Tre diciottenni rinviati a giudizio per la ragazza uccisa in via Roma

Tre diciottenni rinviati a giudizio per la ragazza uccisa in via Roma Conclusa l'inchiesta sulla rapina all'ufficio notarile Tre diciottenni rinviati a giudizio per la ragazza uccisa in via Roma Sono Angelo Lo Fiego, detto "faccia d'angelo", Antonio Macrino e Vito Lorenzo - I due accusatori hanno però ritrattato le loro affermazioni - Manca una prova sicura Tre ragazzi, tutti diciottenni, compariranno in corte d'assise con l'accusa di aver ucciso a scopo di rapina Maria Grazia Venturini, l'Impiegata di 19 anni fulminata con un colpo di pistola nello studio del notalo Rosimi, In via Roma, Il 4 dicembre '74. Sono Angelo Lo Fiego, « faccia d'angelo »; Antonio Macrino e Vito Lorenzo. Il pubblico ministero Marcialite, nel luglio scorso, aveva chiesto il rinvio a giudizio anche di un quarto Imputato, Pasquale Serra, li «barese», ma il giudice istruttore Griffey ha avuto parecchi dubbi sulla sua partecipazione al fatto, e l'ha prosciolto per Insufficienza di Indizi. I tre presunti omicidi sono accusati anche, con altri giovani, di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione di Liliana Rupolo, una studentessa di Cambiano fuggita da casa 11 giorno precedente il tragico assalto all'ufficio notarile, per «tentare un'avventura». Dubbi per Pasquale Serra, dunque, ma anche per i tre ragazzi sui quali incombe l'ergastolo. Il giudice istruttore, dottor Griffey, ha concluso in questi giorni l'inchiesta, portata avanti tra molte difficoltà: confessioni ritrattate, testimonianze false o reticenti, pressioni su testi, minacce. Il mondo della delinquenza minorile è spesso più difficile da penetrare, capire e giudicare di quello della malavita esperta ed organizzata. Due sono i prlnolpali accusatori: la Rupolo e il dipendente di una rosticceria, Antonio Manuppelli, che sarebbe stato avvicinato da Lo Fiego prima della rapina e al quale sarebbe stato proposto un «colpo» simile a quello poi avvenuto in via Roma. Tutti e due, però, hanno ritrattato le loro affermazioni, o, come dice il magistrato, hanno «aggiustato il tiro» delle loro testimonianze. La ragazza, in sostanza, ammette soltanto di essere stata costretta a prostituirsi «per racimolare qualche soldo». Svi pomeriggio del 4 dicembre riferì in un primo momento che Lo Fiego, Macrino e Lorenzo la invitarono ad allontanarsi con un amico, perché loro «dovevano fare un lavoretto in una gioielleria di via Roma». E che più tardi incontrò il terzetto in una rosticceria, e qui venne a sapere che il «colpo» era andato male. E aggiunse che il giorno dopo, leggendo i giornali, «Angelo non rispose, rimase come se avesse preso una botta, anche "Tonino" (Macrino) non rispose e rimase come intontito. Non chiesi loro nulla, perché era fin troppo chiaro per me che erano stati proprio loro». Ma nel corso deU'istruttoria la Rupolo ha cambiato versione, si è irrigidita su una posizione non più accusatoria nei confronti dei tre, anzi quasi difensiva. Lo stesso è accaduto per il Manuppelli, il quale, in quel tragico pomeriggio, udendo le sirene della polizia in via Roma, confidò ad un amico che il Lo Fiego gli aveva proposto di fare una rapina e concluse: «Meno male che non ho accettato, perché con tutte quelle sirene di sicuro c'è scappato il morto o un ferito». Successivamente, però, il teste si è rimangiato tutto. E il magistrato s'è trovato tra le mani una matassa inestricabile di cose dette e contraddette, di ritrattazioni, di prove che perdevano la loro consistenza, di indizi che vacillavano. Nell'agosto scorso, su richiesta dei difensori Conso, Forchino e Auberti, il dottor Griffey ha disposto un supplemento di istruttoria, con nuovi interrogatori degli imputati e verifica dei loro alibi. La verità, però, non è saltata fuori. Sarà la corte d'assise a dire, forse, la parola definitiva su questa vicenda. Angelo Lo Fiego al momento dell'arresto nell'atrio della stazione di Porta Nuova

Luoghi citati: Cambiano