Per salvare l'Università si punta su docente unico e tempo pieno

Per salvare l'Università si punta su docente unico e tempo pieno I sindacati confederali esaminano la situazione Per salvare l'Università si punta su docente unico e tempo pieno Secondo i rappresentanti di Cgil, Cisl e Uil le disposizioni urgenti iianno fatto più male che bene - I concorsi non annullano le ingiustizie - Contrattisti e assegnisti "paria" dell'Ateneo Croce addosso ai provvedimenti urgenti dell'Università anche da parte dei sindacati confederali Cgil, Cisl e Vii: i motivi principali sono la lentezza dell'applicazione e soprattutto la mancata conseguente riforma degli Atenei. I giudizi sono duri e lasciano poco spazio alla speranza. Afferma il prof. Coluccia, Incaricato di Chimica, rappresentante della Cgil: « Fin dall'inizio abbiamo previsto il fallimento che si è puntualmente verificato. Il maggior rifiuto era, ed è, per la riapertura del concorsi a cattedra, uno dei principali ostacoli al rinnovamento della didattica e della ricerca, perché ricalcano i vecchi metodi di selezione, senza peraltro dare nuovo ossigeno ». A complicare il tutto ci sono « i tempi lunghi di attuazione e la composizione, rinnovata soltanto in apparenza, delle commissioni giudicatrici (ora le scelte vengono fatte per sorteggio anziché per elezione) che ha lasciato inalterate le alleanze fra i vari gruppi ed i relativi patteggiamenti, a scapito di un giudizio oggettivo dei titoli scientifici dei candidati ». Parere negativo anche sull'assegnazione degli incarichi. Secondo il prof. Zecchina, docente di Chimica, Cgil « la nuova disciplina aggrava la situazione, in quanto favorisce chi già dispone di uno spazio stabile nell'Ateneo e taglia fuori i giovani ». In questo modo « si arriva ad un invecchiamento rapido dei quadri del personale docente ». Oggi l'età media supera i 40 anni, cioè va oltre il livello di maggior attività e rendimento: « Siamo tutti più vecchi ed è triste non vedere le nuove leve che ci possano sostituire ». Confermano questa tesi Tempestini e Marra « contrattisti » a Scienze Politiche che rappresentano la UH: « La situazione è drammatica. I contrattisti e gli assegnisti lavorano come possono, senza attrezzature, senza possibilità di qualificazione che lasci prevedere uno sbocco nell'Università. Parecchi, poi, abbinano l'attività accademica che li impegna poche ore la settimana con la libera professione. Questo accade a Medicina, a Legge, in alcuni corsi a carattere scientifico. Una soluzione che potrebbe anche essere comprensibile viste le magre retribuzioni, ma che lascia spazio ad ingiustizie ». Perché," tra l'altro, nelle facol- ta umanistiche, per i « precari » è diffìcile arrotondare lo stipen- dio. Chi, ad esempio, aveva un incarico nella scuola media ha dovuto lasciarlo per incompatibilità in quanto avrebbe percepito un doppio assegno statale ed ora si trova senza vie d'uscita, senza la previsione di un lavoro stabile e dignitosamente retribuito. Aggiunge Coluccia: « Occorre poi tenere presente una serie di problemi che riguardano il perI sonale non docente, l'edilizia, il : presalario. Manca ad esempio un I piano nazionale per nuovi Atenei, ! per lo sviluppo degli organici am- i ministrati!)!, senza il quale e cer ! ta la paralisi degli uffici ». I Dario Rei, contrattista, rappre sentante Cisl, vede il problema dell'Università risolvibile soltanto se inserito in un'ottica che non riproponga la divisione tra tipi di docente: « Occorre una chiarificazione fra le diverse funzioni, in un quadro normativo e retributivo di perequazione ». Critico, ma più ottimista dei colleghi, Darlo Rei ritiene che « i provvedimenti urgenti non abbiano aggravato la situazione dell'Università, anche se hanno favorito il docente tradizionale e non hanno risposto alla domanda sociale ». Li vede come un allacciamento fra le norms passate ed una futura riforma. « Soltanto quando questa sarà concretata si potrà dire se le norme urgenti erano da respingere in blocco o soltanto in parte ». Confessa tuttavia la sua preoccupazione: « Sono passati due anni, l'applicazione va a passi da lumaca, di riforma non se ne parla. E questa pare già una scelta negativa da parte di chi dovrebbe invece preoccuparsi di ridare efficienza all'Università ». Secondo il prof. Zecchina il riflesso immediato e più deleterio dei provvedimenti urgenti « è stato quello di impedire l'allargamento dell'organico, rendendo il consiglio di facoltà incapace di impostare e di svolgere la didattica. La capacità di lavoro sta diminuendo paurosamente, è perfino impossibile spendere il denaro per la ricerca interdisciplinare ». Fra tante nere dichiarazioni uno spiraglio di luce. Riguarda gli organi di governo dell'Ateneo. A differenza del Cnu (Comitato nazionale universitario), 1 confederali sono concordi nel riconoscere un miglioramento: « Il consiglio di amministrazione allargato ha svolto una buona mole di lavoro in accordo con le commissioni di studio che hanno elaborato soluzioni edilizie, di ristrutturazione degli istituti e migliorato ì rapporti con gli enti locali ». Si spera che l'apporto di nuove forze, in futuro, riesca a completare i lavori impostati, a superare situazioni locali. Ad esempio ristrutturazione del personale amministrativo con il riconoscimento delle carriere, impostazione dei concorsi per i non docenti e per i precari adeguamenti economico-normativi che non li releghino fra i «paria» dell'Ateneo. Ma si tratta di briciole, in confronto al vero problem,'. La conclusione per i confederali: « Occorre arrivare al più presto ad una soluzione, chiamiamola riforma o come sì vuole, le etichette non c'entrano, che dia il tempo pieno, i dipartimenti, il docente unico ». Maria Valabrega llllMilllW tllllllllllll IliMIIIIlMIIMllMI

Persone citate: Coluccia, Dario Rei, Maria Valabrega, Marra, Tempestini, Zecchina