La leggenda della contessa

La leggenda della contessa CRONACA DEGLI SPETTACOLI ALLATELEVISIONE La leggenda della contessa Il mito della Castiglione, da Gozzano al video, con la Kustermann - L' "Otello" di Karajan Guido Gozzano, da autentico poeta qual era, ci ha consegnato un'immagine folgorante della Castiglione: «... come quella Contessa Castiglione — bellissima, di etti si favoleggia —. Allo sfiorire della sua stagione — disparve al mondo, sigillò le porte — della dimora, e ne restò prigione. — Sola col tempo, tra le stoffe morte, — attese gli anni, senz'amici, sema — specchi, celando al popolo, alla corte — l'onta suprema della decadenza ». Sono nove versi che sono stati giustamente definiti splendidi per concisione, forza di immagini, drammaticità e senso di disperazone. In nove endecasillabi Gozzano ha intuito molto, ha descritto tutto. Noi ci saremmo fermati qui, ma la tv, che, come un can da tartufi, infila il naso in ogni buco della storia, ha voluto rivedere le bucce pure alla mitica « Nicchia » e con uno sceneggiato in due parti ci ha offerto un racconto sull'«onta suprema della decadenza», testo e regia di Dante Guardamagna. Gli intenti — ammesso che si sentisse il bisogno di una operazione del genere — erano di analizzare questa leggendaria figura di bella donna che andò a letto con Napoleone III per far piacere (politicamente parlando) a suo cugino Cavour, e di ricostruirne l'epoca e l'ambiente in una dimensione da Risorgimento trasferitosi nelle alcove. Ma il tentativo di uscire dal romanzo non ci è parso riuscito: gira e rigira, nonostante la sua indubbia chiave critica e il suo sforzo, apprezzabile, di allargare e dettagliare il quadro storico, lo sceneggiato è ricascato molto sovente negli schemi del nobile fumettone, con un piglio e uno stile da vecchia e accurata produzione televisiva confezionata per la domenica sera (un vantaggio: due sole puntate contro le cinque o le sei o le sette di una volta). Non si sono potute evitare sequenze di una teatralità esasperata come quando — ci riferiamo alla trasmissione di ieri — il marito, prode ufficiale, che non aveva mai sospettato di nulla, veramente ultimo, ultimissimo a sapere che la propria consorte s'era coricata con l'imperatore dei francesi, viene informato dell'incresciosa verità dallo zio generale Cigala, che con i ciuffi bianchi ai lati della pelata sembrava un po' il sor Pampurio vestito da stratega: ed eccolo 11, il marito, coperto di medaglie, che crolla a singhiozzare, e il generale che gli dice: « Ragazzo mio, devi capire... », e gli rivolge cautelose espressioni di circostanza; via, si calmi, non è il caso di inquietarsi, tutti credevano che lui sapesse, e poi era una faccenda autorizzata, la signora sollazzava il sovrano con l'approvazione di Cavour, di re Vittorio... insomma, corna sì, ma per il bene della patria., dell'unità d'Italia... E subito dopo vediamo il marito, che adesso finalmente « sa », tornare a casa e, trovato il bambinello in giardino, esclamare: «Questo non è mio figlio! No, no, non è mio figlio! », e la moglie, offesa: « Sì che è tuo figlio! », e la governante, presa in mezzo alla baruffa, è lì, che assiste, imbarazzatissima. Sullo sfondo, il cugino Cavour, massiccio, con l'aria di un professorone ruminante, che ad un certo momento sbotta e augura un attentatore a Napoleone III, e si scalda pure nei riguardi di re Vittorio cui manca poco che dia del povero balengo... In primo piano, il volto paffuto ma desolato della contessa fin troppo presaga della sua triste, famosa decadenza. C'è da riconoscere che il copione non indugiava e che la regia favoriva tale dignitosa scorrevolezza. Recitazione così e così, da sceneggiato in costume ottocentesco, cioè corretta ma decisamente convenzionale. Citiamo Manuela Kustermann, Roberto Bisacco, Renato Mori, Luciano Melani. (A proposito di recitazione, scusate la parentesi, ma se volete vedere e sentire degli attori muoversi a dovere, non perdetevi, stasera, «L'arte della commedia» di Eduardo De Filippo). Sul secondo canale, un'edizione televisiva dell'Otello verdiano prodotta in Germania, con direzione e regia di Von Karajan e con un cast di prim'ordine, collaudato in numerose rappresentazioni, e in una versione discografica; Vickers tenore, la Freni e il baritono Glossop. Su Una vampata d'amore dell'altra sera c'è da dire che il film è apparso notevole, sia pure a distanza di parecchi anni e inscatolato nel rettangolo del video: una sorta di cupo tragico grottesco accentuato dal violentissimo contrasto dei bianchi e dei neri. Non ci pare, da quel che possiamo ricordarci, che siano stati effettuati tagli sulla copia presentata quindici o sedici anni fa in Italia. Al pubblico, in mezzo al quale l'abbiamo visto, il film è in genere piaciuto: ma sull'affermazione del critico Sadoul: « Una delle più belle opere di Bergman » le perplessità sono state molte. u. bz.

Luoghi citati: Germania, Gozzano, Italia