Troppi miliardi scaturiti dal nulla

Troppi miliardi scaturiti dal nulla Caso Ovazza: i carabinieri indagano su improvvise ricchezze Troppi miliardi scaturiti dal nulla La sconcertante carriera di Rolando Pelizza: quinta elementare, un negozietto di scarpe, fallisce nel '63, scompare per sette anni e ricompare a Chiari con quadri d'autore, auto fuori serie, ville di lusso - Si dice: "Un prestanome: ma per conto di chi?" - E' amico di un "boss" della malavita - Anna Presutto, titolare di un modesto negozio, si è lanciata all'improvviso in vertiginose speculazioni: aveva gioielli per 75 milioni, che le sono stati sequestrati; avrebbe acquistato un complesso residenziale sulla Riviera - Da dove viene tanto denaro? Perché, in parte, è finito ai rapitori di Ovazza? Il nostro inviato telefona da Chiari: Un signore del Rinascimento, con spiccato interesse all'arte e vocazione al mecenatismo, attaccato alle vecchie amicizie, cordiale, semplice soprattutto, sottolinea chi lo conosce, « buono come il pane ». Trentotto anni, sposato, con due figli, Rolando Pelizza ha alle spalle una vita a momenti difficile e a momenti splendida. Modesto commerciante prima, poi industriale non privo d'intraprendenza e d'intuito, ma travolto dalla congiuntura; quindi, dopo anni di silenzio, all'improvviso uomo d'affari, di rango internazionale: si occupa di società immobiliari, soprattutto, ma si parla anche di altri commerci, e non tutti, si dice, sembrano chiari. Si trova al centro di una girandola di miliardi dei quali ancora non ha dato spiegazioni. Ora è in carcere, coinvolto nelle indagini a tappeto che carabinieri e guardie di Finanza conducono sul rapimento di Carla Ovazza. Una bottega di scarpe a buon mercato, un fondo con pochi scaffali non sempre pieni di merce con l'Ingresso in un cortile del vecchio centro di Chiari era l'unioa fonte di guadagno per la famiglia Pelizza. « Con quella attività non c'era davvero da arricchirsi », dicono in paese. Ma Rolando Pelizza non si accontenta di sbarcare il lunario: ha idee, coraggio, voglia di arrivare. Ricorda il sindaco, Guglielmo Zanini, 48 anni, medico democristiano: « Una certa fortuna la famiglia la ebbe intorno al I960. I guadagni si fecero più consistenti, i Pelizza acquistarono i primi immobili ». Ma al giovane non piaceva l'idea di rimanere dietro il banco a vendere scarpe da poco prezzo. Aveva deciso di diventare industriale, mise su un piccolo stabilimento per calzature di plastica: « Le prime ciabatte stile giapponese fatte in Italia erano quelle uscite dalla sua fabbrica», dicono non senza una punta d'orgoglio in paese. Nello stabilimento venivano anche fabbricate calzature sportive p2r il calcio, il rugby, l'atletica leggera. Già Pelizza sognava i grandi mercati europei. Ma lo stabilimento era stato gestito « spericolatamente », ricorda il sindaco. E quando il vento quasi travolgente dsl boom si affievolì, nel 1963, cominciarono i guai. La congiuntura rappresentò un problema insuperabile. Dice il dottor Zanini: « Fu il crack. Lo stabilimento chiuso e venduto, come vendute, per far fronte alle spesi, furono le due villette che la famiglia possedeva ». In quei giorni, ricordano ancora molti, si parlò di un « buco » di 40 milioni: una cifra enorme allora, ma che oggi non farebbe battere ciglio al disinvolto uomo d'affari. Dopo il fallimento Rolando Pelizza scompare, di lui in paese nessuno sa più niente. Non si sa dove sia stato, non lo dirà mai. A Chiari rimangono soltanto la moglie, 1 due figli e la vecchia madre: vivono, spesso stentatamente, con il lavoro nel negozietto di calzature. Ancora il sindaco: « Riappare all'improvviso verso il 1970. Ed è già ricchissimo. Dove ha fatto i soldi? Nes- suno lo sa. E un mistero altrettanto fitto rimane l'ammontare del suo patrimonio. Impossibile fare calcoli perché quando riprende domicilio in città l'imposta di famiglia è ormai stata abolita ». Rivela un carattere romantico. Per prima cosa ricompra tutte le proprietà che era stato costretto a cedere, e paga, sempre in contanti, senza tirare troppo sul prezzo. Si viene a sapere che è a capo di società immobiliari a carattere internazionale con sedi in mezza Europa, in Spagna, in Germania, addirittura a Panama e negli Stati Uniti. Gli acquisti continuano. Pelizza, che non ha mancato di sottolineare la sua parentela col pittore ottocentesco Pelizza da Volpedo, mette gli occhi su un gioiello di Chiari, la villa dei conti Mazzotti, ma l'erede non la cede, resistendo ad una cospicua offerta. Deluso, ma non rassegnato, Pelizza compra allora la magione dei conti Cavalieri, un palazzo ottocentesco circondato da un parco di 12 mila metri quadrati. La spesa che deve affrontare per sistemarlo sembra che si avvicini molto al 250 milioni. A fianco della villa c'è una altra area, di 14 mila metri quadrati: l'acquista la società « Le Tofane », nella quale Pelizza ha partecipazione concreta. Gli acquisti immobiliari si moltiplicano, le società nelle quali l'uomo d'affari in un modo o nell'altro partecipa sono molto attive. Un parco di cinquemila ettari è comprato in provincia di Cagliari, destinato all'n Ente morale Pelizza », fondato in pieno spirito di mecenatismo e tuttora in attesa di riconoscimento. Anche a Chiari il dinamico personaggio vuol dimostrare il suo affetto. Il sindaco: « Chiese di fare una piscina nella villa Cavalieri e disse che l'avrebbe donata al Comune. Gli risposi che la piscina poteva farla, era suo diritto, ma il Comune tutt'al più l'avrebbe presa in affitto ». Una casa arredata con raffinatezza, auto di gran classe; sono le mete cui è arrivato Pelizza. Ricorda il dott. Zanini: « Una volta che andai a casa sua vidi alle pareti numerosi quadri di autore; Matisse, Cézanne, Picasso. Di questi aveva 14 pezzi e mi disse: "La serie è composta di altri 12 disegni. Sono al museo Del Prado" ». In città girava con una « 124 » ma spesso negli ultimi tempi era alla guida di una fiammante n Ferrari DB ». Suo compagno Inseparabile era diventato frattanto un altro singolare personaggio: Luigi Pighetti, detto « Gringo ». Ancora il sindaco: « Pighetti era stato eletto consigliere comunale per il pei, ma dopo due sedute credo che il partito l'avesse allontanato. Rimase come indipendente ma nell'ultima legislatura non è stato eletto. Neppure lui era ricco, pochi anni or sono, ma negli ultimi tempi ha cominciato a viaggiare molto, ha raggiunto le mete più impensabili. Per scusarsi dell'assenza dal consiglio comunale una volta mi scrisse da Las Vegas, un'altra da Panama ». Ricco e generoso Rolando Pelizza, non ha mai rifiutato, si dice, aiuti a chi gliene chiedeva. Ad un operaio, appena conosciuto, che gli aveva domandato 15 milioni in prestito, fece un assegno avvertendolo: « Me li renderai quando potrai ». Peliaza, dice il sindaco, « a mio parere non è un bandito, tutt'al più è un "uomo di piazza", un paravento alle cui spalle c'è forse un'organizzazione, non so, forse la mafia, forse "Cosa nostra" ». ★ * Sui misteriosi traffici del Pelizza i carabinieri del nucleo investigativo stanno compilando un voluminoso «dossier»: decine e decine di pagine, una documenta¬ zione ricchissima di atti notarili fatture che compendiano una carriera commerciale che ha dello straordinario, degna di un vero e proprio acrobata della finanza. Il cap. Lotti, che con i colleghi Sechi e Olivieri ha girato mezza Italia per ricostruire certi passaggi di denaro, certe compravendite di complessi residenziali, è il primo ad essere stupito: «Tanti miliardi — dice — ed altrettante cambiali, così si può definire Rolando Pelizza. In pochi anni ha messo in funzione un vortice pazzesco di assegni, fidejussioni bancarie, per capire veramente tutto di questo "tourbillon" ci vorrà parecchio tempo ». Il colonnello Schettino, che ha coordinato le indagini, aggiunge: « La vicenda dell'imprenditore bresciano è emblematica di un determinato modo di fare il finanziere d'alto bordo: ha trattato affari per miliardi, senza toccare una lira in contanti ». Da quando è stato arrestato continua a ripetere di non avere nulla a che fare con il rapimento di Carla Ovazza, il silenzio della cella pare comunque che nelle ultime giornate gli abbia riportato alla memoria alcune conoscenze imbarazzanti. « Ila ammesso di aver avuto contatti con Pietro Patti — confermano alla caserma Podgora — e di aver combinato lucrosi investimenti con Anna Presutto e Ernesto Brandestini ». Proprio la «società» con uno dei presunti autori materiali del sequestro lo ha incastrato in una situazione che i carabinieri definiscono « sempre più scomoda ». Un ufficiale confida: n Pelizza aveva un giro di cambiali con il Brandestini, gli ha versato, in differenti occasioni, discrete somme. Il 12 dicembre, quando la signora Ovazza era ancora prigioniera, diede al giovanotto, che, non dimentichiamolo, da oltre un anno era già ricercato per una sparatoria, una cambiale di 2 milioni che fu onorata il 31 dicembre, poche ore prima della liberazione della rapita ». Una sìmplice coincidenza? Al nucleo investigativo pensano di no, garantiscono: « Pelizza ha anche ammesso di essersi incontrato, durante le trattative per il pagamento del riscatto, nel negozio di Anna Presutto di via Saluzzo 57 con Pietro Patti. Da qualunque parte la si guardi, l'intreccio di questi personaggi con Brandestini e comparì, è fitto. Ed il bello è che i rapporti sono continuati fino al rilascio dell'ostaggio ». Sconcertante che un uomo come Rolando Pelizza, un « manager » legato ad un mucchio di compagnie ombra operanti nella 3dllizia, il rappresentante per l'Italia della società panamense « Eflmco », che secondo quanto si legge su tanto di carta intestata dispone di un capitale di 50 milioni di dollari (oltre 30 miliardi di lire), avesse legami con un tipo del calibro di Pietro Patti. Mingherlino, atteggiamenti tranquilli, quasi timidi, conversazione monotona, al Patti non si darebbe alcun credito di « duro ». Ma il cap. Olivieri, che l'ha arrestato a Gaeta, mette in guardia: « Un individuo da prendere con le molle, di poche parole ma molto pratico ». Denominato nella mala « Pierrot, il tunisino », ha dimostrato finora grande abilità a non farsi mai incastrare dalla giustizia. Attivo sulla piazza di Marsiglia negli anni '60, si buscò l'unica condanna della sua carriera, 24 mesi per sfruttamento della prostituzione. Decise allora di cambiare aria, si installò sulla Riviera ligure. Negli archivi dell» stazioni dei carabinieri della zona il suo nome compare spesso. Estate '72, denuncia per rapina ad Alassio, un anno dopo rissa aggravata nel night « West End » di Finale e lesioni personali ai danni del proprietario. Luglio del '74, arresto a Savona perché sospettato di favoreggiamento in un duplice omicidio compiuto da una banda di « tunisini » a Ceriate ed a Finale nello spazio di un'ora. I delinquenti freddarono il titolare del night-club « Giamaica » Filippo Russo, poi fuggirono su una « Bmw ». Nel centro di Finale litigarono con un turista, Franco Cavazzuti, e lo ammazzarono vuotandogli contro il caricatore di una pistola. In galera però Pietro Patti ha fatto soltanto brevi soggiorni, è sempre riuscito a dimostrare di essere innocente. Nell'inverno del 1974 compare a Torino, il cap. Lotti lo annota tra i personaggi fissi del « clan » di marsigliesi e mafiosi che ha il quartiere generale nei dintorni di via Barbaroux e si occupa del contrabbando di preziosi. All'improvviso, secondo gli inquirenti, il Patti se ne va da Torino il mese scorso, trova rifugio a Gaeta dove, come ha appurato 11 cap. Isetti, comandante la locale compagnia, vanta amicizie importanti. Affitta un lussuoso appartamento, conduce una vita da nababbo. Combatte la solitudine con l'aiuto di una graziosa fanciulla, sensibile ai gioielli. Logico credere che un uomo di quer: i razza dovrebbe essere distante mille miglia dal mondo di Rolando Pelizza, 1 carabinieri invece non hanno dubbi: « Patti e l'imprenditore bresciano hanno avuto rapporti d'affari frequentissimi. Che cosa c'è dietro agli investimenti che hanno fatto in comune? Scontate certe affinità elettive tra il Patti ed il "milieu", che cosa avevano da spartire due persone tanto, almeno in apparenza, dissimili? ». Il medesimo interrogativo si pone a proposito di Anna Presutto, 42 anni, vedova, rimaritata con Gaetano Pozzallo e subito divorziata, conduce una vita dispendiosa, chi la conosce bene assicura che subisce il fascino del tavolo verde. Il « Magazzino della plastica » di via Saluzzo 57, venduto poi in parte ad Ettore Carenini, vale parecchi quattrini, ma non tanti da giustificare, a detto degli investigatori, le subitanee possibilità di condurre speculazioni per decine di miliardi. « Trafficava anche in diamanti — spiega il cap. Lotti —, spesso pagava con gioielli gli immobili comperati ». Al momento dell'arresto le sono state sequestrate pietre preziose per 75 milioni. Secondo la confidenza di un alto ufficiale, di recente la Presutto avrebbe acquistato a Ceriale un complesso residenziale per quasi un miliardo. Da dove provengono tutti questi soldi? Che ci facevano nel negozio di via Saluzzo il Pelizza, il Brandestini, e numerosi altri individui coinvolti nel caso Ovazza? Che cosa avevano in comune Anna Presutto, signora dall'alta società, sempre elegante, lngioiellata, abituata a trattative commerciali dove si parla di cifre con nove zeri, con un tipetto come Pietro Patti? Perché continuò a passare denari al Brandestini, latitante dal '74 per la sparatoria della Pellerina? Il magistrato, dott. Livio Pepino, cercherà nella prossima settimana di dare una risposta a tutte queste domande. Se saranno avallate le prove raccolte con certosina pazienza dal Nucleo investigativo, per la prima volta gente apparentemente insospettabile rischlerà di essere inchiodata a un'accusa gravissima: organizzazione di un rapimento. Servizi di: VINCENZO TESSANDORI CLAUDIO GIACCHINO Rolando Pelizza da fallito a magnate - L'amico Pietro Patti, un "boss" - Anna Presutto, altra ricchezza improvvisa