Perché l'alta moda continua a desistere

Perché l'alta moda continua a desistere Si aprono le classiche sfilate di Roma Perché l'alta moda continua a desistere Una sarta la definisce: "Uno show pubblicitario, ma anche un laboratorio di ricerca di nuove tecniche e stili per tutte le donne ' I pratori Roma, 19 gennaio. I tempi stanno cambiando e anche nel mondo della moda, tuttora ricco di mistero e, in piena crisi economica, addirittura di suspense, c'è una gran voglia di mettere le carte in tavola. Gli addetti ai lavori e coloro che hanno la pazienza o la necessità di seguire queste note ricorrenti, al seguito del folto calendario delle presentazioni di moda, ricorderanno certo il quasi scandalo che destò la stampa francese partita lancia in resta all'attacco dell'Alta Moda. Accadde tre anni or sono: i creatori vennero accusati di coinvolgere stampa, pubblico, compratori in un costoso show pubblicitario, privo d'ogni significato reale ed economico, se non quello dì sostenere, con il prestigio del nome, anche un ben più fortunato prét-à-porter, ivi compresi foulard, profumi, accessori e biancheria. Allora i sarti francesi — ed italiani, anche da noi la domanda tipica: « A chi serve l'Alta Moda? » si moltiplica da anni — ebbero risposte di fuoco, con strascico alla Camera sindacale della Haute Couture e in Parlamento. Oggi il made in Italy e la Haute Couture sono concordi nell'ammettere che è verissimo, l'Alta Moda non si rivolge alla ormai scarsa clientela privata dei vari creatori o a pochissimi qualificati compratori, ma è un modo di essere, una forma di libertà creatrice mediante l'impiego di tessuti, realizzati spesso su disegno e consiglio degli stilisti, mediante i servizi fotografici e le pagine loro dedicate dalle grandi riviste di moda per interessare il mondo al vasto complesso dell'abbigliamento. « Uno show pubblicitario, ma non solo questo — dice Enrica Sanlorenzo —. Alcuni sarti, basti pensare a Valentino, Lancetti, Galitzine, continuano ad avere i loro conine abbiamo anche I noi di fedelissimi, dal Giap- pene e dagli Stati Uniti. Tutto sta ad intendere l'Alta Moda come ricerca pura, come sventagliata di idee, non come stanca ripetizione dei moduli esistenti. Una fabbrica che si rispetti ha o no il suo ufficio studi? L'Alta Moda è il nostro laboratorio di ricerca: per saggiare la vestibilità più ampia possibile, sperimentare la tecnica più duttile o meno costosa ai fini d'un prèt-à-porter sempre migliore, accessibile e rigoroso insieme. Che oggi poche donne siano in grado di rivolgersi all'Alta Moda, è chiaro. Ma ne esistono ancora e sempre ne esisteranno, anche se oggi queste stesse donne vestono moda pronta normalmente. Lo sbaglio è pensare l'Alta Moda come qualcosa ad uso privato o superfluo: allora sì, che è una esibizione a vuoto! ». Tra difficoltà concrete — tardiva consegna dei tessuti, alti costi di manodopera, scioperi ed assenteismo, sfiducia nei destini delle sfilate romane e il loro giro di milioni fra capì e passarella negli hotels — è un fatto che ì sarti presenti a Roma si restringono di numero ad ogni stagione di sfilate. Ora con Ognibene Zendman, con Gregoriana, mancherà Riva, che sfila nel proprio atelier soltanto una. trentina di capi, riservati alla stampa « tanto le sue clienti più valide sono in montagna e comunque non desiderano partecipare a sfilate ufficiali in un momento così delicato, ma anzi farsi vedere il meno possibile ». Il che non è un male in assoluto, se un creatore si sente più agile nel prét-à-porter; l'Alta Moda non è obbligatoria ed è meglio dedicarsi ad una moda pronta che denunciare la propria mancanza di ricerca, quella moda pronta che è il vero obiettivo dell'inquieto, esigente Capucci, del luminoso Miguel Cruz da Centinaro o del rapmoso, rutilante Lancetti. Ma se sembra ormai d'uso versare lacrime sulla presunta agonia dell'Alta Moda non si arresta la marcia di avvicinamento a questa innegabile, prestigiosa pista di lancio che è ancora e sempre la manifestazione romana. I nuovi adepti dell'Alta Moda possono aver fatto il proprio noviziato a Trento come Anna Gaddo, che viene ad accamparsi, tra il lusco e il brusco, in pieno calendario delle manifestazioni, provvista di abiti, idee e vini tipici trentini: o riunire in sé l'abilità sartoriale del Sud al gusto scabro di Torino, come è il caso di Salvatore Roccuzzo. La sua marcia verso la Roma delle sfilate è tuttora d.i aggiramento, perché a Roma vuole venirci con le spalle coperte e vi sta appunto provvedendo la più grossa rivista di moda italiana dedicando otto pagine ai suoi modelli, frutto d'una ricerca testarda fra inediti tessuti ed inventiva. Il momento, insomma è cruciale, coniugando il verbo dell'Alta Moda solo per chi si ferma, per chi non la \ sa inquadrare nel suo vero significato di slancio trainante da imprimere al proprio nome, a quello del prèt-àporter e ad una ricerca globale, che dal capo ultraraffinato faccia approdare ad una moda fornita della più certa vestibilità per ognuno di noi, donna o uomo. Infatti c'è chi afferma che le più grandi novità, proprio in tema di tecnica e di stile, vadano ricercate nel campo della moda maschile, che qui a Roma sfila una volta l'anno per tutto l'anno. Il sarto torinese Ugo Coccoli vi partecipa con oltre settanta capì che rappresentano la più alta produzione tessile italiana, ormai ben nota in tutto il mondo, grazie anche all'inventiva di stilisti come lui, nel giusto mezzo fra tradizione e calibratissima invenzione. Lucia Sollazzo Modello di lana doublé di Agogna nella collezione '76

Luoghi citati: Roma, Stati Uniti, Torino, Trento