Per un cartello sulla mafia quasi guerra in una media di Remo Lugli

Per un cartello sulla mafia quasi guerra in una media La Spezia: polemiche tra preside e professoressa Per un cartello sulla mafia quasi guerra in una media /Dal nostro inviato speciale) La Spezia, 7 febbraio. Una scuola media è in subbuglio per un cartellone sulla mafia composto dagli alunni. Il preside l'ha fatto togliere dall'aula, il Comitato di quartiere è intervenuto con una lettera di protesta nella quale si afferma che il provvedimento «costituisce una grave violazione del diritto alla libertà di insegnamento sancito dalla Costituzione». La media è la «Vittorio Alfieri» di via Napoli, retta dal preside professor Alberto Bottorelli, 52 anni, già assessore regionale della democrazia cristiana; la classe è la seconda «L», che ha come insegnante di lettere la professoressa Matilde Mangini, 40 anni, iscritta al sindacato SismCisl. Gli alunni sono diciotto maschi e dieci femmine dai 14 ai 15 anni, dei quali cinque ripetenti. Sentiamo i fatti secondo il racconto della insegnante. Si doveva svolgere il tema «Che cos'è per te la vita». Un argomento che andava esaminato, discusso, sviscerato sotto diverse forme e che ha quindi comportato un arco di tempo ampio, quasi un mese. Le risposte dei ragazzi vertevano sul «dono di Dio», sulVidmpegno sociale», sulla «necessità di mettere a frutto il prezioso seme». Ad un certo punto, dallo studio della poesia di Montale «Il male di vivere» scaturiva la presenza del male nella vita. Di qui l'insegnamento della professoressa sulla necessità di non rimanere indifferenti al male, cui devono essere contrapposti il bene, la fratellanza, l'amore, la so- i lidarietà. Il male, comunque esigeva una sua trattazione, i ragazzi premevano per esaminare i vari problemi moderni: la fame, la delinquenza, i sequestri di persona. «L'argomento era molto impegnativo — dice la professoressa Mangini —; i ragazzi accusavano un po' di stanchez- za. Così ad un certo punto, per alleggerire lo studio, renderlo un po' vario, ho suggerito di esporre il loro punto di vista su come si presenta la vita oggi, attraverso dei cartelloni. Si sono formati dei gruppi di lavoro che hanno scelto i diversi argomenti: la fame nel mondo, la droga, i sequestri, l'eutanasia, eccetera. Uno degli alunni, un ripetente, ha proposto di trattare la mafia e a lui si è associato un altro ragazzo» Nascono così i manifesti composti con titoli e fotografie ritagliati da giornali, scritture e disegni. Vengono consegnati martedì e appesi alle 13, quando la lezione sta per finire. Nella scuola vengono svolti i doppi turni, l'aula che al mattino ospita la seconda «L», il pomeriggio è occupata dalla seconda «D». Per di più la professoressa Mangini, il mercoledì, non fa lezione perché è il suo giorno libero. Quando si ripresenta (giovedì) vede che il manifesto sulla mafia non c'è più, apprende che è stato fatto togliere per ordine del preside. Ecco che cosa dice il prof. Bottorelli: «Ho ricevuto la segnalazione da parte di una insegnante che aveva occupato l'aula con la sua classe, la seconda "D". Sono andato a vedere e mi sono reso conto che nel contenuto del manifesto ci potevano essere gli estremi del vilipendio al Parlamento e al governo. C'erano descritti dei fatti di parte: specifiche accuse a un ministro di essere stato connivente con il bandito Giuliano; vi si diceva addirittura che era partito dal governo l'ordine di compiere la strage di Portella della Ginestra. Si affermava anche che governo e mafia sono una cosa sola. Non potevo permettere che un simile testo rimanesse sotto gli occhi di alunni estranei a quella ricerca, che nulla sapevano degli argomenti trattati in precedenza; soprattutto, che non avrebbero avuto modo di discutere il tema mafia e, conseguentemente, di ravvedersi sulla infondatezza di quelle accuse che nessuno ha mai storicamente provato». C'è stato un chiarimento, tra l'insegnante e il preside: i due hanno convenuto che la prima avrebbe potuto riavere il manifesto per discuterlo con i ragazzi. Ma poi è giunta al Consiglio d'Istituto la lettera firmata dalla Commissione Scuola del Comitato di Quartiere e gli animi si sono eccitati. Oggi, ad esempio, la professoressa Mangini ha accettato di parlare con noi della questione solo alla presenza di un sindacalista. Abbiamo dovuto attendere l'arrivo del signor Raso, segretario provinciale del SismCisl, il quale già conosceva i fatti e che ha voluto sottolineare la sua disapprovazione al preside perché «non può isolare un solo cartellone, l'argomento è totale, va visto nel suo insieme». Anche secondo l'insegnante il preside non avrebbe dovuto togliere il manifesto: «E la mia collega che lo ha segnalato perché venisse eliminato avrebbe dovuto a sua volta commentarlo con i propri alunni e, eventualmente, parlarmene, anziché andare in presidenza». Il preside è infastidito dal clamore che si sta facendo intorno a un episodio che giudica di scarsa rilevanza. «Ad ogni modo — sostiene — io sono convinto di avere agito come mi impone il dovere, perché noi dobbiamo essere preoccupati della salvaguardia dell'oggettività della storia con fatti provati, non con accuse infondate. Dobbiamo dare agli alunni una visione asettica della storia e non di parte, se vogliamo educarli». Dell'argomento verrà investito il Consiglio d'Istituto cui è indirizzata la lettera del Comitato di Quartiere. In attesa che questo organismo si riunisca, il manifesto resta chiuso in un cassetto della presidenza e la sua discussione in aula rimane sospesa. I ragazzi che l'hanno osservato, per ora, in mancanza di informazioni contrastanti, si riterranno quindi autorizzati a pensare che esso riportasse la verità. Remo Lugli La Spezia. La prof. Matilde Mangini (a sin.) e il preside prof. Alberto Bottorelli (« La Stampa » - Liprandi)

Persone citate: Alberto Bottorelli, Liprandi, Mangini, Matilde Mangini, Portella, Vittorio Alfieri

Luoghi citati: La Spezia