Lungo la "pista del diavolo" non bisogna più avere paura di Giorgio Viglino

Lungo la "pista del diavolo" non bisogna più avere paura Il mito di Kitzbiihel va ridimensionato Lungo la "pista del diavolo" non bisogna più avere paura (Dal nostro inviato speciale) Kitzbiihel, 22 gennaio. Ultima libera, ultimo regalo. Nella corsa ad eliminazione verso i Giochi olimpici siamo arrivati alla tappa conclusiva, la discesa lungo questa pista della Streif sulla quale molti favoleggiano senza mai averla vista, e che non corrisponde, specialmente quest'anno, con discreto innevamento, a quella specie di mostro mangia-uomini che l'agiografia vuole accreditare per i posteri. L'unica grossa difficoltà resta, qui come altrove, la velocità che accorcia tempi di reazione, aumenta a! quadrato le sollecitazioni, al cubo le conseguenze di una caduta accidentale. Ovviamente quando parlo di dillicoltà mi riferisco alla possibilità di sopravvivere. Quanto alla probabilità di beccarsi distacchi abissali se si sbaglia qualcosa, il discorso è diametralmente opposto. Ancorché vecchia come concezione — a mio giudizio è più selettiva la pista di Avoriaz che non questa con tutta la sua classicità — la Streif non ha I soli due o tre punti difficili del Lauberhorn e poi lunghi tratti insulsi. Qui le difficoltà sono abbastanza continue, psicologiche come il - salto del topo » — un volo diritto nel vuoto per un muro del 120 per cento lungo 150 metri — reali come la Steihlhag successiva, il pianetto che porta al piccolo salto tra le rocce, il diagonale tagliato appositamente da gobbe in contropendenza. L'unico tratto facile sono I prati che precedono la fase finale, ma è lì ad esempio dove gli azzurri buscano i distacchi maggiori. Quindi si passa all'Hausberg, secondo salto nel vuoto compreso fra due baite, con curva immediata sulla sinistra, mentre la pendenza del terreno continua verso destra. In definitiva sarebbe un po' come se a Monza ti facessero una curva ribassata invece che rialzata e poi ti obbligassero a prenderla in piena velocità. Il diagonale successivo è complicato da un gobbone che rischiò l'anno scorso di far perdere a Klammer la discesa in fa¬ vore di Gustavo Thoeni, e poi lo schuss interminabile lungo circa un chilometro da tenere In posizione malgrado rotale, cunette, gobbe che lo tagliano In tutti I sensi. La descrizione può sembrare un po' troppo tecnica, ma è bene smitizzare un poco questa pista del diavolo. Alla « mausefall » fermandosi in mezzo alla porta direzionale tutta la punta degli sci sta fuori a sbalzo nel vuoto, ed è vero, all'idea di sbucare fuori in velocità di lì prende uno strano crampo allo stomaco. Per il resto però — e comunque anche questo passaggio ha una variante — la Streif è tracciato da turisti non dico debuttanti, ma appena giunti allo spazzaneve. Questa la pista, ma attorno ad essa nel giorno della gara quasi a trasformarla ci saranno le consuete decine di migliala di persone. Salgono con gli sci da Klrchberg con Impianti veloci e moderni, oppure vanno in quota al mattino presto con la stessa funivia dell'Hahnenkamm che più tardi prenderanno I campioni. Altri risalgono dal basso con bella (istanza e un'ora prima della gara quando si scende con colleghl e tecnici a dar l'ultima occhiata sembra sempre di essere in mezzo a uno stadio gremito al massimo. Ecco, in questa partecipazione dì lolla Kitzbùhel dà non solo la misura di quanto tradizio- ne equivalga a popolarità, ma aggiunge su un plano emotivo una difficoltà in più per I concorrenti. Ivano Corvi che debutta su questo tracciato è emozionato come un bambino eppure è già alla sua quarta libera di Coppa del Mondo, ma quel che è più bello è che persino Gustavo Thoeni ogni volta che parla dell'Hahnenkamm ha una sorta di rispetto-timore. Finora nel corso degli allenamenti nessun guaio grosso ed è bene, perché ritornando al discorso iniziale, per preparare I liberisti alla gara olimpica abbiamo finito per giocarci quasi tutti I migliori. A Val d'Isère sono finiti luori Collombin (carriera finita) e Vesti (ora nuovamente in gara ma senza preparazione adeguata), nessuno a Madonna di Campiglio (ma qualcuno ha scritto « pista da signorine '), Cordtn a Schladming e in parte lo stesso Klammer che corre con una clavicola incrinata, a Garmlsch è toccato a nessuno perché la gara non si è fatta, altrimenti il tracciato è di quelli che promettono bene. A Wengen è stata la volta di Margreiter e Irwin, mentre Read e Grissmann hanno salvato le ossa miracolosamente dopo cadute-monstre. Infine ad Avoriaz fuori Plank. VI ho risparmiato tutti I « blafrani », quelli nominati sono soltanto uomini da primo gruppo effettivo di partenza come punteggio, anche se poi finiscono più Indietro. Il timore, un po' per tutti, è che l'Hahnenkamm bruci ancora qualcuno e allora andrebbero veramente squadre ridotte alla libera olimpica. Sarà perché I liberisti da tempo hanno rinunciato all'Idea dì vincere la Coppa del Mondo, ma qui in questi giorni II discorso è centrato sulle Olimpiadi e soltanto su quelle malgrado ci si giochi anche la combinata col suoi punti aggiuntivi. Sono un terno al lotto, si disputano su piste che hanno validità tecnica limitata, eppure rimangono intatte con il loro lascino. Per questo tutti sono disposti a scannarsi pur di conquistarsi un posto in squadra, ed agguantare l'ultima occasione. Giorgio Viglino

Persone citate: Gustavo Thoeni, Ivano Corvi, Klammer, Plank, Read

Luoghi citati: Campiglio, Monza