Roma ha chiesto scusa ai bimbi nati nelle baracche del Belice di Giuseppe Fedi

Roma ha chiesto scusa ai bimbi nati nelle baracche del Belice "Viaggio della speranza,, dei piccoli terremotati Roma ha chiesto scusa ai bimbi nati nelle baracche del Belice Pertini: "La vostra situazione mi affligge e mi umilia" - Moro: "La vostra protesta ha commosso tutto il Paese. Vi prometto un intervento " - Leone: " Siamo tutti responsabili " Roma, 24 febbraio. Sono venuti a chiedere giustizia. Da stamane 57 bambini del Belice, la valle della Sicilia occidentale colpita nell'inverno del '68 dal terremoto, sono a Roma per sollecitare la costruzione delle case. Molti non sanno che cosa sia un'abitazione in muratura: sono nati e cresciuti nelle baracche di Santa Ninfa, costruite dallo Stato al posto dei 14 mila alloggi previsti, nonostante lo stanziamento d'. decine e decine di miliardi. Sono arrivati oggi per raccontare alle autorità politiche e religiose come si vive in una baraccopoli. «La situazione di questi bambini mi affligge e mi umilia», ha detto il presidente della Camera Pertini ricevendo la delegazione, accompagnata da don Antonio Riboldi, parroco di Santa Ninfa, da due maestre, Rosa Sella e Rosalia Monreale, e da due madri, Angela Reggio e Rina Gianbaldo. Montecitorio è stata la prima tappa del «viaggio della speranza» che li ha visti successivamente salire le scale di Palazzo Chigi, del Senato e del Quirinale. «Dove sono andati a finire i 350 miliardi stanziati per il Belice?», si è chiesto Pertini, mentre una bimba, Carla Ca¬ talano, gli legava un bracciale sul quale spiccavano le parole «Santa Ninfa, Valle del Belice», e un ragazzino, Antonio Borgese, gli presentava un album contenente una documentazione fotografica sulle condizioni in cui vivono. Don Riboldi, che guida questo «viaggio della speranza», ha espresso l'angoscia degli abitanti del Belice a Pertini, che dopo aver assicurato il suo interessamento per una definitiva soluzione del problema, ha consegnato al sacerdote trecentomila lire come contributo al soggiorno romano dei piccoli ospiti. I 57 bambini, con i loro ac- compagnatori e venti scolari della scuola «Massimo D'Azeglio» di Marino, hanno poi raggiunto Palazzo Chigi, dove sono stati ricevuti dal presidente del Consiglio nella sala delle riunioni. «Le hanno scritto — ha detto don Riboldi a Moro — che non riusciamo più a vivere nelle baracche, ci piove, fa freddo, fa caldo, la mamma piange, mio fratellino si ammala. Sono espressioni che descrivono il dramma che tormenta tutta la Valle del Belice, un dramma che avrebbe potuto far straripare le dighe della disperazione e permettere un dilagare della violenza. Ed invece hanno ancora l'altissima dignità di esprimersi nella forma più civile, più cristiana di chi non crede alla violenza, non la vuole, ma esige solo il rispetto dei propri diritti, facendo appello alla coscienza». «Dopo anni — ha aggiunto il parroco di Santa Ninfa — siamo ancora tutti là, nelle stesse baracche, rese dal tempo ancora più tristi e fatiscenti: con le ferite di otto anni di sofferenze, deformati nelle nostre più giuste aspirazioni, frustrati di ogni sp.:ranza. E' ora che si dica la parola basta a questo atto di guerra e di violenza a tanti uomini. Il Belice — tramite questi piccoli — attraverso un buon atto di volontà del suo governo, può essere quell'inizio di fiducia che lei chiede giustamente, cosi come noi giustamente chiediamo un diritto senza il quale la vita non è vita, ossia la serenità di una casa e di un credo nella vita». Moro, dopo aver preannunciato una sua nuova visita nel Belice per verificare di persona lo sviluppo della situazione, ha sottolineato che la p rotesta dei bambini di Sani? Ninfa, «permeata da un profondo senso dì civiltà, ha commosso tutto il Paese». «Ora — ha proseguito — è necessario guardare all'avven: re. Vi prometto un intervento "ricognitivo" nei confronti dei poteri statali, regionali e locali per trovare tutte le ragioni del ritardo e, soprattutto, per mettere in moto quello che è necessario per darvi una casa. In questo senso l'impegno preciso del governo è quello di andare avanti, sulla strada della ricostruzione». Il «viaggio della speranza» — dopo un incontro con il presidente del Senato Spagnolli, che ha assicurato l'intervento della commissione Lavori pubblici — ha portato i bambini delle zone terremotate al Quirinale, tappa conclusiva della prima giornata. «Lo vostra situazione — ha detto tra l'altro Leone — mette in evidenza responsabilità di ogni natura. Noi non ci possiamo limitare a ricercarle per compartimenti separati; ma occorre avere il coraggio di ritenerci tutti responsabili, perché il tempo così amaramente perduto sia recuperato e si affretti l'ora di questo assurdo e quasi incredibile dramma». «Non è stata certo questa una giornata felice per un presidente die, come padre di famiglia, ha letto nei vostri occhi tanta tristezza», sono state le parole di commiato del Capo dello Stato ai suoi giovanissimi ospiti, venti dei quali sono nati in baracche: «24 metri quadrati che tolgono il respiro, quattro pareti di legno e di lamiera che danno oltre l'insicurezza quotidiana della vita, un martellamento dì sofferenze di ogni tipo», come le ha descritte padre Riboldi. Domani, alle 11, durante un'udienza generale in Vaticano la delegazione esporrà il dramma che stanno vivendo gli abitanti del Belice al Papa che offrirà quindi il pranzo ai bambini nell'Istituto delle suore rosminiane. Giuseppe Fedi Roma. I bambini terremotati della Valle del Belice ricevuti dal presidente della Repubblica Leone (Telefoto Team)

Luoghi citati: Roma, Santa Ninfa