La strage sull'Italicus fu preparata a Firenze di Francesco Santini

La strage sull'Italicus fu preparata a Firenze Un nuovo indizio contro il gruppo di Tuti La strage sull'Italicus fu preparata a Firenze I periti hanno accertato che la bomba fu messa sul treno nella stazione di Santa Maria Novella, e non a Roma - Ora sarà interrogato il neofascista di Empoli (Dal nostro inviato speciale) Bologna, 27 gennaio. L'ordigno esploso a S. Benedetto Val di Sambro all'l,23 della notte tra il 3 e il 4 agosto del 1974, è stato sistemato a bordo del treno Italicus nella stazione di S. Maria Novella di Firenze. E' questa la conclusione dei periti che nelle ultime settimane hanno riconsiderato con rigore scientifico le ipotesi delle prime ore, quando si disse che il convoglio per il Brennero era stato minato a Roma, nella stazione Tiburtina, qualche ora prima della partenza, mentre era in formazione. « Certo non escludiamo altre ipotesi », ha dichiarato a Bologna il giudice Velia che guida l'inchiesta, ma a chi ascoltava la frase è sembrata ispirata dalla prudenza e dal riserbo del segreto istruttorio. A trarre in inganno i tecnici della perizia ordinata all'indomani della strage (12 morti e 48 feriti) fu, in realtà, la « posizione » occupata dalla quinta carrozza dell'Italicus, nello scalo tiburtino, in corrispondenza con il sottopassaggio stradale. Adesso i risultati del col. Spampinato della direzione d'artiglieria, invertono l'ottica delle indagini e a Bologna si mostra entusiasmo. D'improvviso la magistratura bolognese sembra credere alle rivelazioni di Aurelio Fianchini che rilancia, nella strage, le responsabilità di Mario Tuti e della cellula eversiva toscana. C'è ottimismo a Palazzo Baciocchi e a 18 mesi dalla notte di Val di Sambro, il giudice istruttore dichiara con convinzione che l'indagine « non tentenna, anzi mostra vigore ». Angelo Velia è un magistrato che non si lascia andare ad apprezzamenti, ma stamane, al termine dell'interrogatorio di Margherita Luddi, la giovane amante di Luciano Franci, si è mostrato soddisfatto e tutto autorizza a credere che l'inchiesta abbia compiuto quel salto di qualità che si attendeva da mesi. Tre ore e trenta minuti di contestazioni serrate non lo avevano fiaccato ed ha voluto egli stesso mettere in rilievo che certo non si aspettava molto da Margherita Luddi, una confessione per la strage di S. Benedetto, ma ha aggiunto: « Tre ore e mezzo di domande e di risposte sono servite a qualcosa ». Si è appreso così che la cura impegnata nel verbalizzare le affermazioni della giovane donna darà, nei confronti e nei colloqui già fissati in ca- Bologna. Margherita Luddi, ascoltata ieri dal giudice per l'inchiesta sulla strage dell'« Italicus » (Telefoto Ansa) lendario, qualche frutto. Il prossimo round sarà con Tuti nel carcere di Volterra e forse anche i silenzi del geometra di Empoli che nel teorizzare la rivoluzione e la « rinascita dello Stato » si dichiara « prigioniero politico » potranno contribuire a fare un po' di luce sull'eversione nera italiana e sui collegamenti con chi ha indirizzato i fascisti toscani sulla strada della strategia del terrore. Aurelio Fianchini, per primo, presentandosi nella redazione romana di un settimanale dopo essere evaso dal carcere di Arezzo, assieme a Luciano Franci e a Felice D'Alessandro, ha chiamato in causa Mario Tuti, Piero Malentacchi, Margherita Luddi e il suo compagno di fuga, Franci. Li ha accusati di aver minato l'Italicus nella stazione di S. Maria Novella ed ha attribuito loro ruoli precisi nell'operazione. A rivelarglieli sarebbe stato proprio Luciano Franci che nel confidarsi con lui si sarebbe attribuito il compito di « operatore a terra », mentre Margherita Luddi e Piero Malentacchi salivano a bordo del convoglio per depositare ed innescare il congegno ad orologeria. Le rivelazioni di Fianchini, in prima battuta, furono accolte con scetticismo dalla magistratura di Bologna. Il dott. Velia temeva di accreditare in qualche modo la versione suscitando, con nuove attese, nuove delusioni. Si era allora alla vigilia di Natale, Mario Tuti era tornato da poco in Italia e si diceva che il suo arrivo aveva provocato molto disagio. Le rivelazioni di Fianchini non apparvero disinteressate: sembravano in realtà la parte visibile di un gioco più complesso e profondo di coperture di chi in Italia aveva deciso di scatenare la strategia del terrore. Né il sospetto di allora oggi si è affievolito: a smentire Aurelio Fianchini potrebbe arrivare da un momento all'altro Felice D'Alessandro, il giovane evaso dal carcere di Arezzo. Fianchini lo ha indicato fino ad oggi come il testimone della confessione di Luciano Franci: anche lui potrebbe smentirlo come ha fatto stamane Margherita Luddi nel confermare al giudice Velia il suo alibi per la notte tra il 3 e il 4 agosto: «Ero in casa dei miei — ha detto — a Reggiolo, nel Casentino». Con il dottor Velia anche Luciano Franci ha negato ma certo non ha potuto non confermare la sua presenza a S. Maria Novella nella notte tra il 3 e il 4 agosto, in veste di «carrellista» postale. La circostanza risulta dal registro degli impiegati presenti quella notte in stazione. Franci, quasi a voler fugare il sospetto, al magistrato ha aggiunto un particolare: «Ricordo — ha detto — che quella notte lavoravo accanto al binario 12, quello dell'Italicus, ma sul marciapiedi era presente la polizia ferroviaria: c'erano stati dei furti e gli agenti erano lì per controllare le operazioni». Francesco Santini