Cinema Nuovo lunga polemica
Cinema Nuovo lunga polemica Cinema Nuovo lunga polemica Guido Aristarco: « Dalla critica cinematografica alla dialettica culturale », Antologia di Cinema Nuovo, Ed. Guaraldi, pag. 903, lire 28.000. Studioso di cinema dai molti nemici, ma di molto onore nel tener fede e sviluppare, attraverso un indefesso lavoro di saggista e cattedratico, i suoi principii marxistico-gramsciani (con ascendenze desanctisiane) applicati al cinema, Guido Aristarco ha messo fuori secondo il suo solito, un volume di gran mole, pauroso, anche in vista, a quanti dissentono da lui, i quali rischiano d'essere schiacciati da una montagna d'argomenti: una Antologia (di cui questo è soltanto il primo volume) di « Cinema Nuovo », la rivistacreatura dell'Autore e, da molti anni, sua trincea di combattimento. Nomen omen: Aristarco non è un nome ascitizio; e qualcosa dell'eroe barettiano (dall'umore celiante in fuori) è passato nelle vene di questo rigido piemontese, aduso, nelle polemiche cinematografiche da lui ingaggia- te a favore del « realismo » (inteso come totale adesione del regno delle ombre all'effettualità politica sociale e filosofica del Paese), prima a darle e poi a prometterle. La sua clava è uno stile asciutto tagliente, costellato di citazioni e rimandi che secernono il succo d'immense letture, talvolta superiori, nell'oggetto, alla necessità dell'assunto. Ma quando non avesse fatto altro che sollevare il cinema, denigrato come « biblia pauperum», a tanta dignità di dissertazione; che raccordarlo, in un discorso vivo, che ci tocca come uomini e non soltanto come spettatori, alle più importanti correnti del pensiero contemporaneo, questo studioso avrebbe già ben meritato della cultura cinematografica. L'Antologia, preceduta da un saggio dell'Autore e inframmezzata da altri suoi, prende le mosse dall'Italia e dal cinema degli Anni Cinquanta, che vide offuscarsi gli ideali civili e artistici espressi dalla Liberazione. Con rigorismo domenicano Aristarco non si perita d'affermare che il '51 fu l'anno del « sì al fascismo », della « restaurazione del cinema nazionalfascista » (e cita i film Carica eroica, Penne nere. Ombre su Trieste, La muta di Portici, Eran trecento e altri simili): naturale effetto della azione di disturbo che il cinema italiano in senso autentico esercitava sulla classe al potere, che vedeva in esso uno degli ostacoli per la salvaguardia dei propri interessi e privilegi. Così il neorealismo si annacqua, si perverte, accede al compromesso. Non diciamo il gusto, che è parola che non gli si addice, ma il temperamento di Guido Aristarco esclude dal cinema ogni idea di divertimento e commestibilità, così come ne esclude ogni capriccio, ogni velleità calligrafica, ogni esercitazione di un intellettualismo bianco, oggetto a se stesso. Non staremo qui a elencare i registi di quegli anni che erano nel suo libro e quelli che no; anche per non far torto al suo discernimento critico che è pregiudicato e tuttavia finissimo, e allora come oggi sapeva apprezzare il talento quando si manifestava. Chaplin, Rossellini, il primo Visconti furono certo tra i suoi « autori »: come in letteratura, dalla quale avrebbe voluto trapiantarli nel cinema, Tolstoj, Balzac, Verga. Perché insomma il cinema (fu questa la bandiera del pugnace periodico) è cosa dell'uomo; dell'uomo collegato alla società, al tempo in cui vive. Alla voce del corifeo corrispondono, con diverse modulazioni, quelle del coro, comprensivo di cineasti critici e saggisti quali Barbaro, Mida, Cosulich, Bazin, Antonicelli, Alvaro, Cajumi, Calvino, Bilenchi, Ragghianti e moltissimi altri, fino a Bassani, Zavattini, Chiarini e Moravia. La compilazione di questa raccolta, che richiama tante battaglie e coinvolge tante personalità, non ha nulla di una vana operazione di nostalgia: è insieme « datata» e contemporanea, per ima quantità di argomentazioni motivi e spunti che staranno sempre a cuore a quanti vedono nel cinema uno strumento di progresso civile; senza che, è proprio del temperamento del compilatore declinare ogni accordo e convertire, come faceva Scannabue, le polemiche occasionali in una polemica perenne. Leo Pestelli
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