Processo all'inceneritore di Adriaco Luise

Processo all'inceneritoreOggi alla resa dei conti il "clan,, Gava Processo all'inceneritore (Dal nostro corrispondente) Napoli, 25 gennaio. Processo «bomba» domattina alla seconda sezione penale del tribunale di Napoli per lo scandalo dell'«inceneritore d'oro», ennesimo esempio di clientelismo e malcostume politico. Sul banco degli imputati, a piede libero, l'ex assessore alla nettezza urbana del comune di Napoli, Tullio Cerciello decaduto nei giorni caldi del colera, e, in stato d'arresto, l'ex sindaco di Pompei, Raffaele Mancino, destituito per abusi edilizi e attualmente in carcere per truffa alla Cassa di soccorso dell'Atan (Azienda di trasporti pubblici napoletana). Entrambi sono democristiani, fedelissimi del clan Gava. Sono accusati di interesse privato in atti di ufficio. Nello scandalo dell'inceneritore d'oro in un primo momento furono coinvolti anche il sindaco dell'epoca, il democristiano Gerardo De Michele, l'attuale vice sindaco socialista Carpino e l'assessore all'igiene e sanità Picardi, socialdemocratico. Il giudice istrut¬ tore, dott. D'Amore, ha archiviato i loro casi. L'episodio ha risvolti grotteschi. Il Comune, alle prese con il problema dello smaltimento dei rifiuti — oltre 1200 tonnellate al giorno — riprende in mano un vecchio progetto per dotare la città di due moderni impianti di incenerimento e trasformazione delle immondizie, e il 30 giugno del '71 indice la gara d'appalto. Vengono presentati cinque progetti, siglati con nominativi più da radioamatori che da ingegneri. Comunque, la scelta, affidata al giudizio di uomini senza troppa esperienza nel ramo, cade per la prima realizzazione su una ditta di Roma che vanta ampie garanzie. Sul secondo progetto prescelto, il segretario generale del Comune esprime riserve e si decide di costituire una commissione d'esperti. Dopo tre mesi di indagini, di viaggi «esplorativi» in diverse città d'Europa per studiare come altrove è stato affrontato e risolto il problema, si giunge al colpo di mano. Il 4 marzo '73, cinque mesi prima dell'epidemia di colera, l'assessore Cerciello fa passare in giunta, quando l'argomento non è nemmeno iscritto all'ordine del giorno, l'aggiudicazione dell'appalto per la costruzione del secondo inceneritore alla ditta «Sopori a». Questa ditta «modello» ha invece un capitale di un milione, di cui 300 mila lire versate soltanto tre giorni prima di aggiudicarsi il srosso affare. I soci sono Raffaele Mancino, ex sindaco di Pompei, sua moglie Maria Luisa Graziani, proprietaria del 50 per cento delle azioni, e l'imprenditore edile Domenico Lamarca. Nella sentenza di rinvio a giudizio, il magistrato inquirente, che ha approfondito l'indagine per 25 mesi, ha smascherato il comportamento dell'ex assessore Cerciello, che era ricorso anche a minacce nei confronti di suoi dipendenti della nettezza urbana per superare tutti gli ostacoli che si frapponevano alla concessione dell'appalto a Mancino. Adriaco Luise

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