Gli spieiati assassini di Alcamo hanno voluto sviare le indagini di Liliana Madeo

Gli spieiati assassini di Alcamo hanno voluto sviare le indagini I due carabinieri uccisi nel sonno in caserma Gli spieiati assassini di Alcamo hanno voluto sviare le indagini La telefonata sarebbe una montatura per provocazione politica - Sono state, tuttavia, perquisite solo le abitazioni di esponenti della sinistra - Reazione dei democratici (Dal nostro inviato speciale) Alcamo, 29 gennaio. Il messaggio diffuso da un fantomatico gruppo estremista, il «Nucleo Sicilia Armato III» — che rivendicava la paternità del duplice omicidio commesso lunedì notte nella casermetta dei carabinieri di Alcamo Marina — potrebbe essere tutto una montatura, a chiaro scopo provocatorio o sviante. C'era una indicazione, nel comunicato, che gli aveva conferito attendibilità e considerazione almeno presso una parte dello staff inquirente. Era il riferimento ad un particolare di cui nessuno sembrava poter essere a conoscenza, all'infuori degli omicidi stessi e di quanti svolgono le indagini: il bottone lasciato sul posto da uno degli aggressori. Di bottoni non si era mai parlato. Nessuna indagine al proposito era stata iniziata. Eppure, la voce maschile che dettava il testo al giornale «La Sicilia» di Catania, aveva insistito: «Il bottone, ripeto il bottone... è una traccia inutile...». Adesso è saltato fuori che di bottoni, nella casermetta, non ce n'era uno solo. Anzi. «JVe sono stati trovati parecchi, di tutti i tipi, sparsi a terra. I due militari, come usano fare gli scapoli, ne avevano una piccola scorta, una scatoletta che — quando il "commando" ha buttato tutto sottosopra — è stata rovesciata nella stanza», ha dichiarato oggi il ten. col. Fazio, che comanda il Gruppo carabinieri di Trapani, autorizzato, come egli stesso ha precisato, a tenere i contatti con i giornalisti sulla vicenda. «Non sapevamo che uno di quei bottoni poteva essere degli assassini — egli ha aggiunto —. Ora si cercherà di individuare qual è». Quindi il messaggio — che parla di «una» indagine su «un» bottone — non trova riscontro nella realtà: la tesi della provocazione politica, per quanto riguarda almeno questo gruppo, regge ancora? Ma l'episodio non si conclude così. E' di quelli che alimentano perplessità e imbarazzo, soprattutto in una circostanza dalle connotazioni tanto drammatiche: ci sono due morti, due giovani uccisi per un movente quanto mai oscuro; operano sul posto rappresentanti di tutte le polizie italiane, agenti dell'antiterrorismo, del Sid, degli uffici politici di molte città; si è accertato un via vai incessante di persone nel posto fisso di Alcamo Marina martedì mattina, dopo che il maresciallo Alfano, dell'Ufficio politico della Questura di Palermo, diede l'allarme al «113» di Alcamo (fu lui a insospettirsi per la porta bruciacchiata della caserma, mentre percorreva la Statale 113 in servizio di scorta al seguito di Giorgio Almirante, che da Trapani si trasferiva a Palermo). Le dichiarazioni del ten. col. Fazio sollevano molti interrogativi. C'è stata forse una fuga di notizie, da parte di persone che sono entrate nella casermetta? E come mai qualcuno ha potuto utilizzare tali indicazioni? Perché, se il «nucleo» voleva «firmare» il delitto, ha scelto il particolare del bottone, così poco singolare? Oppure, esiste davvero un bottone dei killers, che però al momento attuale delle indagini magari non c'è più? Il comunicato non può essere interpretato come un «messaggio» rivolto a qualcuno capace di decifrarlo? Di fronte a queste domande l'ufficiale si è trincerato dietro ima serie di « non so », « non posso rispondere». Proprio ieri il gen. Mino, comandante generale dell'Arma, in questa stessa caserma aveva ammonito: « Anche i carabinieri possono parlare a vanvera... e sbagliare... Sono persone che hanno sentimenti e simpatie proprie, che li portano a volte a costruire la verità come vorrebbero che fosse e non come è davvero. Troppe volte, purtroppo, ho riscontrato che, non tacendo, i carabinieri non hanno agevolato il corso delle cose ». Alle scarne parole corrisponde un lavoro intenso dei carabinieri. Vengono scoperti depositi considerevoli di armi e materiale esplosivo (a Gibellina e Mazara del Vallo). La prova del guanto di paraffina è effettuata su tutte le persone sospettabili (a Partanna è stato sottoposto a tale prova persino un ragazzo di sedici anni; ad Alcamo lo si è fatto con i due uomini che trascorsero la sera del lunedì, nella casermetta, con l'appuntato Falcetta e il carabiniere Capuzzo: giocarono a carte fino a mezzanotte, meno di un'ora dopo i due giovani venivano uccisi). Di perquisizioni e interrogatori giunge notizia da ogni parte dell'isola. Ad Alcamo i carabinieri sono andati a cercare armi (in base alla nuova legge sull'ordine pubblico non è necessaria l'autorizzazione del magistrato) nelle abitazioni di decine di persone: di sei dirigenti del pdup, di un consigliere comunale del pei, la ventiduenne Francesca Messana; di due funzionari dell'Ufficio tecnico del Comune (da cui sono passate le licenze edilizie, i permessi, che hanno condotto alle clamorose speculazioni nella cittadina e alla uccisione dell'ex assessore de Guarasi): un iscritto al pei, Lucchese, e un iscritto al pdup, Di Liberto. Questi episodi hanno acuito la tensione esistente nella città. Il sindaco, Vito Filippi (de), ha indetto per sabato mattina una conferenza-stampa. In risposta alle possibili conseguenze di una strumentalizzazione indiscriminata dell'intera vicenda, tutte le forze democratiche (partiti, sindacati, rappresentanze di categoria, organizzazioni studentesche) hanno firmato un comune manifesto e indetto una pubblica manifestazione, che ha, come slogan: « Alcamo per l'ordine democratico e la libertà, contro la violenza e la delinquenza ». Liliana Madeo

Persone citate: Capuzzo, Di Liberto, Falcetta, Francesca Messana, Giorgio Almirante