Il processo "schedature,, della Fiat di Clemente Granata

Il processo "schedature,, della Fiat Domani a Napoli Il processo "schedature,, della Fiat (Dal nostro inviato speciale) Napoli, 17 gennaio. Prende l'avvio lunedì prossimo alle 9 presso la sesta sezione del tribunale il processo per le «schedature Fiat». Nonostante questo nome, le «schedature», cioè le note informative su comportamenti e, talvolta, tendenze politiche dei dipendenti, non costituiscono oggetto diretto dell'accusa. Prima dell'entrata in vigore dello «Statuto dei lavoratori», anche se il fatto poteva suscitare riserve sul piano morale ed essere contrario ai principi di un'autentica democrazia, l'assumere un certo tipo d'informazioni non costituiva un illecito dal punto di vista strettamente giuridico. Lo è divenuto con l'articolo 8 dello «Statuto» che consente di assumere notizie soltanto sull'« attitudine professionale del lavoratore». Oggetto dell'accusa sono il modo e i mezzi con i quali furono prese quelle informazioni: l'aver indotto pubblici ufficiali a rivelare notizie riservate e l'averli pagati, cioè reati di «rivelazione di segreti d'ufficio» e di «corruzione». L'originaria accusa rivolta all'azienda torinese di aver svolto investigazioni abusive, vale a dire senza l'autorizzazione prefettizia (articolo 134 del T.U. di P.S.), è caduta durante l'istruttoria formale: la norma punisce le indagini compiute per conto di terzi, non quelle svolte per proprio conto. Gli imputati sono cinquantadue (erano 85, ma 32 sono stati assolti con formule ampie dal giudice istruttore, uno è morto). Sono ex alti dirigenti della Fiat, dipendenti dell'azienda, addetti al Sios (Servizio informazioni operazioni e situazione) Aeronautica, sottufficiali e graduati dei carabinieri e della polizia; l'ex capo del Sid per il Piemonte, due ufficiali dei carabinieri, tre funzionari della Questura torinese. Gli alti dirigenti Fiat sono Gaudenzio Bono (difeso dagli avvocati Reale di Napoli e Vassalli di Roma); Umberto Cuttica (avvocato Del Grosso di Torino), Niccolò Gioia (avvocati Gatti di Roma e Botti di Napoli); Antonio Rosa (avvocato Gabri di Torino); Aldo Ferrerò (avvocato Del Grosso) e Mario Cenerino (avvocati De Luca di Roma e Palumbo di Napoli). L'ex capo del Sid per il Piemonte è Enrico Stettermayer; i due ufficiali dei carabinieri Vincenzo Di Masi e Luigi Porcari (erano addetti alla Compagnia Urbana II di Torino e devono rispondere soltanto di violazione di segreti d'ufficio); i funzionari della Questura, tutti ' difesi dall'avvocato Dal Fiume, sono Ermanno Bessone (ex capo dell'ufficio politico), Fortunato Stabile (ex capo di gabinetto del Questore) e Aldo Romano (ex commissario capo dell'ufficio politico). Stabile e Romano sono accusati di «corruzione impropria» (cioè avrebbero ricevuto compensi per atti leciti, anzi dovuti d'ufficio). Gli antecedenti dell'inchiesta sono questi. Nei settembre del '70 un ex dipendente Fiat, Caterino Ceresa, fece causa all'azienda ritenendo illegittimo il suo licenziamento (poi perse la causa e ora si trova tra gli imputati) e rivelò al magistrato di avere svolto attività d'informatore sui dipendenti e sulle persone in attesa d'assunzione. Fu informato il pretore penale che ordinò una perquisizione nei locali di via Giacosa dove il Ceresa aveva lavorato. Gl'inquirenti sequestrarono migliaia di note informative. Poi l'inchiesta passò per «legittima suspicione» alla magistratura napoletana. In via Giacosa c'era l'ufficio dei «servizi generali» della Fiat e a capo di quest'ufficio Mario Cenerino. Egli divenne il personaggio cardine dell'inchiesta. Ex capo del Sios Aeronautica di Torino, Cenerino fu assunto dalla Fiat nel novembre del '65 e dopo due anni assommò alla carica di dirigente dei « sei-vizi generali » quella di «responsabile della sicurezza». Si tratta di un punto fondamentale dell'indagine ed è necessario aprire una parentesi. In alcuni stabilimenti Fiat si fa una produzione protetta dal segreto militare, sino al grado «Nato-segreto». I relativi reparti sono detti «classificati». L'assunzione degli addetti (nel dicembre '71, ultimo dei cinque anni presi in considerazione dall'indagine, erano 24.434), è soggetta a particolari cautele previste in linea generale dal regio decreto legge 11 luglio 1941 n. 1161. L'azienda cioè è vincolata nella scelta dei dipendenti. Deve designare un responsabile per la sicurezza (nel '69 fu appunto il Cenerino) il quale per esercitare le sue mansioni ha bisogno del Nos (nulla osta sicurezza) rilasciato dal Sid. Il responsabile della sicurezza, inoltre, ogni volta che si tratta di assumere una persona deve spedire un apposito modulo al Sid con il nome del designato e la richiesta del Nos. Il Sid prende le in¬ formazioni (avvalendosi in particolare del Sios) e concede o meno il benestare, senza comunicarne i motivi al responsabile della sicurezza. Cenerino svolse dunque una duplice funzione. Come dirigente dei «servizi generali» era legato all'azienda e incaricato di assumere le informazioni sui dipendenti o sulle persone che avevano chiesto di essere assunte (lecite anche oggi purché limitate alla «professionalità» e raccolte senza l'aiuto di organi pubblici); come addetto alla sicurezza era autonomo nei confronti della Fiat e responsabile verso gli organi di sicurezza dello Stato. Svolse in modo corretto tale duplice delicato incarico? Il giudice istruttore ha risposto di no. Dice in sostanza il magistrato che avvenne un ribaltamento delle posizioni e che organi dello Stato furono utilizzati per fini privatistici e distratti dai loro compiti istituzionali. Da controllori divennero esecutori. L'informativa, che avrebbe dovuto tradursi soltanto nel rilascio del Nos senza motivazioni per gli addetti ai reparti «classificati», si estese ad altri settori non tutelati dal segreto politicomilitare. Afferma il magistrato che se la nota era negativa la domanda dell'aspirante all'assunzione era respinta. Aiutarono Cenerino, secondo l'accusa, addetti al Sios, e rappresentanti di carabinieri e polizia che divennero « collaboratori esterni », rimpolpando l'esiguo organico di 23 informatori interni, che il Cenerino aveva alle sue dipendenze come dirigente dei « servizi generali » e che erano in gr-.do « di svolgere appena il 5 per cento del servizio necessario ». La spesa per questi collaboratori esterni fu di circa 27 milioni in cinque anni: ecco le accuse di corruzione e di rivelazione di segreti. E il giudice istruttore sottolinea che questo accadde con il beneplacito delle alte dirigenze. E' la prima accusa che il Cenerino ha respinto durante l'istruttoria. Egli ha sostenuto di aver agito in modo autonomo. Gli alti dirigenti hanno aggiunto di non avere avuto mai il tempo di occuparsi delle mansioni dell'addetto ai « servizi generali ». Secondo punto. Cenerino ha detto in sostanza che non si può parlare di degenerazione della sua attività perché innanzi tutto egli tenne i contatti con gli agenti del Sios durante il loro tempo libero senza distrarli dalla loro attività principale (e ricompensandoli con cifre modeste proprio per il lavoro straordinario). I rapporti (e relative informazioni) con polizia e carabinieri inoltre erano più che doverosi tenuto conto del suo incarico di « addetto alla sicurezza ». Tali affermazioni (che il magistrato ha ritenuto erronee) si sono ascoltate anche dai pubblici ufficiali implicati nell'inchiesta. Quanto alle somme, ha fatto capire l'imputato, si sarebbe trattato di regalie, non tali quindi da integrare il reato di corruzione. Saranno temi che la difesa svilupperà nel corso del dibattimento. E' probabile inoltre che a proposito della « schedatura » essa osservi che non servì per discriminazioni politiche. Proprio durante il periodo contestato — essa sottolineerà — furono assunti moltissimi extraparlamentari che diedero una spinta non indifferente ai sussulti dell'autunno caldo. Clemente Granata