Cia e "questione italiana" di Furio Colombo

Cia e "questione italiana"SULLO SCANDALO L'OMBRA DELLE ELEZIONI AMERICANE Cia e "questione italiana" Le rivelazioni sulla Cia e le sue operazioni sono come la pioggia indiana: un acquazzone che non porta frescura, non cambia il clima e non diminuisce il pericolo dei contagi. Il suo effetto di «purificazione» di solito è fede. Infatti l'immagine di tutti questi agenti colti dal flash di una lampada indagatrice con le mani nel sacco, non tocca certo i nervi di un problema delicatissimo. Molti ricordano, credo, quel curioso libro francese, La réalité dopasse la fiction. In questo periodo — come mostrano film e racconti — la fiction è parecchie misure più avanti. Cioè ha intelligentemente intuito che per ognuna di queste esplosioni (catene di rivelazioni oppure «capo-rete che canta» oppure ex agente che si converte improvvisamente alla verità) c'è sempre sotto qualche altra cosa. E che «quest'altra cosa » non è necessariamente diversa dalla realtà che rivela. E', come insegnano i buoni «gialli», un fatto della stessa natura. Come in una guerra, dove si può scegliere la bandiera, non la qualità delle armi. Ora quello che sta emergendo, per esempio nella stampa francese, da destra (.L'aurore) e da sinistra (Liberation), è che si è scatenata una «guerra di spie». Cominciano infatti ad arrivare (Liberation li pubblica) gli elenchi del Kgb. Vengono a galla le fonti, che probabilmente sono scambi di colpi, per una volta sopra, e non sotto, la linea di galleggiamento delle navi fantasma. E già si parla del ruolo, della attività e dei nomi di altri «servizi», anche europei. Il «caso italiano» però è un poco più complicato. Infatti due questioni si mischiano. Una è il capitolo che ci riguarda nella vicenda «pubblicazione dei nomi», una serie a puntate che coinvolge molti Paesi, e in cui non mancheranno di certo sorprese, oltre le appendici non controllabili. L'altro è lo sgocciolamento di notizie che viene da Washington a proposito dell'intervento negli affari italiani: finanziamenti a partiti e leader politici, possibili infiltrazioni in alcuni giornali. Fra i due capitoli c'è in co- | mune una sigla (Cia). Ma si j tratta di fatti diversi che forse affiorano insieme per caso. Il primo capitolo è — come dire — ordinaria amministrazione. Con le parole di Moravia, si potrebbe ripetere che «il mondo è quello che è». Il secondo capitolo invece è importante perché è politica. Politica americana e politica italiana. Ci dice la nota di Zucconi da Washington (La Stampa di ieri) che un fascicolo, non si sa ancora se di prove o di indizi, sta passando come una patata bollente dal Senato americano alla Casa Bianca. E che mittente e destinatario sono il senatore Frank Church, capo della commissione che indaga sui servizi di «Intelligence», e Gerald Ford. Sappiamo anche il ruolo dei personaggi. Ford, presidente repubblicano, vorrebbe mettere una pietra su tutto. Church, senatore democratico, autorizza a dire che è in favore della pubblicazione. Ma la publicazione, si viene a sapere, non conterrà «indicazióni specifiche». Quali sono le opposte ragioni? Ford dice e fa dire che tutte le notizie raccolte al Senato sono infondate. Secondo le persone che gli sono vicine, «non è passato in Italia né un dollaro né una lira». Ma Ford, oltre che presidente, è candidato alle prossime elezioni presidenziali. Parla da capo dell'amministrazione, impegna la parola del suo governo, oppure fa politica e protegge un partito? Frank Church è uno fra gli uomini più interessanti del partito democratico. Ed è anche l'undicesimo aspirante del suo partito all'ufficio di presidente degli Stati Uniti, cioè un altro candidato. Di lui gli americani ammirano l'accanimento nel far luce sulle operazioni ispirate dal presidente-avversario. Ma gli italiani un po' si stupiscono che dalla sua commissione • trapelino notizie tanto clamorose quanto imprecise. Come in una conversazione mondana, lui, per esempio, parla di «socialisti», fra coloro che avrebbero ricevuto dei soldi. Ma si meraviglia di sentirsi obiettare dai repor- ters che in Italia i partiti socialisti sono due. E non sa più dire quale. La sacrosanta intenzione di fare un'inchiesta può, per qualcuno, diventare calunnia. Questo qualcuno è lontano e forse anche irrilevante, nella logica americana, se Frank Church sta pensando alla sua elezione. Certo è un po' fastidioso che un medico dimentichi in giro le lastre, conosca poco il paziente, nomini prima una malattia e poi un'altra, e una sola cosa si preoccupi di far capire: che questo malato è marcio. Nel toccare certi nervi bruciati del suo sistema Church ha probabilmente reso un grande servizio al suo Paese. Ma gl'italiani vedono la loro immagine in una Polaroid sfuocata, forse perché i riflettori sono puntati altrove. Uomini rispettabili come Church hanno solo due soluzioni: o fanno i mastini, come hanno fatto Ervin e Rodino per Watergate, e allora si spingono in fondo, e per sé non chiedono niente. O hanno problemi di immagine elettorale e allora sarebbe più nobile dirlo. In altre parole: o l'inchiesta o il comizio. Naturalmente noi, gli italiani, potremmo avere il decoro di liberarci subito dallo sgradevole sospetto di essere «usati», aprendo una rigorosa indagine parlamentare, decisi a non guardare in faccia nessuno. Invece resteremo in attesa che il New York Times venga fuori con qualche altra rivelazione, senza sapere se sarà dovuta alla forza della verità o alla necessità elettorale dei candidati. In due situazioni diverse, due Paesi, uno grande e potente, l'altro pieno di speranze ma paurosamente in bilico, hanno forti tensioni, sono scossi dalla incertezza del futuro e dall'attesa delle elezioni. Sarebbe meglio se, in un momento così delicato, non si scambiassero schiaffi a caso, come fanno i clowns nei circhi. I clowns sprizzano a fontanella lacrime finte per le esigenze dello spettacolo. Qui, per noi, è questioi ne di vita, di verità e di sopravvivenza da uomini liberi. Furio Colombo

Persone citate: Church, Frank Church, Gerald Ford, Moravia, Rodino

Luoghi citati: Italia, Stati Uniti, Washington