Dialogo torinese di Giovanni Arpino
Dialogo torinese I CONTI DEL MERCOLEDÌ Dialogo torinese « La propria vergogna si nasconde meglio con l'impudenza », afferma un antichissimo proverbio di biblico sapere. Soltanto questo va risposto a chi parla di « campionato ucciso dalle due torinesi ». Come se non avessimo lamentato proprio noi lo scadere meneghino, il farfugliar romanesco, la scarsa consistenza tattica e caratteriale dei partenopei. Non è certo colpa di Madama e Torello se, alle virtù loro, puntellate con assidui sforzi e dedizione, sono mancati gli altri. E cosa dovrebbero fare, le beneamate? Perdere, tanto per veder ringalluzziti Rocco o chissà chi? Il football vive di dribbling, di gol ma anche di formule critiche talora avventurose, per non dir avventate. Il campionato non è assassinato né suicida davanti alla Juve di Nùciu Gauloise alias El Roco o davanti ai granatieri di Gigi Radix. Il campionato è vivo proprio grazie alle torinesi, in una « raedia » che onora il minimo del nostro calcio rimasto: se aspettavamo la rinascita milanese — auspicabile ma non ancora visibile — e le invenzioni fiorentine, a quest'ora mangeremmo gramigna e non qualche fogliolina gustosa. Tanto andava detto per riequilibrare le disamine critiche postdomenicali, così lagnose e sospirose. Certo, siamo invidiati. Meglio l'invidia che la pietà, come conosciamo secondo il detto popolare. E tocchiamo ferri abbondanti per quel che riguarda i futuri inciampinomi, prevedibili forse ma non garantiti. Le • bambinacce » della critica stiano buone e accettino almeno la realtà: godranno un pochino di football giocato, questo è certo. Non è il loro lacrimare a mutar le sorti del pallone. Mi viene in mente un certo signor Klammer, discesista austriaco da far scappellar i popoli. Tutti lo criticano, mentre scia. E dicono: guarda come fila storto, guarda come ha preso male la curva, guarda come sobbalza, guarda come « derapa ». Poi. al traguardo, leggi la classifica: primo Klammer, e giù sospiri da parte dei superintenditori. Così è per la Juve, impietosa Madama, e per il Torello, panzer che ha solo necessità di credere in se stesso. La squadra bianconera è ricca d'uomini, rispetto alle pedine granata: ma il Cagliari vinse avendo tredici crani a disposizione, neppur uno di più. Anche questo va sottolineato per lodare la spinta, l'ardore che stimolano i torinisti sulle tracce dei campioni juventini. Primavera vedrà sfracelli da queste parti, se il Toro di Radix si fa profeta in Romagna, scoglio da laurea e dignità di stampa. Pensiamo un attimo, ora, ad Enzo Bearzot, che raduna quanto gli passa il convento e va a Nizza, dove non è ancora Carnevale, dove le battaglie a pedate anticipano quelle dei fiori. Dice il " supervecio », levatosi ormai le frecce del San Sebastiano azzurre, più o meno così (nei concetti, perché nei dialoghi siamo naturalmente più sciolti): il Club Italia va giudicato globalmente, non perché oggi il Tizio sostituisce il Caio di ieri. Alcuni uomini non possiamo spremerli anche per tradizionale rispetto alla liceità del campionato e delle squadre che si giocano le ossa ogni domenica. Altri uomini, che ben conosciamo, sanno sia aspettare sia garantirci per quanto li riguarda, si chiamino Benetti o Facchetti. Per ora, nella Nazionale, che sta cercando la sua identità, non vi sono titolari e riserve, parola odiosa quest'ultima, ma uomini che si danno vicendevole ricambio. E Nizza è una tappa di studio, per valutare i singoli e il funzionamento di certi schemi collettivi. Se non si guarda con la giusta attenzione e il giusto affetto a questo tipo di lavoro, allora il furbo esaminatore commette colpa. Aggiungo io: non sarà facile distribuire compiti e oleare meccanismi all'interno della squadra azzurra, ma dir già oggi « questa Nazionale non solo non andrà in Argentina ma neppure supererà lo stretto di Gibilterra » come sostiene l'amico e fratello Giùan Brera, mi sembra rischiosa e negativa ipotesi. Non sono contrario allo scetticismo, ma andiamoci piano: contribuire bisogna (anche perché se certi « baroni » attuali della pelota giocassero a San Siro, quanto suonerebbero diverse alcune campane...). Dolente per gli ultimi e più astrusi motivi di stampo romanzesco che mi impediscono l'amichevole di Nizza: ma il dovere è dovere. Ancora una volta vedrò /'« esamino » dei tigrotti di Bearzot per interposta persona. Tuttavia sento a lume di naso che questa Nazionale ha una sua spiccata fisionomia in avanti: il Capello mediano può far gioco con « Zac » e Causio, Bettega che sa rifinire e concludere potrebbe levar certe ingrommature dalla pelle di Savoldi. Purché ne abbiano voglia: ma qui la grintaccia bearzottiana va presa come sicuro innesto. E aspettiamo domenica: con quel Cesena che ormai si amministra secondo formule di prudentissima «grandeur»; con quel Perugia che ha dimostrato risorse e spiriti vivacissimi, tanto da farla prima tra le « provinciali (perché la squadra romagnola dei Cera e dei Frustalupì non va più considerata tale, siete d'accordo?]. Coraggio anche per lei, amico Paolo Frajese: non c'è bisogna di posticipare i già melensi fotogrammi della pelota non appena Juve e Toro ribadiscono le loro forze. Certo, sci e automobilismo sono fatti importanti, ma scommetto che se avesse vinto il Napoli e perso la Madama, l'ordine dello spettacolo (si fa per dire) alla « Domenica sportiva » sarebbe andato diversamente. Suvvia, un sorriso, sempreche conosciate l'etichetta di Monsignor della Casa. O volete davvero piangere fino a maggio, voi « foresti »? Giovanni Arpino Enzo Bearzot con Zaccarelli, Bettega e Causio visti da Franco Bruna
Luoghi citati: Argentina, El Roco, Gibilterra, Nizza, Romagna
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