Gli "spigoli,, di Schönberg di Massimo Mila

Gli "spigoli,, di Schönberg Gli "spigoli,, di Schönberg Giacomo Manzoni: « Arnold Schonberg. L'uomo l'opera i testi musicati ». Con una composizione giovanile inedita, Ed. Feltrinelli, pag. 419, lire 3000. Compositore, studioso, auto re di (induzioni dal tedesco che hanno dotato la cultura musicalo italiana di testi indispensabili, particolarmente di Adorno e di Schonberg, Giacomo Manzoni era predestinato da lunga frequentazione a procurare una biografia come questa del massimo trasformatore che la musica abbia forse mai conosciuto. Una biografia come questa, cioè semplice, piana, senza alcun affanno del « problema critico » da risolvere, come se Schonberg fosse ur. argomento facilissimo. Una biografia, tra l'altro, che conferma la curiosa tradizione per cui un artista cosi ponderoso come Schonberg sia argomento prediletto di libriccini brevi e smilzi (quello vecchissimo di Egon Wcllcsz, quelli di Meycrowitz. dell'argentino Romano, quello di Stuckcnschmidt prima versione, quello di Anthony Payne e quello recente di Ebcrhard Freitag, per non parlare della Herausforderung Schonberg. ch'è una raccolta di saggi di vari autori intorno al fenomeno musicale costituito da Schonberg. e alle sue conseguenze). In verità questo libriccino della Universale Feltrinelli tanto smilzo non è, ma va precisato che delle sue 419 pagine soltanto 177 ne occupa la biografia vera e propria. Le altre contengono i testi (altrui) musicati da Schonberg, corredali da traduzioni letterarie d'autore, quando esistono, e da traduzioni non meno letterarie e pregevoli di Maria Teresa Mandalari. quando altre non sono disponibili. Appendice di grande utilità per l'ascoltatore musicale, mentre la pubblicazione d'una giovanile Edoge per canto e pianoforte è più che altro un ornamento e una curiosità. (I testi poetici e drammatici dello stesso Schonberg sono oggetto d'un altro volumetto, a cura di Rognoni, del 1967). La biografia coinvolge in un racconto continuato il racconto della vita, così travagliata, del compositore e l'esposizione brevemente descrittiva delle opere, secondo un bisogno d'unità al quale è difficile sottrarsi: invidiabili, ma inesplicabili sono quegli storici che sanno nettamente separare « la vita » e « le opere » d'un artista. Oltre che per il tono semplice e piano, la biografia si raccomanda anche per la sua onestà intellettuale. E' agiografica? Be', certo, Manzoni è un credente e, anche come compositore, un adepto della fede dodecafonica fondala da Schonberg. Ma è anche un marxista, ed ha la lealtà di non occultare gli aspetti borghesi, e talvolta paurosamente conservatori, dello spiritualismo schònberghiano. All'interno dei valori strettamente musicali, Manzoni sembra accostarsi, sebbene non esplicitamente, all'opinione di quelli che pongono-il periodo della libera atonalità, e quello ultimo delle composizioni americane, al di sopra della faticosa costruzione del metodo dodecafonico. Per opere come il Quintetto per strumenti a fiato si parla di « momenti scolastici », ma soprattutto l'opinione dello scrittore si evince in modo retrospettivo, quando abbozzando un bilancio finale delle straordinarie trasformazioni attraversale dall'arte di quel perenne rinnovatore che fu Schonberg, si definisce chiaro e tondo come una « illusione » il tentativo per lungo tempo perseguito (Serenata op. 24, Suite op. 25, Quintetto op. 26, ecc.), di applicare la dodecafonia a schemi selle e ottocenteschi. Quello che meglio emerge nell'esposizione di Manzoni è la dialettica costante di tradizione e innovazione che costituisce l'asse portante della musica di Schonberg. l'accurata registrazione degli occasionali ritorni tonali, la delucidazione del pensiero teorico del compositore, attraverso la conoscenza diretta dei testi. E c'è posto per spigolature quasi al limite del pettegolezzo, eppure mai insignificanti, com'è ovvio a proposito di un uomo che nulla faceva a caso: per esempio il modo di scrivere il proprio cognome, con la umlaut alla tedesca finché potè, bene o male, esistere nell'area linguistica della propria patria, col dittongo oe quando l'orrore del nazismo e della guerra lo costrinse ad inserirsi nella tutt'altro che congeniale cultura americana. (Naturalmente, sarà stato solo una questione di macchine da scrivere, ma intanto incuriosisce apprendere che quel grande non era insensibile a queste piccolezze). II libro è divulgativo e perciò manca di noie ed è un po' sbrigativo in fatto di documentazione. Manzoni ha avuto accesso a documenti tuttora inediti e conosce un mucchio di cose interessanti, su cui si vorrebbe saperne di più. Che Schonberg si sia dispiaciuto per La filosofia della musica moderna di Adorno, e quasi ne abbia disapprovato la demolizione dell'arie e della posizione di Strawinsky, è una notizia sorprendente e. dirci, quasi entusiasmante, della quale si vorrebbero conoscere le pezze d'appoggio. La rottura col buono e inoffensivo Egon Wellesz è una notizia che mette curiosità e poi non la soddisfa (e la lunga rottura che separò Schonberg dal discepolo Hanns Eisler, prima del temperato riavvicinamento americano, è cautamente sorvolata). Questo vuol dire che su Schonberg ci sarà ancora da ragionare a lungo, e Manzoni potrà continuare il suo discorso, affrontando tra l'altro il tema dello specifico significato dell'arie di Schonberg: non della sua musica in generale, che questo emerge benissimo dal presente libriccino, ma delle singole opere, significato ch'è indispensabile indagare ed intuire, trattandosi di un musicista per il quale il carattere espressivo della musica era fuori discussione. Massimo Mila Schonberg: autoritratto