Bologna organizza i cittadini di Francesco Santini

Bologna organizza i cittadini Bologna organizza i cittadini In ogni quartiere caccia agli evasori Gli amministratori propongono di formare "consigli tributari" per denunciare chi sfugge al Fisco - Non mancano le polemiche (Dal nostro inviato speciale) Bologna, 14 gennaio. Gli amministratori emiliani hanno dichiarato guerra all'evasione fiscale e, sulla scia dell'ultimo convegno nazionale degli enti locali (a Viareggio, dove è avvenuto lo scontro fra il ministro delle Finanze, Visentini, e i rappresentanti di alcuni Comuni), nascono a Bologna i consigli tributari di quartiere. E' già pronta una bozza di regolamento che ne disciplina l'attività. Una « bordata » di polemiche aspre e convulse ha investito il progetto per il funzionamento di questi nuovi organi sussidiari di accertamento fiscale: c'è chi, sbrigativamente, li ha battezzati «tribunali del popolo », e chi li liquida con giudizi non meno pesanti, definendoli «centri di deiasione e di inquisizione assembleare». Chi li difende, invece, respinge con convinzione le accuse: vede nei consigli tributari un nuovo strumento di partecipazione del cittadino alla vita della comunità e condanna con sdegno l'ipotesi dello «spionaggio fiscale». Elio Bragaglia, assessore ai Tributi nella giunta socialcomunista del sindaco Zangheri, non vede nell'istituzione dei consigli alcuno zelo bolognese. Il suo assessorato è nell'occhio del ciclone ed egli si limita a una constatazione. «Siamo stanchi — dice — di essere considerati i primi della classe; ma quando i Comuni riceveranno le copie delle denunce dei redditi che cosa faranno? Metteranno tutto in archivio, compresi gli evasori, o svolgeranno accertamenti seri e democratici?». Per l'assessore bolognese non vi sono dubbi: le verifiche vanno portate avanti, le denunce analizzate. La scelta, poi, di far partecipare al delicato compito un vasto numero di cittadini non vuol essere soltanto una riconferma della necessità di «una partecipazione democratica» al meccanismo dell'accertamento tributario, ma anche il ricorso a un «metodo originale per sollecitare nuovi apporti al di fuori della ristretta cerchia degli specialisti della materia». «E' in questo spirito — spiega Bragaglia — che i compiti connessi all'attività accertatrice sono affidati ai consigli tributari: dalle segnalazioni all'anagrafe tributaria, alla formulazione di proposte di aumento degli imponibili accertati dall'ufficio imposte». I centri di quartiere divengono, a suo giudizio, i centri* propulsivi di tutta l'attività di partecipazione del Comune all'accertamento dei redditi delle persone fisiche e giuridiche, ma ammonisce: «Nessuna delazione, nessuno spionaggio: chi vorrà fare delle obiezioni dovrà farlo sottoscrivendo nome, cognome, indirizzo: sarà forse questo il metodo per porre fine alle lettere anonime, alle segnalazioni confidenziali che subissano l'ufficio delle imposte e che, com'è giusto, lasciano il tempo che trovano». Nel testo della proposta di regolamento, il compito dei consigli tributari di quartiere appare ancor più ristretto e il ri.olo dovrebbe essere limitato a «coadiuvare» l'amministrazione comunale, alla quale la riforma tributaria riconosce il compito di partecipare all'accertamento dei redditi. «I consigli tributari — dice l'assessore — non ce li siamo certo inventati noi; né ci siamo inventati la pubblicazione degli elenchi dei contribuenti: è la legge che li prescrive e noi, da servitori dello Stato, ne diamo applicazione». Sui consigli tributari in formazione a Bologna, una agenzia economica romana ha diffuso una nota attribuita a «ambienti del ministero delle Finanze». Si fa presente «che organi come quelli studiati a Bologna sono in contrasto con i criteri che hanno guidato governo e Parlamento nella ormai in vigore "mini-riforma tributaria Visentini"». Su questa affermazione l'assessore di Bologna appare caustico: «Mi dispiace — dice — di t-ovarmi su questo punto allineato alle posizioni dell'onorevole Preti, ma, come ha riconosciuto l'autore della riforma tributaria, la mini-riforma di Visentini non ha modificato la legge delega e gli articoli del decreto presidenziale che disciplinano la partecipazione dei Comuni all'accertamento tributario!:. Per Bragaglia è necessario uscire, a questo punto, dalla polemica di parte e ricondurre il problema al merito, così come emerge dalle indicazioni della legge di riforma del '71. C'è il problema dell'evasione fiscale, «è un dramma italiano.), dice, e non pretende di risolverlo, per Bologna, con l'istituzione dei consigli, con gli elenchi affissi nelle bache¬ che dei quartieri, con gli accertamenti assembleari. «E' comunque uno strumento — afferma —, lasciamo che funzioni, che si sappia che la denuncia dei redditi di ciascuno è pubblica, che esiste la possibilità di controllo in un ambiente ristretto e a dimensione umana quale è il quartiere: perché — domanda — accanto alle denunce mendaci, quante sono le persone fisiche che omettono qualsiasi dichiarazione? ». Ha dinanzi a sé la bozza di funzionamento. Sono venti articoli e sottolinea che per ora è soltanto il lavoro di un ufficio studi: «E' ancora lungo l'iter di applicazione — dice — e molti possono essere i punti in discussione: ma parliamone, non condanniamo con superficialità, senza approfondire, senza un dibattito sereno». Esaminiamo la composizione del consiglio, definita dall'articolo 6, che è composto di dieci membri «eletti dal Consiglio comunale fra le persone iscritte nelle liste elettorali del Comune e residenti e operanti nel quartiere stesso». «Certo — commenta — qui bisognerà intenderci: vanno escluse alcune categorie, le composizioni debbono rispecchiare la realtà: ne discuteremo in Consiglio, troveremo un accordo democratico che sia di garanzia per ciascuno». Poi, sulle funzioni dei Consigli afferma: «Il progetto non è definitivo, comunque stabilisce che i consigli provvedano a raccogliere notizie desunte da fatti certi, indica¬ tivi di capacità contributiva delle persone fisiche e giuridiche». Aggiunge che ogni contribuente può segnalare per iscritto dati e notizie relative a quanti abbiano omesso di presentare la prescritta dichiarazione o l'abbiano presentata infedele. Sono questi i due punti destinati a non far scoppiare le polemiche: il primo riguarda la vita delle società; il secondo può offrire degenerazioni nella «vigilanza civica», « ma starà a tutti noi — dice Bragaglia — evitare con una partecipazione democratica compatta degenerazioni e strumentalizzazioni ». Così, a quattro mesi dal convegno di Viareggio dove il ministro delle Finanze affermò di non credere a una fiscalità «populistica e assembleare», i Comuni emiliani cercano una risposta che si annuncia travagliata e difficile. Sembra un primo passo in quel processo di gestione della finanza pubblica al quale gli enti locali rivendicano di partecipare. Lo preannunciava il documento finale di Viareggio, escludendo per i Comuni una capacità impositiva autonoma. I Comuni rivendicavano al contrario la partecipazione piena all'intero processo tributario «rinnovando e democratizzando l'accertamento attraverso l'utilizzazione di tutte le istanze del decentramento, compresi i consigli di quartiere». E a Bologna, quattro mesi dopo, si preparano gli strumenti: un primo passo e, certo, non definitivo. Francesco Santini

Persone citate: Bragaglia, Elio Bragaglia, Preti, Visentini, Zangheri