I deputati tra le baracche dei terremotati del Belice di Guido Guidi

I deputati tra le baracche dei terremotati del Belice Oggi la delegazione Lavori pubblici in Sicilia I deputati tra le baracche dei terremotati del Belice Tenteranno di sapere dove sono finiti i 350 miliardi stanziati per costruire le case ai sinistrati Sono ormai trascorsi otto anni dal disastro • Non è escluso un intervento della magistratura (Dal nostro inviato speciale) Palermo, 8 gennaio. Dalla Valle dei Belice sono scomparsi 350 miliardi: erano destinati alla costruzione delle case che dovevano sostituire quelle distrutte nel terremoto di otto anni orsono (117 Comuni colpiti, nove rasi al suolo, 400 morti e 600 feriti, 90 mil arimasti senza tetto) ed invece sembrano essersi volatilizzati nel nulla. Domani, una ventina di deputati della Commissione Lavori Pubblici vanno a cercarli nella speranza di capire almeno (di trovarli non ci spera davvero nessuno) dove siano andati a finire. Porse sarebbe stato meglio che da Palermo o da Agrigento o da Trapani si fossero mossi i magistrati: ma può darsi (questa, comunque, è la legittima illusione) che l'iniziativa romana, seppure niente affatto spontanea perché determinata dalle con- tinue e costanti proteste di una popolazione costretta a vivere ancora nelle baracche costruite nella immediatezza della sciagura, preceda di poco un interessamento dell'autorità giudiziaria. Quando la notte del 14 gennaio 1968 il sismo sconvolse la zona sembrò che l'entusiasmo e la solidarietà del Paese dovessero risolvere subito ogni problema. Per il prossimo inverno — annunciò subito l'onorevole Mancini — saranno pronte le case in muratura che dovranno sostituire le baracche provvisorie». Da allora invece sono trascorsi otto anni e da allora nulla è stato fatto o quasi. Ovvero: si è pensato a costruire le autostrade e gli svincoli, tanto per citare qualche dettaglio, per cui — come ha sottolineato l'onorevole Sam Quilleri, liberale — sembra di essere a Los Angeles come se nel Belice gli abitanti viaggiassero tutti in Cadillac; si sta costruendo a Gibellina un teatro per cui dovrebbero essere spesi circa tre miliardi e si è progettata una chiesa su disegno di un grande architetto. Le case, invece, o non ci sono o se ci sono hanno l'aspetto fatiscente, con muri che trasudano umidità, con tetti che non reggono la pioggia e con pareti che non proteggono né dal freddo né dal caldo. Alcuni dati statistici sono eloquenti per spiegare la vita di questi ex terremotati, ai quali lo Stato è andato incontro assegnando loro soltanto baracche: il trenta per cento dei bambini nasce con malformazioni cardiache; il novanta per cento, invece, soffre di bronchiti croniche; quasi tutte le donne sono ammalate di reumatismi e gli uomini, in queste condizioni ambientali, invecchiano precocemente. Ludovico Corrao, avvocato, senatore indipendente (si è dimesso da qualche settimana dal partito comunista per contrasti con il segretario re gionale) è molto esplicito nel riferire il giudizio del professor Gaetano Azzolina, al quale, come sindaco di Gibellina, egli manda i bimbi ammalati del paese di cui è amministratore: «Non è necessario un intervento chirurgico, ma sarebbe sufficiente che cambiassero aria, che cambiassero l'ambiente in cui vivono». Le spiegazioni ufficiali non mancano. Sono stati stanziati 350 miliardi per ricostruire il «nuovo Belice» ed ora dopo otto anni lo Stato si trova di fronte ad una situazione che press'a poco è quella che era subito dopo la notte del 14 gennaio 1968: per andare avanti se ne debbono trovare altri quattrocento, come minimo. Che cosa può essere avvenuto? I conti tornano — dicono i responsabili dello Stato —, perché allora non si è temuto nel giusto conto la possibile svalutazione della lira per cui le somme che erano sufficienti nel 1969 non lo erano più l'anno successivo. La giustificazione potrebbe sembrare plausibile, ma è soltanto apparenza, se si scende un poco in profondità. Il parroco di Santa Ninfa, don Antonio Riboldi, milanese, da molti anni in questa zona, non ha mai parlato sotto metafora. E' dal 1973 che va ripetendo sempre le stesse cose e con lo stesso tono. «Dobbiamo usare un eufemismo? — dice —. Allora parliamo di vergogna, di sperpero e di cattiva amministrazione. Ma se invece vogliamo usare termini più concreti, allora bisogna ricordarsi che esiste un codice penale e che bisogna applicarlo. Nel Belice — aggiunge, e finora, in verità, nessuno lo ha mai smentito s'è rubato a piene mani». Lodovico Corrao parla lo stesso linguaggio o quasi: «La maggior parte di quei 350 miliardi — è la sua tesi — sono stati spesi in progetti, in affitto di alloggi per chi doveva studiare questi progetti e poi per restaurare chiese e monasteri che, in verità, potevano anche attendere». Cita un episodio abbastanza sintomatico: ad Alcamo, dove abita il senatore, sono stati concessi 232 milioni per il monastero «Angelo Custode» che avrebbe avuto danni dal terremoto. «Sennonché — commenta Ludovico Corrao — ad Alcamo il sismo non è arrivato affatto». Il bilancio e la situazione di fronte ai quali domani si troveranno i venti deputati della Commissione lavori pubblici, sono, a dire poco, disastrosi. Dopo il terremoto avrebbero dovuto essere costruite non meno di 2300 abitazioni, mentre altre 80 mila avevano bisogno di essere restaurate. Ad occhio e croce le case nuove non sono più di 230: per il resto gli ex terremotati sono costretti in baracche dove manca tutto. I parlamentari, arrivati oggi a Palermo con alcune ore di ritardo sul programma, perché bloccati a Fiumicino dallo sciopero dell'aeroporto, domani andranno in giro per la Valle del Belice. Anche se sospinti dalla maggiore buo na volontà, potranno vedere poco o nulla: passeranno per il paese e per le zone dei baraccati a volo d'uccello. Sabato, poi, si incontreranno a Partanna con tutti i sindaci per raccogliere le loro lamentele e le loro critiche. Infine torneranno a Roma portandosi dietro soltanto impressioni. I terremotati del Belice non si fanno, anche questa volta, grandi illusioni: ed hanno certamente ragione. Guido Guidi Gibellina. I terremotati del Belice vivono dal 1968 in squallide baracche (Telefoto Publifoto)

Persone citate: Antonio Riboldi, Dalla Valle, Gaetano Azzolina, Lodovico Corrao, Ludovico Corrao, Mancini, Sam Quilleri