L'AMERICA VERSO LE ELEZIONI PRESIDENZIALI DEL 1976 di Furio Colombo

L'AMERICA VERSO LE ELEZIONI PRESIDENZIALI DEL 1976 L'AMERICA VERSO LE ELEZIONI PRESIDENZIALI DEL 1976 Bay, un giovanotto di ieri Buon parlatore, famoso "charmeur", a 48 anni il senatore democratico ha un curriculum senza ombre - Ma deve ancora trovare un'immagine efficace: "E* il più giovane candidato alla Casa Bianca o il più vecchio studente che si sia visto in giro?" (Dal nostro inviato speciale) Washington, febbraio. «Entrare nelle elezioni presidenziali americane, per qualcuno che non abbia la celebrità ossessiva di un Kennedy, le dimensioni di un Roosevelt o la matura scaltrezza di un Reagan o di un Humphrey, è un'esperienza dura in America » dice uno di quei giornalisti invecchiati seguendo dozzine di candidati in dozzine di Stati per dozzine di anni, con la tessera nel cappello e un eterno scrupolo da principiante. « Uno per esempio può essere un personaggio straordinario in questo o quel posto. Poi lo metti in una campagna presidenziale e diventa piccolo, come in un cannocchiale rovesciato ». Fra le due dita mostra lo spazio di due o tre centimetri. Dice che un problema come questo sta capitando a Birch Bay, senatore democratico, buon parlatore, famoso charmeur di Washington, costituzionalista di buona fama, anzi la migliore, se qualcuno ha detto di lui che «ha aggiunto più parole alla Costituzione americana di chiunque altro dai tempi di Madison ». Non solo, ma la celebrità costituzionale di Bay ha due facce. Da una parte c'è lo scrupoloso giurista che riscrive tutta la parte sulla successione presidenziale (in caso di morte o di malattia del capo dell'esecutivo) sistemando e chiarendo uno dei punti più delicati della legislazione americana. Un lavoro che — in un paese di specialisti — ci si sarebbe aspettati più da una scuola di diritto che da un senatore, noto soprattutto per la cura che ha, nel tempo libero, della sua fattoria. Dall'altra c'è la faccia dell'uomo adatto ai tempi, e non per opportunismo. « Birch Bay è nato liberal » si dice di lui. Il famoso « Equal rights emendment» con cui si proclama la totale e definitiva eguaglianza delle donne, in America, è un suo progetto di legge. Intorno ad esso divampa la discussione, perché per diventare norma della Costituzione l'emendamento deve essere approvato in ogni parlamento locale. Dunque la «legge Bay» non è ancora legge. Ma è il solo documento legislativo (e Bay il solo uomo politico) a cui le femministe americane sono pronte a dare un sostegno. «Il bacio della morte» hanno detto i colleghi prudenti al momento in cui Birch Bay ha scritto e proposto la nuova legge. Invece, altra ragione di stupore per gli intenditori di politica in America, Bay continua ad avere l'approvazione di uno Stato. l'Indiana, che è noto per le sue tendenze conservatrici. Chiunque, in quello Stato, ammette che è difficile scon- figgere Birch Bay, se vuole [ essere rieletto. Ma adesso il suo problema non è di continuare a rappresentare l'Indiana al Senato. Il suo problema è diventare presidente degli Stati Uniti. E' qui che si produce, come dice il vecchio giornalista esperto di « primaries », il fenomeno «dell'uomo più grande che diventa più piccolo». Come "crescere" I candidati presidenziali del partito democratico sono 11, tutti non vecchi, non brutti, non indegni e non privi di qualità di un tipo o dell'altro. Ma anche se fossero pochi, insistono gli esperti, resta il problema di crescere, di diventare un'immagine nazionale. Sono due cose diverse essere un buon senatore (o anche un «celebre» senatore) e un candidato credibile. I veterani delle campagne elettorali fanno un elenco di ostacoli. Il primo è la dimensione. Come adattarsi a una dimensione che richiede altri gesti, altre parole e la capacità di funzionare dentro un circuito che è il desiderio di grandezza degli americani. « Quel che rimane del nostro sogno — ha detto una volta Theodore White — si concentra nell'anno delle elezioni. Sognare un presidente grandissimo e poi adattarsi a uno mediocre. Accettare i limiti della realtà ma essere smodati nella pretesa e nel sogno ». Come ai tempi della Hollywood gigantesca, il gioco richiede, se non una falsificazione, un cambio di misura e di dimensione. E non tutti riescono: neppure per John Kennedy c'è stato qualcuno capace di dire in anticipo: « E' lui ». Lo ha salvato la macchina elettorale. Poi c'è l'immagine. E tutti sanno che negli Stati Uniti l'immagine ha avuto una impennata di qualità e di eleganza coi Kennedy. Il fatto che il Paese si sia docilmente adattato agli eventi, a quanto pare, vuol dire poco. Poco per il futuro. Johnson, Nixon e Ford non sono apparsi a nessuno «il modello». Resta l'attesa di un grande ritorno, o almeno la speranza di salire una o due misure più in alto. Bay ha preparato un documentario su se stesso in cui ci sono frequenti scorci dei Kennedy. Lo narra con la sua voce e il progetto, chiaramente, è di impastare la sua immagine alla loro. Non credo che alcun candidato democratico «di sinistra» nell'America d'oggi possa fare a meno di questo richiamo. E infatti, con l'esclusione di Jackson, che vuole avere una immagine più centrista, e di Fred Harris che si sposta nettamente sul terreno di un populismo quasi religioso, che smargina nel sogno, tutti gli altri invocano il nome e la faccia di Kennedy come in una preghiera indiana. Per Birch però il problema è diverso e i suoi sostenitori sperano che lui lo capisca in tempo. Birch ha una sua faccia. « Non si riesce a c: pire bene se è il più giovane candidato alla presidenza o il più vecchio studente che si sia mai visto in giro » è una battuta che circola su di lui. Birch Bay è probabilmente più «bello» dei suoi rivali e dunque fronteggia benissimo anche Reagan e le sue trovate di attore. A 48 anni sembra un ragazzo, anche se è un ragazzo modello 1950, che saluta battendo il pugno sul braccio dell'amico, e strizza l'occhio al momento del commiato. C'è qualcosa di Paul Newman e qualcosa di Burt Lancaster giovane, nella sua mimica, più che nei suoi lineamenti. Ma il problema è di imporre la sua immagine, non di evocarne altre. Il richiamo al passato è di moda, e l'essere, come si dice di lui, «un giovanotto di ieri», potrebbe non nuocergli. Resta da vedere, nella testa della gente, se e dove si forma un corto circuito con il mito di Kennedy, che invece è tutto proiettato in avanti, verso il futuro. Sulla serietà del lavoro, del mestiere politico, sul rigore della sua vita, Birch Bay è a posto. Un altro ritratto che circola: «è dilìgente e brillante», due doti che di solito non si trovano insieme. In buona salute L'aria un po' sportiva, vagamente contadina (contadina elegante, da «farmer»), la piena salute di uomo giovane, tutto questo non guasta. Il suo curriculum non ha ombre, e ciò dovrebbe contare, in un Paese sospettoso, dopo Watergate e le rivelazioni sulla Cia. Eppure Birch Bay non mette mai insieme, in sondaggi o votazioni esplorative, più del cinque per cento. Solo di recente, nell'Iowa, a confronto con Jimmy Carter, è salito di colpo al 13. Ma Carter ha ottenuto un po' più del doppio. Dunque sta crescendo, e quella preferenza del tredici per cento fra ■ i dirigenti democratici dell'Iowa (erano loro a votare) è importante, se si pensa che un uomo di fama internazionale come Henry Jackson è sceso dritto all'uno per cento. Ma resta il fatto che una grossa fetta degli elettori «specializzati» dell'Iowa (37 per cento) hanno detto di non voler espri¬ mere preferenze. Vuol dire che aspettano Humphrey. O Kennedy. O la prova del fuoco. Infatti il punto cruciale, di crescita o di scomparsa, per uno come Bay, può arrivare in due modi. O viene su lentamente. Stato per Stato, elezione dopo elezione. Wa questa crescita di solito non è il frutto né di un sorriso né di una vita impeccabile e neppure di una personalità che fa presa. Piuttosto ci vuole, intorno, una organizzazione di ferro. Se Bay o la sua gente siano bravi organizzatori e costruttori infaticabili di queste dure avventure che sono le elezioni «primarie», resta da dimostrare. Oppure all'improvviso, un gesto, un'occasione colta all'istante, un confronto imprevisto, fanno emergere l'uomo dal niente verso il centro dell'attenzione. E' già accaduto, in America. Ma di rado. Un uomo che, dopo, è sembrato a tutti fatto per governare, come John Kennedy, ha dovuto aprirsi duramente la strada e ha vinto con un margine stretto. Poi c'è la catena di ostacoli che stanno lì, sul terreno, come fatti della natura, e con cui le diverse personalità hanno reazioni diverse, imprevedibili fino a quando i fatti non sono davvero accaduti. Prima tappa: i sindacati. Saltarli, evitarli, vincere senza l'appoggio delle «Unions», per un candidato democratico, e specialmente per un candidato «liberal», è praticamente impossibile. Ma i sindacati, come quel 37 per cento di delegati dell'Iowa, aspettano. Vogliono vedere la prima parte della lotta. Hanno già le loro antipatie marcate. Jackson non è riuscito nel suo tentativo di fare lega. Sargent Shriver lo vedono «signorino», Harris è un «sognatore» che ha una presa fortissima su alcuni ma proprio per questo provoca reazioni di rigetto in altri. Bay è fra quelli che sono in lista d'attesa. Non c'è proprio nessuna ragione per votargli contro. Ma non è ancora stato deciso se ci sono abbastanza ragioni per sostenerlo. I sindacati, questa volta, dopo tre presidenze repubblicane, vogliono un democratico. E vogliono un cavallo vincente. Infine c'è l'apparato del | partito, che è come la sala ! macchine di una nave. Saprà Birch Bay dove passano i fili e i tubi, dove sono i raccordi, come si muovono gli ingranaggi e quali leve si toccano? Anche di questo non esistono prove. Bay ha fatto la tipica vita del senatore, passando dalla simpatia di una folla (quella dell'Indiana) al seggio di Washington. Un percorso così breve e diretto non porta alla Casa Bianca. Perciò ci vorrà altro tempo e altre prove per sapere se il simpatico giovanotto Birch Bay è il più giovane presidente o il più vecchio studente di cui l'America possa disporre. Furio Colombo Laurdale. Il repubblicano Ronald Reagan, uno dei protagonisti della campagna elettorale per la Casa Bianca (Ap)