Musica, slogan (e tanti debiti) dietro le nuove "radio pirata" di Giorgio Lombardi

Musica, slogan (e tanti debiti) dietro le nuove "radio pirata" Sono più di cento, sparse in tutta Italia Musica, slogan (e tanti debiti) dietro le nuove "radio pirata" «Abbiamo in casa i carabinieri, che ci stanno sequestrando gli impianti; siamo costretti a interrompere le trasmissioni, a risentirci presto», «Chiudiamo bottega, ci mandano in ferie». Così, concitate o spiritose, a mezz'ora una dall'altra, le due radio private di Saluzzo — Sperimentale 104 e Nuova Informazione — che avevano da poco iniziato le trasmissioni, hanno annunciato in diretta l'esecuzione del provvedimento di chiusura. Le emittenti saluzzesi seguono la sorte di Radio Gamma di Cuneo, Radiotelemondo Mondovì, della famosa Radiobra Onderosse e di una quarantina d'altre antenne private in tutta Italia. La legge secondo cui vengono fatte denunce e sequestri è la numero 103 del 14 aprile 1975. L'articolo 1 afferma che la radiodiffusione circolare è monopolio dello Stato, che l'ha data in concessione alla Rai. Ma che significa circolare? «Vuol dire che può espandersi liberamente nell'etere, a prescindere dall'area che copre», dicono i funzionari del ministero delle Poste. «Significa a carattere nazionale», ribatte l'avvocato Eugenio Porta di Genova, vicepresidente dell'Associazione nazionale teleradiodiffusioni indipendenti (Anti). «Cioè una trasmissione potenzialmente destinata, anche attraverso una serie concatenata di ripetitori, all'intero territorio nazionale». La libertà d'antenna, invece, secondo l'Anti, nasce dall'articolo 21 della Costituzione, che dice: «Tutti hanno diritto di manifestare il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione». Infatti, una decina di pretori hanno sollevato eccezioni d'incostituzionalità, sulle quali i giudici di Palazzo della Consulta dovranno pronunciarsi. «Ma non lo faranno — dice l'avvocato Porta — perché è in gioco lo stesso concetto di monopolio. Alcune ordinanze non fanno problema di radio locale, ma di legittimità del monopolio. Se l'articolo 1 sarà giudicato incostituzionale, salterà tutto il monopolio Rai. Per parare questo concreto e imminente pericolo, si arriverà a una regolamentazione: in Parlamento è giacente il progetto di legge Simonacci (altri sono allo studio, così che quasi sicuramente si arriverà a un progetto congiunto psi-pri-pli)». L'Anti si sta battendo anche per mettere ordine nelle frequenze di trasmissione: sulla modulazione di frequenza è libera la fascia da 101 a 108 megahertz (da 88 a 101 è occupata dalla Rai). «Al ministero fanno finta di niente, altrimenti significherebbe riconoscere l'esistenza di quelle che loro chiamano "radio pirate"». Così il caos cresce: alcune trasmettono sulla medesima lunghezza d'onda, sovrapponendo le loro voci, altre installano potentissimi ripetitori, altre ancora per ignoranza o negligenza disturbano effettivamente le emissioni Rai. «D'altronde — continua Porta — non si può tornare indietro, le radio continuano a proliferare, per una sequestrata ne sorgono dieci. Anche se non sono 7640 come negli Stati Uniti (o 150 come nella stessa Spagna) qui da noi hanno raggiunto una cifra considerevole». Che cosa spinge i «pirati dell'etere»? Una manìa per alcuni appassionati di trasmissioni via radio; una speculazione commerciale per molti giovani smaniosi di fare soldi rapidamente con la pubblicità («la politica resta fuori, la radio dev'essere un divertimento scacciapensieri»); un'esigenza di controinformazione per gente impegnata in partiti e movimenti, soprattutto della sinistra (dice Dario Fo: «E' il nuovo ciclostile del proletariato»). Tutte, però hanno alcuni elementi in co mune: si basano sul volontariato (nessuno percepisce uno stipendio) e navigano nei debiti. Sognano di autofinan ziarsi con la pubblicità (le tariffe variano da mille a 20 mila lire per «short» di mezzo minuto), ma l'obiettivo non sembra vicino. Dopo la breve illusione delle tv-cavo, stroncate sul nascere dalle difficoltà giuridiche ed economiche («collega¬ Emittente sequestrata a Cuneo re via cavo i televisori di una grande città costa venti miliardi, lo possono fare solo i grandi gruppi economici o politici» dice Porta), ecco sorgere le radio private. I costi sono limitati: una stazione completa, in grado di farsi sentire nel raggio di dieci chilometri, impiantata con materiale di recupero (alcune trasmettono da vecchie cascine), costa meno di cinque milioni, che è il prezzo della sola telecamera per tv-cavo. La prima trasmittente privata italiana fa Radio Parma; che debuttò il primo gennaio 1975. L'iniziativa fu presto imitata in molte altre città. Oggi sono almeno 135 (non è possibile una statistica precisa). A Torino sono quattro. Radio Torino Alternativa, Radio Torino International, Radio Gemini, Radio Torino Superga; una ad Asti, due ad Alessandria, tre a Novara, due nel Vercellese, sette nel Cuneese. Quattro «libere» trasmettono da Genova, tre dalla Riviera ligure di Ponente. Che cosa trasmettono? Programmi musicali, notiziari giornalistici d'interesse locale, qualche spettacolo d'intrattenimento, giochi e quiz, in collegamento telefonico con il pubblico. «Guai a parlar di politica — dice il direttore di un'emittente torinese — sì finirebbe per irritare z partiti. Noi trasmettiamo solo musica, da quella commerciale a quella pop». Come dire che imita Radio Montecarlo, con il disc-jockey che parla con cadenza inglese e s'inserisce a dir facezie durante la trasmissione del disco. Giorgio Lombardi

Persone citate: Anti, Dario Fo, Eugenio Porta, Ponente, Porta, Radio Gemini, Simonacci