Se Roma piange» Parigi certo non ride di Alberto Cavallari

Se Roma piange» Parigi certo non ride Se Roma piange» Parigi certo non ride Una bordata d'aumenti nei prezzi in Francia Il governo ha deciso rincari per i telefoni, le poste, i trasporti delle merci, le assicurazioni auto, le tasse televisive, il gioco del Lotto e molti beni di consumo - Gli aumenti vanno da un massimo del 66 ad una media del 28 per cento - Altri rincari (Dal nostro corrispondente) Parigi, 2 gennaio. Una formidabile bordata d'aumenti è stata sparata dal governo sulla vita francese all'inizio dell'anno nuovo. Da ieri mattina, infatti, i telefoni, le poste, i trasporti-merce, le assicurazioni auto, le tasse televisive, il gioco del tiercé, hanno registrato un brusco balzo in avanti. Esso è stato accompagnato da un non minore rialzo autorizzato di merci di consumo (tessuti artificiali, cotone, elettrodomestici, libri, conserve, biscotti, materassi, eccetera) che ha dato un colpo d'ariete a tutta la politica antinflazionistica perseguita da tempo. Gli aumenti variano da un massimo del 66 per cento (per il lotto francese) a una media del 28 per cento (i telegram¬ mi). Il minimo è del 5 per cento per le assicurazioni auto. Si tratta però solo di un primo scaglione di aumenti già fissati per il 1976. In febbraio, il rialzo dei prezzi toccherà la benzina, il tabacco, gli alcoolici, il gas, la luce, le tariffe ferroviarie viaggiatori, mentre è concessa una variazione pesante nel settore alberghiero. Ciò che si disegna dunque è la fine di un periodo d'inflazione controllata, e la crisi di una politica economica che deve interrompere la lunga frenata voluta nel 1973 anche a costo di provocare la grossa recessione che si conosce. Mentre il presidente Giscard riceveva gli auguri del governo, del Parlamento, dei corpi dello Stato, e del corpo diplomatico, annunciando «schiari¬ menti nel cielo dell'economia», la vita francese è cosi giunta a un appuntamento difficile, non privo di conseguenze per il futuro. Il minimo che si possa dire, infatti, è che la fiammata dei prezzi ha rischiarato una politica economica non priva di doppiezze, inutilmente ricca di finzioni, e che non riesce a mutare il problema di fondo della Francia. Per poter dire di aver raggiunto l'obbiettivo fissato per il 75 (un tasso d'inflazione portato al 10 per cento) il governo ha infatti ritardato gli aumenti fino alla notte di San Silvestro. Ma se ciò ha consentito il trionfalismo statistico degli ultimi giorni, intorno all'indice del 9,9 che si dice raggiunto, immediatamente si è stati costretti ad aprire la diga, provocando sul mese di gen- naio un aumento generale massiccio d'oltre l'uno per cento. In parole povere, ciò significa rendere formali i risultati del '75, arrendersi alle pressioni della crisi, scaricare sul '76 i leggeri progressi del passato, costruire un futuropiù difficile. Se la promessa di comprimere al 10 per cento l'inflazione è infatti stata mantenuta nel 1975, molti giornali giudicano infatti già perduta la scommessa di fare la stessa cosa nell'anno nuovo. Semmai ci si attende (dopo un successo che in ogni modo è di gran lunga minore di quello tedesco) una ripresa «più rabbiosa» della crisi, con la sovrapposizione di una inflazione pesante a una recessione pesante. Paiono sempre più attendibili le cifre dell'Ocse che, diversamente da quelle del governo francese imperniate sopra un'inflazione ridotta all'8 per cento, prevedono un indice del 12 per cento. Alla luce di questo cattivo inizio dell'anno, tutta la politica giscardiana viene riesaminata: con seri dubbi sopra l'efficacia delle recenti manovre. Il governo, evidentemente, mirava nel 1975 a una vittoria tattica, e perciò ha insistito sopra una politica di rigidi controlli che non ha risolto, ma solo rinviato, i problemi. Raggiunto con la sua «corsa verso la mezzanotte» un apparente successo, è stato costretto a rovesciare ciò che sembrava una linea costante dell'economia:" Pertanto non sono pochi gl'interrogativi per il futuro che rabbuiano nei primi giorni dell'anno la Francia. Per essa, forse tramontano le illusioni di una crisi manovrata, e si rivela vero ciò che per altri Paesi è già vero. La questione di fondo non è quella fragorosa «battaglia dei prezzi» del ministro Fourcade ma una battaglia per la produttività ancora da cominciare. Ma essa non sembra facile, dato il presente clima politico. Alberto Cavallari

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