Dc-psdi-pri: è impossibile Moro tenta il monocolore di Alberto Rapisarda

Dc-psdi-pri: è impossibile Moro tenta il monocolore La proposta respinta dalla segreteria repubblicana Dc-psdi-pri: è impossibile Moro tenta il monocolore Un governo di soli democristiani resterebbe in carica fino ai prossimi congressi di psi e de ■ Ma non tutti sono d'accordo: si affaccia l'ipotesi di un cambio del presidente incaricato Roma, 25 gennaio. I repubblicani hanno respinto la proposta di Moro di formare un governo dcpsdi-pri. Anche l'ultima alchimia politica escogitata da Moro è così caduta. Al Presidente del Consiglio incaricato, che ha voluto provare ogni combinazione possibile tra i partiti che formarono il centro-sinistra, sono rimaste due sole alternative: 1) tentare di formare un governo « monocolore » di soli democristiani, cercando l'appoggio esterno di psi, psdi e pri, 0 dei soli socialisti; 2) ripresentare al voto delle Camere il governo dimissionario dcpri. In serata, dopo aver ascoltato la delegazione del suo partito (la de) e dopo essersi recato dal Presidente della Repubblica per un breve colloquio. Moro ha deciso: tenterà di formare il «monocolore». II « balletto dei tripartiti » (definizione di Bertoldi) è definitivamente finito quando 1 repubblicani, dopo le 14,30, hanno diffuso le conclusioni della loro direzione, approvate all'unanimità. « Non esistono le condizioni per partecipare al governo ipotizzato (dc-psdi-pri), per il quale si richiederebbe una preventiva revisione del programma tenendo conto delle condizioni poste dai sociali- sti, per ottenere la loro eventuale astensione ». Questo accordo con i socialisti sul piano economico (che era la condizione posta dai socialdemocratici per accettare) non è piaciuto ai repubblicani. Se si dovesse andare incontro alle richieste socialiste, si dovrebbe seguire « la via opposta » seguita finora dai repubblicani al governo in materia economica, — ha deciso il pri — « senza per altro la garanzia di una maggioranza precostituita a sostegno di un impegno programmatico concordato e vincolante ». I socialdemocratici, che avevano riunito la loro direzione questa mattina, contemporaneamente ai repubblicani, erano stati invece più possibilisti, ed avevano accettato di partecipare ad un governo dc-psdi-pri, che avrebbe però dovuto «contemperare» le esi genze del psi con quelle degli altri partiti «per conseguire le necessarie convergenze». Questi i comunicati ufficiali. Ma, prima di decidere il «no» all'ultimo tripartito, i repubblicani avevano tentato di trovare un accordo con i socialdemocratici per formare un «governo al massimo Uvei lo». In pratica, La Malfa diceva che sarebbe entrato nel tripartito se anche Saragat avesse accettato di farne parte. La delegazione repubblicana, formata da La Malfa, Biasini, Terrana, Cifarelli e Mammì, ha lasciato la sede del pri in piazza dei Caprettari alle 12,30 interrompendo la direzione in corso, per andare a parlare direttamente con i socialdemocratici, che hanno la sede poco distante, dietro la Galleria Colonna. Anche la direzione del psdi era riunita, e la delegazione repubblicana ha potuto avere la sua risposta subito. Saragat si è servito di una citazione di Goethe per respingere l'invito. Secondo il poeta tedesco, ha detto, «l'impulso è dovere. Ma io sento l'impulso, ma non il dovere». «Non è più il caso di continuare a fare il gioco del cerino», hanno concluso i repubblicani che sono usciti rabbuiati dalla sede del psdi per tornare alla loro sede ed emettere il comunicato con il «no» al tripartito. Sia il segretario del psdi Tanassi, che il segretario del pri Biasini, avevano informato per telefono Moro delle conclusioni delle rispettive direzioni. Alle 14,30 il presidente del Consiglio sapeva ormai che l'ultimo tripartito da lui proposto era abortito. Alle 18,30 si è riunita la delegazione democristiana a piazza del Gesù, integrata per l'occasione con i due vicesegretari, Galloni e Falcucci. Alle 19 Moro ha lasciato i suoi compagni di partito per andare da Leone e dirgli cosa stava per decidere di fare. Il Presidente della Repubblica, che aveva dato a Moro un « mandato » per tentar di formare un governo senza vincoli precostituiti, ha preso atto della comunicazione. Moro è tornato a piazza del Gesù dove la riunione si è conclusa alle 20,30. Comincerà un nuovo ciclo di consultazioni? E' stato chiesto dai cronisti a Moro. « Vedrò alcuni » è stata la secca risposta. L'estremo tentativo di Moro non si presenta facile. Al presidente del Consiglio incaricato basterebbe anche il solo appoggio dei socialisti per tirare avanti fino ai congressi. Si tratterebbe di concordare con il psi alcuni provvedimenti da approvare con decreto-legge e renderli quindi immediatamente esecutivi. Nel frattempo i congressi del psi e della de avrebbero il tempo di decidere che tipo di politica sostituire a quella ormai esaurita del centro-sinistra. Si parla di un accordo di massima tra Moro e De Martino per un piano del genere. Ma nessuno sa se socialisti e democristiani sarebbero compatti dietro i loro generali in questo caso. Nella de, l'ala destra non è disposta ad arrivare al congresso con Moro al governo e Zaccagnini alla segreteria; nel psi tanti scalpitano perché preferirebbero sostituire Moro con qualche altro democristiano (Andreotti). «Urge un nuovo mandato presidenziale per una soluzione sollecita della crisi» dice proprio questa sera il socialista Nello Mariani. E non pare che il monocolore entusiasmi neanche socialdemocratici e repubblicani. Dice il repubblicano Cifarelli: «Il pri, fra le varie ipotesi, ha sempre sostenuto e continua a sostenere che sia nella logica polìticU e costituzionale il rinvio del governo alle Camere ». Alberto Rapisarda Il presidente Moro

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