Pci e psi tra odio e amore di Vittorio Gorresio

Pci e psi tra odio e amore Taccuino Pci e psi tra odio e amore di Vittorio Gorresio Tra Giorgio Amendola e Luciano Vasconi (che è il redattore capo di Mondoperaio, la rivista mensile del psi) si è svolto un dialogo sui temi del dissenso fra i cugini socialisti e comunisti. E' un dialogo appuntito ma garbato, come garbati sono gli incontri di scherma nei quali si obbedisce a regole precise, ma non per questo poco vivace. Ricordate, nella Via lattea di Bunuel, il duello fra il giansenista ed il gesuita? Bene, Vasconi e Amendola vi fanno la stessa figura di essere irriducibilmente contrapposti. Comincia Vasconi con una domanda pacata e piana: «Quale è il tuo giudizio sui dissensi che tuttora dividono pei e psi?». In termini di scherma, questo si chiamerebbe un invito, e la replica di Amendola è stato un a fondo: «Per poterti rispondere sarebbe necessario che il psi avesse finalmente trovato, sia sulle questioni nazionali sia su quelle interne, una linea coerente con la quale confrontare la nostra». Vasconi contrattacca, con un esempio semplice ma inconfutabile: «Il psi critica il fatto che voi, pur esprimendo il vostro dissenso, finite sempre con il confermare la vostra solidarietà globale con i regimi dell'Est, né avete mai compiuto l'analisi, più volte promessa, di quelle che tu definisci realtà socialiste e che invece tali non sono, per molti aspetti». Amendola ritorce: «Ed io potrei rivolgere ai compagni socialisti l'accusa di non aver posto allo studio un esame critico del bilancio dei governi a direzione socialdemocrazia e laborista». Poi tuttavia, tanto per non restare in questa banalità di accuse palleggiate, concede: «Se il tuo è un invito a studiare meglio le realtà dei Paesi socialisti è bene accetto, perché non si studia mai abbastanza». Infine, d'improvviso e controtempo, rinfaccia ai socialisti la loro incoerenza riguardo alla politica europeistica, oggi abbracciata dai comunisti con il fervore del neofita ultimo arrivato, e invece trascurata dai socialisti italiani la cui presenza nel Parlamento di Strasburgo «è estremamente debole». «Hai ragione — ribatte Vasconi — a stimolare il nostro partito, che precorse il vostro nell'impegno europeistico, ad essere coerente». E' questa una buona parata, un'accorta uscita in tempo, ma soprattutto un preludio di attacco: «Ma tu non puoi cavartela — ha incalzato — con quanto hai detto finora in materia di rapporti con l'Est. Se è vero che nel '68 esprimeste dissenso per l'invasione della Cecoslovacchia, trascinandovi dietro altri partiti comunisti occidentali, non hai l'impressione che ora vi abbiano scavalcato il pc spagnolo e lo stesso pc francese?». Si sa difatti che Carrillo ha dichiarato che una Spagna socialista si difenderebbe con le armi da un'aggressione sovietica, e che il pc francese sulla questione dei campi di lavoro sovietici si è comportato in maniera non diversa da come avrebbe potuto un qualunque partito socialista o lacorista o socialdemocratico. E allora Amendola, con forza: «No. Siamo noi che abbiamo portato questa politica in seno al movimento comunista internazionale, secondo criteri di prudenza e di fermezza assieme». Non è dir molto, anche se appare ragionevole e non facilmente contestabile, cosicché Amendola si è lasciato andare al gusto di una beffa leggera. «In questo — ha detto a Vasconi — i comunisti sono diversi dai socialisti. Non basta, secondo noi, che un dirigente abbia idee geniali perché il partito poi lo segua. Mi riferisco ai notevoli mutamenti di posizione assunti dal psi negli ultimi trent'anni», e li ha elencati con impietosa diligenza, per poi concludere su un tono conciliante: «Noi abbiamo una linea, se vuoi, più grigia, priva di svolte improvvise... Non nego che il partito socialista, forte della sua tradizione libertaria, abbia prodotto idee nuove, brillanti e originali in questi lunghi anni, ma almeno per quanto riguarda la loro applicazione, ha dato spesso l'impressione di improvvisare». Vasconi a questo punto ha cambiato fronte e terreno con la botta improvvisa di un dilemma: «Noi siamo per l'alternativa, voi per il compromesso storico». E a questo punto la scherma di fioretto è diventata di sciabola. Amendola ha osservato che un'alternativa di sinistra non è in Italia realizzabile, vista la elementare aritmetica elettorale che indica i rapporti di forza. Per di più, i comunisti sono circa il doppio dei socialisti: «E quindi — ha aggiunto con una spavalderia che in fondo in fondo potrebbe anche apparire generosa — in questo schieramento, lo si voglia o no, i comunisti assumerebbero una posizione prevalente, e i primi ai quali ciò non piacerebbe siete proprio voi, che vi trovereste alle prese con questo nostro bestione di partito, dopo aver sopportato per tanti anni la de. Tra la de e il nostro partito la vostra situazione non è certo comoda, ma la vostra presenza deve essere assicurata, ciò che oggi spesso non avviene. Siete latitanti». Sulle pagine di Mondoperaio il dialogo continua, ma qui il mio spazio è invece al termine. Mi pare in ogni modo che battute, stoccate, diversioni e parate che ho offerte in sintesi fedele consentano un'idea abbastanza chiara dell'odio-amore tormentoso e tempestoso spesso di norma tra cugini. E per chi fosse malizioso si potrebbe parlare, con Choderlos de Laclos, di «liaisons dangereuses».

Luoghi citati: Cecoslovacchia, Italia, Spagna, Strasburgo