Incontro con il magistrato che indaga sulla " mafia" dei rapimenti nel Nord di Luigi Rossi

Incontro con il magistrato che indaga sulla " mafia" dei rapimenti nel Nord Da un anno e mezzo ha fra le mani una inchiesta scottante Incontro con il magistrato che indaga sulla " mafia" dei rapimenti nel Nord pE' il giudice istruttore Giuliano Turone, 35 anni, che scoprì la prigione di Luigi Rossi di Montelera - "Il comportamento malioso non può più essere considerato come un monopolio esclusivo della Sicilia, o comunque del Sud" (Dal nostro inviato speciale) Milano, 9 gennaio. Chiedo: «Dove pensa di arrivare, giudice?». Mi guarda con aria interrogativa, poi congiunge le mani e abbassa il capo, come per raccogliere le idee. Non ci sono mete particolari da raggiungere assicura «Ho in mano delle posizioni da istruire, cioè delle indagini ulteriori da portare avanti e lo faccio senza pormi il problema fino a che punto riuscirò a salire. In fondo uno è qui perché fa questo mestiere». Il giudice istruttore Giuliano Turone ha 35 anni, è sposato, alto magro, capelli brizzolati, baffetti, elegante, dinamico. Da un anno e mezzo si trova fra le mani un'inchiesta scottante: le attività della mafia, soprattutto al Nord, ramo sequestri di persona. In diciotto mesi, è stato detto, in collaborazione col sostituto procuratore Gianni Caizzi, ha oCnlallslstemcemcanppdspsncql pottenuto più risultati che la Commissione antimafia in anni perduti di attività. Di più, l'ordinanza che ha depositato alia cancelleria del tribunale lascia già intuire ulteriori sviluppi. Dal documento: «A dispetto del comodo alibi morale di un certo benpensantismo settentrionale, il comportamento mafioso non può più essere considerato come un monopolio esclusivo della Sicilia o, comunque, del Sud: esistono infatti comportamenti collaterali, che sono congeniali e complementari al fenomeno mafioso inteso nel senso tradizionale della parola. Ed in questo senso più lato possono essere considerati un tantino compromessi con la mafia anche certi personaggi che, formalmente, sono del tutto estranei al fenomeno e, magari, parlano con accento meneghino: come quel ragioniere consulente del lavoro che non si preoccupa a , o e ù n : o i o a o ii e, eo e l a di come il suo cliente faccia soldi e tratti la manodopera, ma si limita a considerarne con compiacimento la "solida posizione economica"; oppure quell'ingegnere di Trezzano che, collaborando attivamente in realizzazioni edilizie quanto meno sospette, si mette a posto la coscienza considerando che, in fondo, è solo "un semplice professionista"; o ancora quel sindaco che si mostra tanto servizievole verso il soggiornante obbligato agevolandolo nell'acquisto dei beni immobili...». Turone, in questo caso, si riferisce al «primo cittadino» di Treviglio, divenuto buon conoscente, forse estimatore di don Giacomo Taormina, il «capofamiglia» dei carcerieri di Luigi Rossi di Montelera. Ma l'indagine, condotta in modo scientifico, lascia intravedere, la possibilità per la legge di mettere finalmente le mani anche sui misteriosi pa¬ drini politici. Dall'ordinanza: «I risultati hanno confermato che la mafia riesce a trovare alleanze e compiacenze sia a livello politico sia ad altri livelli». E già si accenna ad un possibile «salto di qualità» dell'inchiesta. E questo porterebbe a colpire ambienti finora considerati intoccabili. E' possibile che l'indagine gli venga strappata di mano? Turone lo esclude: «Il vostro non è un ufficio impersonale, come, per esempio, quello della procura, dove un sostituto procuratore può essere sostituito da un altro. Qui questo rischio non esiste. Se l'indagine coinvolgerà uomini politici? Ma io non miro a qualcosa di definito. Ho una realtà su cui indagare e lo faccio senza pormi problemi». Il successo certo più clamoroso fu la liberazione di Luigi Rossi di Montelera; il giovane industriale torinese aveva passato 120 giorni di prigio- nrdvr nia in allucinanti celle sotterranee. Era il 14 marzo quando il magistrato, che indagava sul sequestro di Pietro Torielli, industriale di Vigevano, e alla ricerca della cella in cui costui era stato custodito, finalmente individuò nella stalla della cascina di strada Calvenzano, a Treviglio, una botola. Scrive Turone: «Sgombrata la stalla dai bovini, si provvede a rimuovere totalmente lo spesso strato di letame che ne ricopre il pavimento, allo scopo di poter effettuare meglio i sondaggi con il martello pneumatico. Tuttavia, mentre si stanno completando le operazioni di rimozione del letame, ci si accorge della presenza di una botola sul pavimento; si trova a ridosso della semiparete che divide la stalla in due distinti settori, proprio in un punto in cui poggiavano le zampe posteriori di uno dei bovini, così che l'occultamento di essa era continuamente garantito dagli escrementi dell'animale. La botola viene aperta e lascia intravedere un cunicolo profondo circa due metri». «Forse ci siamo» pensano gli inquirenti. Il primo a calarsi nel pozzo è il tenente Sbarra, della Guardia di finanza. Dal fondo avverte: «C'è luce che filtra da sotto una porta, c'è un chiavistello, ora lo apro». Attimi interminabili di silenzio, poi il giudice, che già scende, sente la voce dell'ufficiale: «C'è un uomo, qui dentro. Dice di chiamarsi Luigi Rossi di Montelera, quello rapito a Torino». Qual è stata la sua reazione: giudice? Sorride con imbarazzo, poi confessa: «Mi sono detto: Questa poi!... Ero emozionato, ma non c'è stato tempo per pensare ad altro. Ero arrivato nella cella: seduto sulla branda c'era un uomo che teneva il capo basso, non guardava in faccia nessuno. Non credeva che fossimo sul serio inquirenti: in precedenza lo avevano avvertito che gli avrebbero fatto scherzi del genere e lui se la vedeva male, aveva cattivi presentimenti. Poi, quando si fu convinto, mi apparve estremamente lucido, padrone di sé. E' stato interrogato appena possibile, ha fatto subito un lungo e diffuso racconto, non ha mai accusato stanchezza né pregato di lasciarlo riposare». Ben diverso il comportamento di Torielli, che con ostinazione tentò di depistare le indagini, ed arrivò a indicare un giovane. Angelo Carlessi, come suo carceriere. Di Torielli, il magistrato dà questo giudizio: «Il Torielli ha consentito cinicamente che gli elementi indicati a carico del Carlessi si trasformassero in indizi (del tutto fasulli). Il suo comportamento, anche se dettato da un cieco terrore nei confronti dei suoi rapitori, non può trovare alcuna giustificazione». E Turone lo ha mandato alla sbarra a fianco a fianco con i suoi carcerieri. Vincenzo Tessandori

Luoghi citati: Milano, Sicilia, Torino, Treviglio, Vigevano