Napoli: molto probabile il rinvio del processo "schedatura Fiat,,

Napoli: molto probabile il rinvio del processo "schedatura Fiat,, Gli imputati, quasi tutti alti dirigenti, sono 52 Napoli: molto probabile il rinvio del processo "schedatura Fiat,, I motivi: malattie di imputati, morte di un avvocato, citazioni non pervenute - Il "dossier" fu scoperto nel 1970 - Il dibattito tolto a Torino per legittima suspicione (Dal nostro corrispondente) Napoli, 18 gennaio. Sarà rinviato il processo per le « schedature » della Fiat fissato per stamane alla sesta sezione penale del nostro tribunale? Le probabilità di uno slittamento del dibattimento sono confortate dagli avvenimenti delle ultime ore: malattie di imputati, decesso di un legale, citazioni non pervenute agli interessati per l'agitazione ] degli ufficiali giudiziari, una valanga di eccezioni già pronte nelle cartelle del nutrito collegio difensivo. Legittimi i dubbi che il processo salterà quindi alla prima udienza. A complicare la delicata vertenza giudiziaria è la recente posizione di uno degli imputati di rilievo, l'ing. Gaudenzio Bono, 75 anni, ammalato ed interdetto dai familiari. Una lettera in merito è giunta al presidente dott. Mario Lupone dalla moglie, ora sua tutrice e rappresentante nel dibattito. L'udienza di domani si limiterà alle formalità di rito, alla costituzione delle parti, alle prime battute. Contrariamente a quanto è corsa voce nei giorni scorsi, salvo ripensamenti estremi, non dovrebbero essere presenti al processo come parte civile le organizzazioni sindacali, in rappresentanza dei lavoratori licenziati o discriminati per le loro idee politiche. Dei 52 imputati, soltanto quattro devono rispondere di violazione del segreto d'ufficio; tutti gli altri di corruzione. Pochi comunque siederanno sulle panche della sesta sezione penale, un buco appena sufficiente a contenere gli scanni dei giudici e qualche sedia. Gli imputati sono alti dirigenti dell'azienda torinese, uomini del servizio segreto, carabinieri e funzionari di polizia. I primi, secondo l'accusa, sono responsabili di avere istituito un servizio di informazione per selezionare ed assumere gli operai, creando oltre 150 mila schede informative; gli altri di aver messo a disposizione dell'industria i loro archivi con notizie riservate. Imputati di maggior rilievo, oltre all'ing. Gaudenzio Bono, ex vicepresidente della Fiat ed uscito di scena per la grave infermità, sono il dott. Nicolò Gioia, vicedirettore generale; Aldo Ferrerò, direttore della divisione personale; Umberto Cuttica e Giorgio Garino, membri della direzione generale; Mario Cenerino, capo dei servizi generali ed ex comandante del Sios (servizio spionaggio aeronautica militare), il capo della sezione piemontese del Sid, col. Enrico Stetterma- yer, il vicequestore Pier For-1 funa Stabile, il drigente del- l'ufficio politico Ermanno Besscne, il commissario capo Aldo Romano. A far scoprire la documentazione raccolta fu un'attrito, nel 1970, tra l'ex colonnello dell'Aeronautica, Cenerino, ed un suo dipendente, Caterino Ceresa, ex sottufficiale, assunto nel '53 alla Fiat con compiti informativi. Licenziato per l'assenza di un mese dall'ufficio, si rivolse al giudice del lavoro, Angelo Converso, per invocare l'illegittimità del provvedimento amministrativo. Nell'interrogatorio riferì sulla natura del suo lavoro. Nel giudizio ebbe torto, ma il procedimento servì a mettere in moto l'inchiesta sulle schedature Fiat. Un lungo iter giudiziario: gli scottanti documenti passarono alla pretura penale ed alla procura del tribunale. In fine il procuratore generale, Giovanni Colli, ora procuratore generale della Cassazione, ritenne che l'istruttoria non potesse essere portata avanti a Torino per la « tensione esistente nell'ambiente sindacale ». La Cassazione assegnò, per legittima suspicione, il processo a Napoli. Nel marzo 1972 il giudice Ivan Montone indiziò di reato 77 persone, salite poi a 85. Ma a conclusione dell'istruttoria furono rinviati a giudizio soltanto 52 imputati. Le accuse più gravi: violazione del segreto d'ufficio e corruzione. Il processo dovrà accertare se il capo del servizio informazioni Fiat, Mario Cellerino, esorbitò dal suo incarico, trasformando gli affari generali in una centrale di spionaggio senza attenersi alle disposizioni dei dirigenti. Durante l'istruttoria, il dott. Cenerino si è assunto ogni responsabilità ed ha sempre sostenuto di non aver voluto costituire un apparato per discriminare politicamente i dipendenti, ma di aver adottato precauzioni soltanto nei riguardi di coloro che lavorano nei reparti speciali (protetti dal segreto militare) per la costruzione di aerei e altre apparecchiature. Secondo l'accusa, invece, il Cenerino non avrebbe limitato le informazioni per difendere l'azienda da probabili sabotaggi, ma esteso la sua opera anche ad altri settori dell'industria torinese, rendendo vincolante la scelta dei dipendenti alle notizie fornite dagli informatori e che non riflettevano giudizi sulla loro professionalità ma erano, quasi sempre, di natura politica. Adrìaco Luise

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