Due imputati fantasmi per una strage inumana di Giuseppe Mayda

Due imputati fantasmi per una strage inumana Domani a Trieste il processo per il Lager di S. Sabba — — — — -w w-w —— — -w v w v -v Jft. «»A «V^ * »V V Due imputati fantasmi per una strage inumana Uno sarebbe morto, per l'altro la Germania Federale ha negato l'estradizione - Vi furono 2000 vittime: partigiani italiani, sloveni e croati, detenuti politici ed ebrei (Dal nostro inviato speciale! Trieste. 14 febbraio. Il banco degli imputati sarà deserto, lunedì prossimo, quando nell'aula della corte d'assise di Trieste si inizierà il processo contro i criminali nazisti responsabili dei delitti di massa avvenuti, fra il settembre 1943 e l'aprile 1945, nella Risiera di San Sabba: i due imputati superstiti, infatti, non si presenteranno né verranno difesi da un legale di fiducia. Uno degli accusati, l'avvocato Ernst Dietrich August Allers, sessantaduenne, nativo di Kiel e residente ad Amburgo, Frauenthal 112, pare sia morto un anno fa in una clinica senza che le autorità italiane abbiano avuto la possibilità di controllare l'identità del cadavere; per l'altro, il ca-1 meriere Joseph Oberhauser, ' 61 anni, abitante a Monaco di Baviera, Dachauerstrasse 19, ' la Germania federale ha negato l'estradizione. «Non sono mai stato in Italia», ha detto Oberhauser a chi lo ha avvicinato di recente nel locale dove lavora, la «Franziskaner Fuchsenstube». Sia Allers che Oberhauser sono imputati, nella sentenza di rinvio a giudizio del giudice istruttore di Trieste dottor Sergio Serbo, di omicidio volontario plurimo pluriaggravato e continuato perché, quali militari delle SS incaricati di compiti di repressione e di persecuzione politica e razziale, uccisero, fuori di ogni ipotesi di applicabilità della legge militare di guerra, senza procedimento giudiziario di alcun genere e al di là di ogni motivo e necessità mi litare contingente, «un numero imprecisato ma rilevante di persone che erano state affidate alla loro custodia dal l'autorità militare e civile tedesca che occupava le province di Trieste, Fiume, Pola, Gorizia e Udine». Questi delitti di massa avvennero a Trieste nell'ex stabilimento della pilatura del riso, noto come Risiera di San Sabba (oggi diventato monumento nazionale) dove funzionava, unico in Europa fuori dai confini del Grande Reich, un forno crematorio in cui furono bruciati i corpi di almeno tremila partigiani italiani, sloveni e croati, detenuti politici ed ebrei. Il giudice istruttore attribuisce ad Allers ed Oberhauser una cinquantina di uccisioni e già nella descrizione sommaria di ogni crimine, come appare dal semplice linguaggio della sentenza, si delinea l'allucinante inferno della «piccola Auschwitz» triestina. Sebbene celebrato trent'anni dopo i fatti (perché, come rivela la sentenza di rinvio a giudizio del dottor Serbo, un'istruttoria immediata venne impedita dalle tergiversazioni e dalle manovre del Governo Alleato che ebbe il controllo di Trieste fino al 1954) il processo può ancora oggi «denunciare il sistema politico e l'ideologia che consentirono la realizzazione di quei crimini». Va ricordato, quale premessa, che — con l'armistizio dell'8 settembre 1943 — il Friuli e le province giuliane vennero di fatto annesse al Terzo Reich, assieme alla zona di Lubiana, nel quadro del cosiddetto «Adriatisches Kustenland», il «Territorio del Litorale Adriatico»: le autorità civili e militari della Rsi furono estromesse al punto che l'esercito di Salò non potè reclutare fra i giovani della nuova « regione » del Reich; Radio Trieste diventò «Radio Litorale» e trasmise in tedesco e in italiano; la Wehrmacht costituì una base con 7000 soldati agli ordini del generale Ludwig Kubler, creò un posto di tappa, una casa da gioco e un giornale in tedesco, l'Adria Zeitung; nel porto comparvero le unità della Kriegsmarine, come un tempo vi erano state quelle austro-ungariche; le guardie territoriali italiane dovettero giurare fedeltà a Hitler, vestire divise tedesche, cantare inni tedeschi e salutare soltanto in tedesco. il Gauleiier Insediato quale Supremo Commissario a Trieste il Gauleiter Friedrich Rainer, gli occupanti adibirono l'antica Risiera a campo di concentramento, prigione, tribunale, deposito e luogo di sterminio affidandone la gestione ad uno dei più famigerati reparti repressivi delle SS, l'«Einsatzkommando Reinhardt». trasferito qui alle dipendenze del generale SS Odilo Lotario Globocnik, un austriaco nativo di Trieste, che aveva già operato fra il 1940 e il 1942 nello sterminio di due milioni di ebrei polacchi. I motivi che indussero Himmler e il «Reichssicherheitshauptamt» (l'Ufficio centrale per la sicurezza del Reich) ad inviare l'«Einsatzkommando Reinhardt» nella zona di Trieste e del Litorale Adriatico vanno ricercati — spiega lo storico Enzo Collotti — nella «asprezza della lot- e , d e à 2 i o l a e — - ta partigiana e della sua re- Mpressione (...) che giustifica-1 fva, quindi, agli occhi dei tede- i lschi, la presenza di reparti \ cparticolarmente agguerriti e uduri». Più sbrigativamente cStangl, poco prima di morire: udi infarto, il 28 giugno 1971 , hnel carcere di Dusseldorf, nconfidò alla scrittrice Gitta j cSereny che, nel 1943, lo aveva- no mandato in treno a Trieste I c«con Globocnik, Wirth e cen- stoventi uomini, dieci dei quali dprovenienti da Treblinka, cin- \ nque sottufficiali e cinque ■ aucraini» raccomandandogli di1 r«non lasciarsi scappare gli i debrei neanche là». s_ . . I PU€DOYtCLZlOTU !1r ! mIn effetti, fra i compiti. cprincipali dell'«Einsatzkom- dmando Reinhardt» in Venezia j Giulia vi era quello di depor- |ctare la popolazione ebraica (e (TStangl lo fece perché il signor I Giuseppe Fano, di Trieste, ex | sdirettore della locale «Dela- ; tsem» ha testimoniato a chi, scrive queste note di aver vi-1 sto Stangl in un ospedale di I Venezia «selezionare» i malati ! ebrei ordinandone poi il tra- j sferimento alla Risiera); dei:resto, con una lettera da Trie- ; ste del 5 gennaio 1944, diretta al Reichsfuehrer SS Himm- ; ler, Globocnik ribadì in quat- tro punti il bilancio e il rendi- conto dell'operazione condot- ]Cta dal suo gruppo: a) il tra- ! sferimento della popolazione ebraica; b) l'utilizzazione della forza di lavoro; c) l'utilizzazione dei beni; d) il sequestro dei valori nascosti e degli immobili. Tuttavia va notato che fra le 3000 vittime della Risiera (e, per alcune fonti, questa cifra potrebbe essere elevata a 4000-5000) gli ebrei furono pochi, neppure un centinaio: degli 837 israeliti rastrellati nella sola Trieste — secondo le recentissime statistiche di Giuliana Donati e del Centro di Documentazione Ebraica di Milano — la maggior parte venne infatti deportata in Germania, con 22 convogli in 13 mesi, poiché lo sterminio fisico degli ebrei era di esclusiva competenza delle autori tà centrali del Reich e, perife- ! rieamente, veniva consentiva soltanto l'eliminazione degli I ebrei «malati ed intrasporta bili». Lo strumento di questa persecuzione fu la Risiera con le sue paurose mini-celle a sten- ! to bastanti a una persona e «spesso occupate da quattro ed anche sei prigionieri» e in cui «non si poteva dormire perché una lampadina fortissima era accesa notte e giorno» (testimonianza di Giuseppe Gianecchetti, di Trieste), con le torture di ogni genere, come la donna rinchiusa nella cella nr. 7, «denudata, appesa per le trecce e bastonata fino a svenire» (testimonianza Albina Skabar, di Trieste), con le esecuzioni che avvenivano quasi tutte le notti e si sentiva «gente che implorava pietà e mandava grida strazianti. Per coprire le urla, i tedeschi alzavano il volume degli apparecchi radio, accendevano i motori dei camion, aizzavano i ceni di guardia perché la trassero» (testimonianza Gio- vanni Haimi Wachsberger, di | Fiume). «Ricordo come fosse adesso — narra la signora | Majda Rupena, triestina, che fu rinchiusa a San Sabba nell'autunno 1944 —. Dalla mia cella ho visto due o tre volte uomini e donne sparire nel Iocale del forno crematorio. Li udivo camminare. Una notte ho contato i passi di 56 perso ne; poi, non sono riuscita a continuare...». Le vittime, di solito rinchiuse in un furgone postale e soppresse coi gas di scarico del motore pompati a mano nell'interno del veicolo (ma aitre volte, dice la sentenza di rinvio a giudizio, «uccise mediante sevizie: colpi di mazza, sgozzamento, ecc.») venivano Poi cremate nel forno che 1SS LamDert. giunto apposita mente dalla Germania, aveva costruito in mattoni, dotan dolo di una doppia rotaia e di un carrello per trasportare i corpi fino all'imboccatura, Tutti questi macabri partico lari sono emersi durante l'i- struttoria anche attraverso le testimonianze di alcuni di quegli italiani che, rastrellati nell'Astigiano durante l'au tunno-inverno 1943, accettaro no di entrare nelle SS e pre starono servizio di guardia, assieme agli ucraini, nella Ri siera di San Sabba. Si tratta va, in larga parte, di giovani piemontesi (29 su 42) origina ri di Torino, Alessandria, Cu neo, Asti, Casale Monferrato, CaneIli, Calamandrana e Vena, ria ed erano comandati da uno studente di Occimiano (Alessandria) al quale i tede- a o a i i , - e za e consentendo alle loro ia i " i , i , , a o - | schi avevano assegnato il grado di Haupsturmfuehrer-SS, capitano. Un genovese dirigeva la segreteria dei servizi di sicurezza della Risiera. Un professore milanese insegnava l'italiano alle SS; altri — j compresi due triestini — facevano gli interpreti. I loro | nomi sono venuti a conoscen- ' za del giudice istruttore attra verso i documenti dell'«Istituto per la storia del movimento operaio» di Lubiana perché un impiegato del reparto amministrazione della Risiera, il tarantino Italo Montanari, compilava addirittura i moduli Inps ed Inam per gli ausiliari italiani. Polemiche Il processo, atteso con im-1 pazienza a Trieste dopo che : per trent'anni è stato ignora- : to o differito, arriva nell'aula della corte d'assise sulla scia I delle polemiche sollevate da- ! I gli avvocati di parte civile e, I | con loro, dal senatore comu' rnsta Gianfranco Maris, vicepresidente nazionale dell'As-1 i sociazione ex deportati. I le| gali sostengono che la sentenza di rinvio a giudizio è «molto riduttiva» e propongono al pubblico ministero un'azione più estesa o, quanto meno, la promozione di una nuova istruttoria a dibattimento terminato. Essi affermano, infatti, che le accuse di omicidio volontario plurimo, mosse ad Allers ed Oberhauser, sono state limitate a poche decine di civili e di ebrei mentre gli imputati non vengono chiamati a rispondere per le altre migliaia di partigiani e di «politici» soppressi a San Sabba e per le cui uccisioni la sentenza implicitamente ricoì nosce che l'«Einsatzkommando Reinhardt» agì in base ad ordini formalmente legittimi, seppur criminali, emanati nei confronti delle vittime considerate quali « nemici del Reick », « ostili al Reick » e « pericolosi per la sicurezza delle truppe tedesche ». Queste — dicono Maris e il professor Giorgio Marinucci, ordinario di diritto penale all'Università di Padova — sono sempre state le tesi dei difensori dei nazisti, mai convalidate neppure dai giudici tedeschi; nel forno della Risiera finirono molti esponenti dell'antifascismo e della Resistenza come Luigi Frausin, già membro del Comitato centrale del pei e, all'epoca dell'arresto, rappresentante del pei nel Cln triestino, o come il democristiano Paolo I Reti, o come i dirigenti sloveni Franz Segulin e Franz Ur- ] sic: per loro non vi sarà dunque giustizia? In realtà il magistrato ha forse voluto circoscrivere il numero e il tipo dei «casi» (pur inserendovi anche membri della Resis't'en- miglie di costituirsi parti chili) allo scopo di mantenere le accuse nei limiti dei reati comuni: altrimenti il processo avrebbe rischiato di sfuggir- | gli e di diventare di competenza dell'autorità giudiziaria militare che, nel fatto specifico, avrebbe dovuto applicare norme di prescrizione e di amnistia tali da annullare totalmente il procedimento. Probabilmente già lunedì, in apertura di dibattito, la questione verrà affrontata. Giuseppe Mayda 1 ' ' | sdpI I | ' i | ì Monaco di Baviera. Joseph Gaspar Oberhauser nella birreria Franziskaner (per la «La Stampa», Sergio Ferrari)