREZZA,, Emigranti di lusso Non c'è solo la fuga di capitali, ma da qualche tempo anche un'ondata di trasferimenti di famiglie - Sono industriali, uomini d'arte, tecnici che pensano di sfuggire così a un "clima di instabilità e timori" - Prospera il mercato di ville e villette in Svizzera: di lì poi molti fanno i pendolari per curare quegli interessi che restano in Italia - Qualche esempio tra i più vistosi (Dal nostro inviato speciale) Milano, 8 febbraio. Il «passaggio» nella stiva dei piroscafi a vapore della compagnia Rubattino, immagine ormai sbiadita delle emigrazioni italiane di massa, è sostituito dal biglietto di prima classe sull'aereo; i saluti alla scaletta non sono più un lamentoso addio, ma un sorridente arrivederci; nella stiva non c'è la valigia di cartone legata con lo spago, ma un paio di prestigiose borse firmate da Gucci, mentre il sacchetto con vino, salami e arance è sostituito da una elegante «ventiquattr'ore» manageriale. Non tutta l'emigrazione italiana, oggi, avviene sotto il segno dell'opulenza, ma è un fatto che da gualche anno, e con crescente intensità negli ultimi mesi, alla emigrazione tradizionale, di chi va all'estero cercando un lavoro decoroso e un guadagno meritato, si è affiancata l'emigrazione di chi ha già trovato la fortuna e vuole ora difenderla. Qualcuno li ha soprannominati «pendolari del miliardo»: sono industriali, grossi commercianti, uomini d'arte, tecnici e ingegneri che non si riconoscono più in questa Italia, e che ne fuggono portandosi dietro tutto, mogli, figli, qualche volta parenti, e soprattutto capitali. Mettere i soldi «al sicuro» in Svizzera non basta più: nella loro visuale i problemi sono tali e tanti che conviene far fagotto (si fa per dire) e andarsene. Una scappata in Italia, con l'aereo, si fa in fretta a farla; certi affari lasciati in sospeso possono anche indurre a un ritorno temporaneo, purché ci sia alle spalle la «sicurezza» di quel rifugio estero, magari già la nuova cittadinanza. Gli esempi clamorosi e celebri non mancano: dal più affascinante di tutti, quello di Carlo Ponti e la Loren i quali presero la cittadinanza francese «prò forma» per poter regolarizzare la loro posizione coniugale, ma che ora abitano di fatto a Parigi, in un elegante appartamento fra l'Etoile e i Champs-Elysées, dopo avere abbandonato per paura di rapimenti la lussuosa villa di Marino, al più recente, che è il trasferimento negli Stati Uniti del calciatore Giorgio Chinaglia, il quale fa la spola tra le partite del nostro campionato e la famiglia nel New Jersey; e ancora, per rimanere al mondo dello spettacolo e dello sport, i casi di Rita Pavone e Teddy Reno, che abitano in una villa a Lattecaldo, presso Lugano; del produttore Dino De Laurentiis, che con la moglie Silvana Mangano sì è stabilito negli Stati Uniti acquistando la cittadinanza americana; del calciatore Ciccio Cordova che ha già mandato la famiglia oltre confine dopo alcune minacce di rapimento; del regista Sergio Leone (il «padre» degli spaghetti-western) che sta per abbandonare definitivamente l'Italia. Tutto, per i «nuovi» emigranti, è cominciato un paio d'anni fa, dopo i primi clamorosi sequestri di persona. Decine di protagonisti dell'industria e dell'alta finanza, rendendosi conto di essere facili prede delle varie «anonime sequestri», cominciarono col mandare all'estero i figli. Le scuole svizzere, tedesche, inglesi, anche americane, pullularono di nomi italiani; nomi, per giunta, piuttosto celebri. Poi, visto che la paura dei sequestri non tendeva a scomparire, e che il distacco dai figli rendeva penosa la vita familiare, qualcuno pensò di investire qualche decina di milioni acquistando una villetta nelle montagne svizzere o nella campagna inglese, trasferendovisi con baracca e burattini. Non esistono statistiche in grado di documentare il volume di questa emigrazione sovente miliardaria: se ne parla fra amici e conoscenti, nei salotti, se ne ha conferma dalla crescente attività di certe agenzie immobiliari (soprattutto svizzere) che «piazzano» sul mercato italiano ville e villette nei pressi di Lugano, Losanna o Ginevra (e non si tratta di semplici speculazioni o contrabbando mascherato di valuta perché in Svizzera, si sa, possedere quattro muri non rende). «Da noi — dice un funzionario di una fra le maggiori agenzie immobiliari di Lugano — vengono numerosi industriali italiani che desiderano trasferirsi con tutta la famiglia, e ritengono che la vicinanza della nostra città all'Italia possa consentire loro di continuare a curare i loro interessi, soprattutto a Milano». / nomi, però, non saltano fuori: in Svizzera il segreto professionale vale veramente, a qualsiasi livello. A pochi chilometri da Losanna, precisa un altro agente immobiliare, c'è addirittura un elegante villaggio la cui popolazione è formata quasi esclusivamente da italiani trasferitisi in Svizzera negli ultimi due anni. Ville da cento milioni in su, con piscina e giardino, la «coppia» di servizio in uniforme, grosse Mercedes e qualche RollsRoyce parcheggiata in garage: come emigrazione, è davvero di un tipo tutto nuovo. Dopo la paura dei rapimenti, un secondo impulso alla fuga non solo di capitali, ma di interi nuclei familiari, venne dai risultati del 15 giugno. Negli ultimi sei mesi, c'è stata un'improvvisa ondata della nuova emigrazione. E poi la «fuga» all'estero non solo maschera un'esportazione di capitale, ma conferisce un lustrino di martirio che ancora mancava nello stemma di casate nobili di sangue o di miliardi. La Svizzera, che è il Paese più vicino, continua a essere la meta preferita. Ma c'è chi dall'Italia vuole allontanarsi il più possibile. Sappiamo di una nota famiglia torinese, per esempio, che dopo una serie di minacce di sequestro si è trasferita al completo in Australia. Non è la sola ad avere scelto gli antipodi. A chi dispone di qualche miliardo per avviare un'industria o un commercio, l'Australia apre le porte con entusiasmo, sebbene in anni recenti abbia cercato di frenare l'altro tipo di immigrazione, quella della disperazione. Il Canada è un altro obiettivo degli emigranti con valigie di Gucci; qualcuno va anche in Sudafrica. Una indagine pubblicata cinque anni fa precisò che in poco più di un secolo olire 25 milioni di italiani si erano gettati alla ventura sulle vie del mondo, e circa cinque milioni si trovavano ancora all'estero. L'emigrazione « miliardaria » degli ultimi mesi non può incidere che negativamente su quel nostro triste bilancio di emigrazione. «Quei cinque milioni di italiani all'estero — osserva un economista — sono, con le loro rimesse di valuta alle famiglie rimaste in Italia, una delle poche voci attive della nostra bilancia dei pagamenti; l'emigrazione miliardaria, per quanto limitata a poche decine o al massimo centinaia di unità, è un flusso che porta via denaro. Ai 30 mila miliardi di lire che, in questo dopoguerra, hanno varcato i confini, si aggiungono anche questi. Ritenendo di salvare in questo modo il loro patrimonio, queste persone non hanno fatto altro che peggiorare la nostra situazione. Non c'è niente da fare: noi italiani siamo autolesionisti: se non avessimo avuto tante fughe di capitali, soprattutto con il paravento delle multinazionali, avremmo un'economia florida e produttiva; avremmo, cioè, un'Italia economicamente e forse socialmente tranquilla». Un'Italia, cioè, dove starebbero al sicuro anche i «pendolari del miliardo», e le loro famiglie. Sì, anche i loro miliardi. Fabio Galvano Il regista Sergio Leone si trasferisce a Parigi (Tel.)