A giudizio 30 mafiosi (compreso liggio) per i rapimenti di Montelera e Torielli di Marzio FabbriLuigi Rossi

A giudizio 30 mafiosi (compreso liggio) per i rapimenti di Montelera e Torielli L'indagine giudiziaria a Milano salì' Anonima sequestri» A giudizio 30 mafiosi (compreso liggio) per i rapimenti di Montelera e Torielli Tra gli imputati principali anche un sacerdote, don Agostino Coppola che, dice la sentenza, "teneva relazioni con gli ambienti della politica e del sottogoverno" - Come furono impiegati i 1700 milioni del riscatto del Torielli (Nostro servizio particolare) Milano, 7 gennaio. Trenta mafiosi sono stati rinviati a giudizio oggi dal giudice istruttore dott. Giuliano Turone alla fine dell'inchiesta sull'attività dell'«Anonima sequestri». Con loro dovrà comparire sul banco degli accusati, per rispondere di falsa testimonianza, anche l'industriale di Vigevano Pietro Torielli junior, rapito il 18 dicembre 1972 e rilasciato nel febbraio seguente dopo il pagamento di un miliardo e 750 milioni di riscatto. L'istruttoria, oltre che del rapimento Torielli, si è occupata dei sequestri di Luigi Rossi di Montelera e dell'industriale oaseario di Lodi Emilio Baroni. Per questi fatti sono finiti in carcere, col «boss» Luciano Leggio (detto Liggio) i suoi luogotenenti Giuseppe e Ignazio Pullara, Nello Pernice, Giuseppe Tigone, Antonino e Gaetano Pullara. Per la prima volta una indagine giudiziaria è riuscita a risalire tutti i gradini dell'organizzazione mafiosa fissando i" rapporti tra l'«Anonima sequestri», Don Agostino Coppola, nipote di «Frank Tre Dita» e una serie di «padrini» politici. Spiega il giudice istruttore: « Nel quadro dell'associazione per delinquere don Agostino Coppola è un personaggio di primo piano, che non a caso risulta tenere personalmente i contatti con la "centrale" di Milano (Leggio e i suoi luogotenenti Pullara e Pernice). E' lui, fra l'altro che tiene relazioni con ambienti della politica e del sottogoverno. In casa sua è stata infatti sequestrata una documentazione che testimonia di questa funzione svolta dal prete: vi è, fra l'altro, il carteggio fra lui ed alcuni sottosegretari e segretari particolari di questo o quel ministero che mostra come il Coppola, galoppino elettorale di un autorevole esponente del potere politico siciliano, sia stato al centro di manovre clientelari ». Per gli inquirenti è stato difficilissimo scoprire la ragnatela di complicità e di silenzi che hanno permesso aH'«Anonima sequestri» di operare e prosperare in alta Italia: ora, dopo quasi tre anni di lavoro, i risultati sono clamorosi. Per sedici persone il rinvio a giudizio è per associazione a delinquere. Si tratta dei fratelli Michele, Francesco e Calogero Guzzardi, Giuseppe Ciulla, i fratelli Salvatore e Giuseppe Ugone, i fratelli Francesco. Giuseppe e Giacomo Taormina, Luciano Liggio. Gaetano Quartararo, Giuseppe Pullara e il nipote Ignazio Pullara, i fratelli Domenico e don Agostino Coppola, infine Nello Pernice. A dieci di loro è contestata la partecipazione al sequestro di Pietro Torielli. Secondo il giudice i fratelli Guzzardi sarebbero stati gli intermediari nelle trattative con la famiglia del rapito; i Taormina avrebbero fornito la cella per la detenzione del Torielli, la cascina di via Calvenzano 23 a Tre viglio; infine Ciulla, i due Ugone e Liggio avrebbero « ricoperto ruoli non esattamente precisabili». A queste persone l'inchiesta è giunta malgrado le deposizioni di Pietro Torielli che (spiega il dott. Turone) ha mirato « solo a boicottare l'istruttoria ». Di qui l'incriminazione per falsa testimonianza. Ben diversa la collaborazione fornita agli inquirenti da Luigi Rossi di Montelera, liberato il 14 marzo 1974 da una cella sotterranea nei pressi di Treviglio in cui era rinchiuso in attesa che la famiglia pagasse il riscatto. Per questo sequestro sono stati rinviati a giudizio i tre fratelli Taormina, custodi della prigione, Giuseppe Ugone, primo carceriere a Moncalieri, don Agostino Coppola, che tenne i contatti con la famiglia e ancora Francesco Guzzardi, Liggio e Giuseppe Pullara, dai ruoli indefiniti. Dalla deposizione di Montelera si è aperta una nuova fase di indagini. Attraverso le bottiglie di champagne rinvenute a Treviglio si è giunti ad una enoteca di Milano, appartenente a Giuseppe Pullara ed al nipote Ignazio. Controlli telefonici hanno permesso di accertare contatti col latitante Giuseppe Ugone e Giuseppe Ciulla, con un arrestato, Antonino Quartararo, e con un misterioso principale, « zu Antonio » (in realtà Luciano Liggio). I carabinieri di Torino, attraverso un gesuita di Palermo, sono riusciti a risalire a Don Agostino Coppola. A lui e al fratello Domenico sono state trovate banconote provenienti dal riscatto di Emilio Baroni. Le indagini successive han- no accertato numerose operazioni bancarie e immobiliari attraverso le quali gli imputati hanno « riciclato » o investito i soldi del riscatto Torielli: 550 milioni, oltre a stabili e ville a Vigevano, Trezzano sui Naviglio e a Vacarizzo (Catania). Quest'ultima villa, col relativo terreno, risultano acquistati da Liggio attraverso Giuseppe Ugone, Antonino Quartararo, il fra¬ tello Gaetano e Giacomo Conigliaro. Dal documento si ricava in sostanza che al vertice dell'organizzazione della banda che eseguiva i sequestri c'era Luciano Liggio, il quale trasmetteva le indicazioni operative ai vari luogotenenti e in particolare teneva contatti con Giuseppe ed Ignazio Pullara, titolari dell'enoteca di viale Umbria a Milano. n « La presente inchiesta — è detto nella sentenza di rinvio a giudizio — costituisce un primo imperfetto tentativo di radiografare un'organizzazione mafiosa colta nel suo concreto operare. I risultati hanno fra l'altro confermato che la mafia riesce a trovare alleanze e compiacenze sia a livello politico sia ad altri livelli ». Marzio Fabbri Luigi Rossi di Montelera, a destra, e il mafioso Luciano Liggio (Foto Centro di documentazione « La Stampa »)