Dibattito e polemica dei 150 preti operai di Francesco Santini

Dibattito e polemica dei 150 preti operai Il terzo convegno nazionale Dibattito e polemica dei 150 preti operai "La Chiesa ufficiale affossa il Concilio" - Invitati il vescovo d'Ivrea Bettazzi e il cardinal Pellegrino hanno inviato 2 lettere (Dal nostro inviato speciale) Serramazzoni, 3 gennaio. L'Internazionale, intonata con voci basse e profonde, ha aperto questa sera a Serramazzoni, nell'Appennino modenese, il terzo convegno nazionale dei preti-operai italiani: 150 uomini, travagliati e inquieti, al confine tra classe operaia e Chiesa, a interrogarsi, con verità e franchezza, su quale sia il ruolo di chi ha lasciato le linee indicate dalla gerarchia ed ha scelto la fabbrica e il cantiere non per evangelizzare secondo i canoni appresi sui banchi delle facolta di teologia, ma per riscoprire, nel mondo del lavoro, il messaggio cristiano. Si entra nella sala del convegno e l'ambiente è quello di una mensa aziendale: pareti spoglie, tavoli in formica gialla. Su una lavagna, il tema del dibattito, tracciato col gesso. Al tavolo della presidenza. Angelo Piazza, 28 anni, prete-operaio della Salvarani di Parma. Legge la relazione introduttiva della segreteria nazionale e subito spiega che quest'anno la discussione sarà centrata sul binomio «Evangelizzazione e promozione umana», ma aggiunge, con tono severo, che il tema ha una premessa necessaria: la lotta «contro l'uso antioperaio della fede nella crisi attuale». Il dibattito si preannuncia intenso. La relazione di Piazza tocca il nodo dell'impegno pluralistico dei cattolici nella società e la sua analisi mostra, senza mezzi termini, con punte di radicalismo esasperato, che i preti-operai rappresentano oggi la dissidenza più macroscopica all'intero della Chiesa. Né appare prevedibile una rapida inversione di tendenza. L'assemblea, pur divisa, ha accettato per domattina la presenza a Serramazzoni del vescovo di Gubbio, mons. Pagani, che ha chiesto a nome della Conferenza episcopale italiana un «contatto permanente» con i preti operai, ma dal clima registrato stasera è molto probabile che il rappresentante della Cei, qualora venga a Serramazzoni, rinuncerà a prendere la parola. Si limiterà quindi ad ascoltare. Un invito esplicito della segreteria nazionale dei preti operai era stato, al contrario, rivolto al cardinale Pellegrino e al vescovo di Ivrea, Bettazzi. Il primo ha risposto che sarebbe intervenuto «molto volentieri» ma (de mie condizioni di salute non mi consentono di essere presente»; il secondo ha preferito non essere a Serramazzoni perché ha spiegato che è più utile ai preti operai un «contatto istituziorìale con la Cei». In una lettera alla segreteria ha aggiunto: «Proprio perché credo alla vostra funzione, non solo a vantaggio della classe operaia, ma in rapporto alla Chiesa stessa, ritengo che un contatto anche istituzionalizzato con la commissione episcopale, mentre può consolidare la vostra posizione, specialmente per quelli delle zone più difficili, possa aiutare maggiormente la Chiesa a prendere sempre più coscienza delle situazioni reali e ad avviare un dialogo sempre più concreto con tanta parte della nostra gente». Quella di Piazza è sembrata, stasera, una durissima requisitoria contro la Chiesa ufficiale, che ancora non ha chiarito, a suo giudizio, dove si localizza in rapporto alle classi oppresse. Piazza ha accusato la gerarchia di essere rimasta su posizioni quarantottesche e si è domandato di che cosa vuole essere oggi la Chiesa «coscienza critica», quali sollecitazioni profetiche può offrire se l'unica linea maggioritaria sostenuta in questi anni è stata quella «dell'affossamento dei germi posti dal Concilio per un ritorno a posizioni integraliste da pre-Concilio». Per la segreteria nazionale dei preti-operai, le recenti prese di posizione di Poletti, di Pagani e del Consiglio permanente della Cei, non sono suggerite da preoccupazioni evangeliche, ma piuttosto da motivi «molto più concreti e politici». «Perché la Chiesa si accanisce così tanto sul confronto ideologico, sulla salvaguardia dei principi, senza prendere posizione netta — si è domandato Piazza — senza incoraggiare i cristiani alla trasformazione dell'attuale società resa ogni giorno più ingiusta da uomini che continuano a scegliere in senso contrario alle esigenze dei poveri, dei disoccupati ». L'accusa dei preti-operai spazia in settori molto ampi. Giudica l'«intellighentia» ecclesiastica incapace di analisi precise e complete che tocchino il profilo economico, politico e culturale della società, e ricorda che «la storia complessivamente intesa e non la dottrina salva l'uomo». Imputa alla prassi ecclesiale la resistenza a separarsi dai moduli della società agricola dei secoli scorsi e di non aver recepito il senso rivoluzionario per l'assetto sociale del processo d'industrializzazione. Altro errore: aver perso an¬ cctlnzes«pdolsnpssdnntpstctcpsmcasrdbs che un contatto «mediato» col mondo del lavoro. Ha citato la vicenda delle Acli, la loro nascita ambigua di «freno politico»; la loro maturazione, «fino a raggiungere per evoluzione propria l'ipotesi socialista», la sconfessione «incomprensibile» infine da parte della gerarchia. Per la segreteria nazionale dei preti-operai è necessaria oggi una distinzione netta tra le ideologie e i movimenti storici che da essa scaturiscono. «Noi non riusciamo a capire — ha osservato Piazza — sia i dogmatici del marxismo, sia la posizione altrettanto dogmatica della Chiesa italiana per cui si continua a sostenere una perfetta coincidenza tra ideologie, scelte di fondo, prassi e strumenti». E qui è sceso in un tema di grande attualità, affermando che se un cristiano assume lo strumento dell'analisi marxista deve chiedere a se stesso se sta perdendo l'autonomia della sua fede e «non andare dal marxista a domandargli se con la sua teoria riesce anche a credere o se crederà in futuro ». Per i preti-operai è da respingere decisamente il timore che «una collaborazione sul piano politico con forze non cristiane implichi necessariamente i pericoli di ima deviazione dottrinale». Sarebbe questo un discorso di difesa per non affrontare il nodo storico del problema di chi non ha fiducia nelle convinzioni e nelle capacità culturali dei cristiani o di chi ritiene che la cultura marxista sia «molto più agguerrita di quella cristiana». «Da questo circolo — ha aggiunto Piazza — bisogna uscire». La metodologia corretta è, a suo giudizio, quella dei vescovi francesi che per rendersi conto della compatibilità tra Vangelo e socialismo hanno ascoltato le esperienze vive dei cristiani militanti, dei preti-operai e «von si sono limitati ai manuali di filosofia». Nel convegno di Serramazzoni è stata infine indicata una linea per prendere posizione sui problemi concreti. L'ha fatto Piazza nella sua conclusione quando ha affermato che per i preti-operai non è più sufficiente una posizione critica o di denuncia. «Si fa sempre più pressante — ha detto — l'esigenza di un'analisi precisa sulle strutture culturali e di potere della Chiesa che mascherano il contenuto evangelico ». Bisogna stringere ed operare, a suo giudizio, per un collegamento a livello di base che risponda alle esigenze di tanti cristiani «cria impegnati su posizioni di classe o di altri compagni potenziali che chiedono a noi un aiuto per raggiungere una mediazione culturale vivibile fra fede e impegno politico». Francesco Santini

Persone citate: Angelo Piazza, Bettazzi, Piazza, Poletti, Salvarani

Luoghi citati: Gubbio, Ivrea, Parma, Serramazzoni