Dopo la fallita marcia verde di Hassan di Mimmo Candito

Dopo la fallita marcia verde di Hassan Dopo la fallita marcia verde di Hassan Si riaccende la lotta sul Sahara spagnolo Algeri, 2 gennaio. Il giornale algeiùio El Moudjahìd scrive che si attendono tra breve « importanti decisioni » circa la creazione di una nuova organizzazione politico-amministrativa nel Sahara spagnolo. Osservatori diplomatici hanno affermato di ritenere che presto il Fronte Polisario formerà un suo governo nel territorio che la Spagna ha acconsentito a consegnare al Marocco e alla Mauritania entro la fine del mese prossimo. (Ansa-Reuter ) Il 2 novembre Juan Carlos, capo di Stato ma non ancora re. era volato sorprendentemente a El Ayun, aveva passato in rassegna le camicie verdi della Legione, e aveva fatto un discorso marziale: « Salveremo l'onore del nostro esercito, fermeremo la marcia verde di Hassan ». La marcia s'era fermata, per gualche giorno, e ì soldati spagnoli avevano cominciato a ritirarsi dalle, guarnigioni, sul confine, senza rimetterci l'onore. Sembrava una soluzione in linea con i principi dell'Onu, si tornava a parlare di autodeterminazione del popolo saharui; Juan Carlos si conquistava il diritto a diventare re. Ma il volo precipitoso, le parole marziali, i richiami all'Onu erano tutto fumo: il li novembre, più o meno segretamente, Spagna, Marocco e Mauritania si mettevano d'accordo per una spartizione del Sahara. Sui fortini appena abbandonati dai legionari del Tercio, l'esercito di Hassan alzava la bandiera marocchina; due « governatori aggiunti» — uno da Rabat e l'altro da Nuaksciot — si insediavano in El Ayun accanto al governatore militare spagnolo. Unica ad opporsi era stata l'Algeria, e oggi sulla sabbia di questo deserto si rischia una pericolosa avventura. Le truppe algerine e marocchine sono schierate ai confini, Gheddaft e Bumedien hanno firmato l'altro ieri un patto d'alleanza militare e politica, il presidente mauritano è in Tunisia a chiedere aiuti e sostegno a Burghiba, i guerriglieri del Polisario si preparano a proclamare l'indipendenza del territorio. Non è ancora la guerra, nel Maghreb, ma la tensione è tornata al '53. E' ancora una stona di decolonizzazione, gli ultimi pezzi di terra africana che « l'uomo bianco » finge d'abbandonare dopo secoli di sfruttamento. Le sabbie del Sahara sono d'oro, hanno minerali rari e forse petrolio; hanno soprattutto il più ricco giacimento di fosfati che oggi si conosca. Pochi villaggi, tre piccole città, brevi tratti di strada asfaltata, una ferrovia per il trasporto del prezioso carico; centomila abitanti, la maggior parte nomadi. Un ministato che ha dato a Madrid guadagni buoni e sicuri. Guadagni che Madrid non intende affatto perdere. L'accordo di spartizione prevede che la Spagna conservi il diritto al 60 per cento dei fosfati di Bu-Craa; in più, Hassan concede due basi d'appoggio di fronte alle isole Canarie, diritto di pesca alle barche spagnole sulle coste marocchine, un intervento ostruzionistico nei confronti dell'amministrazione inglese di Gibilterra per agevolare il ritorno della rocca alla sovranità iberica. Algeri ha ientato tutte le vie diplomatiche per impedire questa forma di « decolonizzazione »; il solo risultato è stato un documento votato da una commissione dell'Onu e poi ratificato dall'assemblea generale: il testo riafferma il diritto inalienabile dei popoli alla autodeterminazione, e prende atto delle decisioni concordate a Madrid il 14 novembre. L'ambiguità del documento — che afferma una realtà e il suo contrario — ha fornito comunque un minimo di legittimità alla lotta di guerriglia che stanno conducendo gli uomini del Polisario, in difesa del diritto del loro popolo all'indipendenza. Algeri arma questi guerriglieri e schiera il suo esercito al confine con il Marocco: la « annessione » — ha detto Bumedien — verrebbe considerata un atto di aggressione e significherebbe l'inizio di una guerra. Perché Algeri si è spinta a tanta drammatica rigidità? Locomotiva del Terzo Mondo e impegnata in un progetto arduo e difforme di socialismo africano, l'Algeria punta al mantenimento degli equilibri politici nella regione e alla conferma d'un ruolo di leadership ideologica nell'area maghrebina. L'allargamento del Marocco e la sua conquista d'un controllo (anche parziale, per ora) di importanti materie prime modificano questi equilibri e danno ad Hassan un carisma e una forte -ascendenza nel continente. L'alleanza firmata con Tripoli rida ad Algeri la forza contrattuale che le aveva sottratto l'annessione di fatto alla quale stanno procedendo, ormai da più di un mese, i soldati marocchini; Gheddafl, poi, ha sempre « odiato » il regime hascemita e gli Stati « conservatori » del Nord Africa: il patto con Bumedien ripropone « ipotesi rivoluzionarie » che mettono in crisi il quadro politico dell'intero scacchiere, anche se non è prevedibile ancora che Bumedien e Buteflika intendano spingersi fino ai limiti parossistici della politica tripolina. Sul confronto s'attiva anche la contesa Usa-Urss. Il controllo di questa zona è vitale per il Mediterraneo e il passaggio all'Atlantico, la rottura degli equilibri potrebbe avere ripercussioni dirette sul Medio Oriente. Alle spalle del Marocco ci sono gli Stati Uniti, non è difficile immaginare come l'Unione Sovietica tenti di inserirsi nel contrasto: le basi militari americane non sono direttamente minacciate, ma sì il sottile gioco delle allean- j ze e delle zone d'influenza. ' Sul Sahara spagnolo si sta svolgendo una grande partita a poker, non tutti i giocatori siedono' al tavolo né tutti puntano allo stesso piatto. Algeri ricorda la sua lotta per l'indipendenza e guida la guerriglia dell'Fln Polisario; presto, però, potrebbero arrivare a sparare le stesse armi che qualcuno vende nelle strade di Beirut. Mimmo Candito

Persone citate: Algeri, Burghiba, Juan Carlos