La polizia; niente indizi di Filiberto Dani
La polizia; niente indizi La polizia; niente indizi Il mistero dei Picasso trafugati (Dal nostro inviato speciale) Avignone, 3 febbraio. Non una traccia, non un indizio, non un sospetto. Sono passate 72 ore dal clamoroso furto delle tele di Pablo Picasso, i posti di blocco non sono riusciti a fermare i ladri, le probabilità di prenderli con l'inestimabile bottino diminuiscono sempre di più. La macchina dell'inchiesta, insomma, gira a vuoto. Il quartier generale della polizia giudiziaria di Avignone è in un grigio edificio al numero 3 di Rue Violette. Dall'ufficio del commissario Pierre Girai, che coordina la grande caccia, sono usciti a mezzogiorno due ispettori spediti qui in tutta fretta da Parigi per dare una mano ai colleghi della provincia. Sulla scrivania c'è un portacenere colmo di mozziconi, la stanza è satura di fumo, il commissario si affretta a spalancare la finestra. Entra un'ondata di gelo, ma ristagna nell'aria, e la corrente non lo porta via, il senso di avvilimento che deve aver gravato sulla lunga riunione appena terminata. Pierre Girai ammette con franchezza: «E' vero, non abbiamo fatto un solo passo avanti. I banditi sono spariti nel nulla, come fantasmi, non hanno lasciato alle loro spalle un solo elemento utile per orientare l'inchiesta. I vostri interrogativi sono anche i nostri: chi ha ideato il furto? Dove sono nascoste le tele? Quali sono le intenzioni dei ladri?». Le ipotesi che si continuano a fare per dare una risposta al terzo interrogativo sono tante, quasi tutte partono dal presupposto che le tele rubate sono troppo note per essere commerciabili. Il commissario, però, non la pensa così. Dice: «Non è vero che si tratti di opere invendibili. Se le intenzioni dei razziatori non sono quelle del riscatto rozzo a pronta cassa, le tele sparite dal Palazzo dei Papi dormiranno per un po' da qualche parte, poi andranno a chi paga meglio. Si illudono gli esperti d'arte quando ripetono che non valgono un franco perché nessuno rischia di tenerle in casa. Collezionisti che rischiano ce ne sono, in tutti i Paesi, e sono tanti». I quotidiani locali hanno formulato un'ipotesi diversa dalle altre: il colpo grosso al Palazzo dei Papi avrebbe una matrice politica, sarebbe stato compiuto da un commando di autonomisti baschi dell'Età per finanziare, con la vendita dei preziosi dipinti, l'organizzazione clandestina. «Un'ipotesi assurda — risponde il commissario — basata unicamente sul fatto che uno dei banditi aveva l'accento spagnolo. Dovessi scegliere tra le tante ipotesi, darei la preferenza a quelle del riscatto (così avviene nei sequestri di persona) e del furto commissionato da qualche grande mercante d'arte». I prossimi giorni diranno se i banditi che sabato notte hanno operato con eccezionale sangue freddo nella Grande Chapelle mirano davvero a scucire un bel po' di franchi dalle tasche della società parigina presso cui le opere trafugate erano state assicurate per quasi due miliardi di lire. Al momento, però, non si sono fatti vivi e pare che se decideranno di farlo non troveranno buona accoglienza. Ce lo dice frettolosamente, con tono irritato, un rappresentante degli assicuratori, Edmond Harriet, giunto oggi ad Avignone per rendersi conto di come stanno le cose: «Non daremo un franco per il riscatto: è una questione di principio». Può darsi, ma non conviene prendere per oro colato questa affermazione: in genere, le società d'assicurazione non amano trattare in piazza i loro affari. Se al quartier generale della polizia c'è avvilimento, in quello del «consiglio culturale» di Avignone c'è desolazione. Uno stato d'animo più che comprensibile se si considera che questo ente aveva in carico la mostra del grande artista spagnolo. Paul Puaux, il direttore, ce ne parla con le lacrime agli occhi: «Proprio lui, Pablo Picasso, aveva voluto allestire la rassegna delle sue ultime opere ad Avignone. Era legato a questa città, gli piaceva la pietra fredda edvcqecam del Palazzo dei Papi, lui stesso aveva scelto le tele da esporre». Ve n'erano 201, ne sono rimaste 83 perché i banditi ne hanno portate via 118. «Da un primo inventario — dice il direttore — ne risultavano mancanti 119, poi, rifacendo i conti, ci siamo accorti del piccolo errore. Comunque, una più una meno, non cambia niente». La mostra picassiana, si sa, era custodita da tre guardiani che i banditi hanno messo agevolmente fuori combattimento. Due di essi sono ancora ricoverati all'ospedale (le loro teste sono state mezzo fracassate con i calci delle rivoltelle), il terzo è a casa sotto choc. Nella vampata di sdegno che si è levata in Francia, i giornali hanno parlato di inefficienza dell'apparato di difesa, ma Paul Puaux respinge le critiche. «La mostra — dice — era sorvegliata 24 ore su 24. La presenza fisica di tre guardiani valeva assai più di tutti i congegni elettronici d'allarme. Certo, qualcosa non ha funzionato, ma non per colpa nostra ». Filiberto Dani
Persone citate: Chapelle, Edmond Harriet, Pablo Picasso, Papi, Paul Puaux, Picasso
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