La Montedison cambia diventa una "holding"

La Montedison cambia diventa una "holding"Il gigante della chimica compie dieci anni La Montedison cambia diventa una "holding" Dopo lo scorporo della Montefibre e la cessione all'Iti dell'Alimont, il gruppo completa la ristrutturazione - Sette divisioni sono governate da un "cervello" centrale (Dal nostro iniriato speciale) Milano, 26 gennaio. La Montedison compie in questi giorni dieci anni. La più grossa concentrazione industriale nella storia del nostro Paese, quella tra Montecatini ed Edison, venne infatti «proposta» la sera del 16 dicembre 1965, con un comunicato congiunto dei due presidenti: Giorgio Valerio per la Edison, ideatore dell'operazione, e Carlo Faina, per la Montecatini, che fino all'ultimo era stato tenuto all'oscuro delle trattative. Seguì il 22 dicembre l'approvazione del progetto da parte dei due consigli di amministrazione. L'8 gennaio 1966 Carlo Faina, in un'intervista a «La Stampa», propose per la futura «Montecatini-Edison» un presidente al di fuori delle due società, facendo suo il suggerimento del «The Economist», che, proprio in quei giorni, avanzava il nome di Bruno Visentini, allora vicepresidente dellTri e consigliere di amministrazione della Montecatini. «La nomina di Visentini — scriveva il settimanale inglese — assicurerebbe al governo un certo controllo sulla nuova società, compensandolo della sua diminuita influenza come azio nista, e al tempo stesso rassicurerebbe le centinaia di migliaia di piccoli azionisti delle due società, timorosi che la fusione possa essere eseguita in modo da posporre i loro interessi a quelli dei grandi azionisti». Le cose andarono diversamente, sia per la presidenza della nuova società, sia per la «presenza» del settore pubblico. Nel marzo del 1966 le due assemblee, quella della Edison il 26 e quella della Montecatini il 28, approvarono non la fusione, ma l'incorporazione della Montecatini nella Edison, per godere di agevolazioni fiscali che non si sarebbero potute avere in altra forma. Fu così facile all'ingegner Valerio diventare automaticamente presidente della nuova società (a Carlo Faina fu dato il titolo di presidente onorario, che ha tuttora, ma senza la carica di consigliere di amministrazione). Poi, alla fine del 1968, avvenne l'ingresso in forze nel capitale della società del settore pubblico, con l'Eni, che si affiancava alla già presente Iri. Dopo la fusione, fu questo il secondo di quella serie di avvenimenti che hanno movimentato la vita della Montedison, facendone una protagonista, anzi la protagonista, della vita italiana, non solo economica, di questi ultimi dieci anni. Seguirono le dimissioni di Valerio nel 1970, le due brevi e polemiche presidenze di Cesare Merzagora e Pietro Campilli, la designazione di Eugenio Cefis — allora presidente dell'Eni — da parte di Guido Carli, invocato come arbitro dal sindacato di controllo pubblico-privato della società, il 22 aprile 1971. I fatti più recenti, e non meno clamorosi, sono stati il piano chimico, della fine '71, i l'intesa per la ripartizione dei compiti tra Montedison ed Eni del settembre 1972, ratificata dalla decisione del Cipe del dicembre dello stesso anno, poi la misteriosa «scalata» di un nuovo, e altrettanto misterioso, azionista al controllo della società, nell'autunno 1974 e le dimissioni di protesta contro questa «invasione» da parte di Cefis, nel marzo 1975. Le dimissioni furono ritirate, dopo pochi giorni, in seguito alla costituzione di un nuovo sindacato di controllo — con durata fino all'aprile del 1979 — la cui presidenza fu affidata allo stesso Cefis e che era, ed è, composto dall'Eni e dall'Iri, per il settore pubblico, da Bastogi, Italcementi, gruppo Monti, Sai, Pirelli per il settore privato, più il consorzio Imi - Icipu - Mediobanca, con 45 milioni di azioni da cedere ad azionisti privati. Complessivamente, questo sindacato controlla 280,4 milioni di azioni, pari al 32,17 per cento del capitale. Il restante 67,83 per cento, pari a 591,2 milioni di azioni è diviso tra 230.000 azionisti. Questi fatti «clamorosi» hanno forse distolto l'attenzione del pubblico dagli aspetti più strettamente economici ed operativi della Montedison che, dopo dieci anni di vita e quasi cinque di presidenza Cefis, si avvia a diventare una « holding », ma non una «finanziaria», una società «che si limita a gestire partecipazioni azionarie, a ta gliare — come dice Cefis — cedole e a compiere operazioni finanziarie di vario genere». Invece la «holding», il nucleo centrale Montedison Spa, sarà il cervello delle società autonome che ne costituiranno le braccia operative, definirà gli obiettivi strategici, le grandi politiche gestionali, la ripartizione delle risorse, controllerà l'efficacia con cui gli obiettivi vengono perseguiti, riservandosi anche, in questa «strategia globale» di gruppo, le politiche del personale, della contrattazione sindacale e delle relazioni pubbliche. E' lo stesso processo di decentramento che è in corso in altri grandi gruppi, in base a quella logica di efficienza e razionalità che oggi s'impone per snellirne l'attività. Il lavoro di ristrutturazione alla Montedison e stato portato avanti, finora, lasciando per ultimi quasi tutti i problemi di formalizzazione giuridica, anche a causa della composizione complessa del suo azionariato. «Al limite — dicono in Montedison — ss alla fine i nostri azionisti non fossero d'accordo sulla trasformazione in "holding", noi potremo mantenere tutto come prima sul piano giuridico, e avremo fatto egualmente una radicale trasformazione all'interno della Montedison». Con la creazione, pochi giorni fa (il primo gennaio 1976), della «divisione ricerche», l'ultima delle divisioni in programma, questo lavoro di razionalizzazione si può dire compiuto. Si era iniziato con due grosse operazioni, per le fibre e per gli alimentari. Con la prima, le tre società che operavano nel settore: Rhodiatoce, Chàtillon, Polymer, previa eliminazione dell'azionista straniero, la Rhone-Poulenc, dalla Rhodiatoce, hanno lasciato il posto ad un'unica società, la Montefibre, completamente autonoma. Con la seconda operazione, le quattro società alimentari più grosse del gruppo: Pavesi, Bellentani, De Rica e Bertelli, sono state raggruppate nell'Alimont, il cui pacchetto di maggioranza, una volta riorganizzata la società, è stato poi ceduto all'Iri, «con un notevole utile per noi», dicono alla Montedison. All'interno del gruppo si è proceduto a costituire, o a ricostituire, sette divisioni che sono, oltre a quella già citata per le ricerche, quattro per la chimica (chimica di base, materie plastiche, prodotti per l'agricoltura, prodotti per l'industria), una per i farmaceutici (Carlo Erba e Farmitalia, rispettivamente prima e seconda società farmaceutiche italiane per fatturato, più il 50 per cento dell'Archifar, che per l'altra metà è dell'Eni, e, dicono in Montedison, «è piccola, ma promettente»); e la divisione servizi che, dopo la cessione al 31 dicembre scorso della Società del gas di Milano, municipalizzata, si occupa quasi esclusivamente della gestione degli impianti elettrici (Montedison è il più grosso autoproduttore italiano di energia elettrica, per le necessità dei suoi impianti chimici). Quale sforzo finanziario abbia richiesto questa trasformazione, quale sia la differenza tra le vecchie e le nuove «divisioni» e a che punto sia arrivata la concentrazione della Montedison nella chimica, e la sua specializzazione all'interno di questo settore, cercheremo di vederlo nel corso di questa inchiesta. Mario Salvatorelli fanchpgnclcccdpmzdcnmcfsvis IL GRUPPO NEL 1976 CO | § <=>■ LU | H CHIMICA DI BASE MATERIE PLASTICHE PRODOTTI PER L'AGRICOLTURA PRODOTTI PER L'INDUSTRIA FARMACEUTICI (*) SERVIZI (impianti elettrici) RICERCHE (•) Carlo Erba, Far mi tali a e (al 50%) Archi far. l'cEcdntmttpsmtgn—dfclpmridapq

Luoghi citati: Milano, Montecatini