Frau Mann si diverte di Giorgio Manacorda

Frau Mann si diverte La vedova novantenne dello scrittore Frau Mann si diverte Katia Mann: « Memorie non scritte », Ed. Mondadori, pag. 186, L. 3500. Frau Mann si diverte, il che per una signora più che novantenne è indubbio segno di vitalità, ma il taglio di queste « memorie non scritte » (ma dettate) rischia di essere un po' frivolo, eccessivamente salottiero: la chiacchiera attuale su eventi passati. Malgrado tutto ciò, cioè malgrado le continue ironie di cui il libro è disseminato e la sua scarsa « profondità », è sempre abbastanza divertente penetrare improvvisamente dietro le quinte della letteratura. Alla signora Mann va dato atto di essersi mossa con mano leggera, né patetica né declamatoria, e neanche eccessivamente apologetica: ha, insomma, messo a frutto quella educazione « bene » d'altri tempi che unita all'età permette un distacco, forse un po' snobistico ma salutare, dalle cose. In questo libro naturalmente ci si muove con sovrana indifferenza solo tra gente mostruosamente famosa. Gli sketches che si susseguono hanno di volta in volta per protagonisti Gerhart Hauptmann, Gustav Mahler, Theodor W. Adorno, Arnold Schbnberg, Stefan George, Alfred Dóblin, Albert Einstein e chi più ne ha più ne metta. Una delle cose più impressionanti è il racconto della morte di Schònberg, il quale, terrorizzato dal tredici del mese, passava sempre questo giorno seduto in poltrona contando i minuti per alzarsi sollevato una volta scoccata la mezzanotte. Il tredici luglio del 1951 a mezzanotte Schònberg si alzò dalla poltrona e salì al piano di sopra. Quando la moglie entrò nella camera pochi minuti dopo « egli giaceva già senza vita. Gertrud guardò istintivamente l'orologio e si avvide che non era ancora mezzanotte ». Pare che alla moglie sia rimasto il dubbio che « se non avesse visto che la mezzanotte non era ancora suonata non sarebbe morto ». L'aneddotica potrebbe andare avanti per molto: Thomas Mann si divertiva negli anni americani a parlare con Charlie Chaplin, invece (notoriamente) « tra Bert Brecht e mio marito non ci fu mai simpatia». Dòblin era un ingrato. Albert Einstein pare abbia profetizzato la sicura vittoria dei tedeschi sui russi, ma per il resto era simpatico, tranquillo, dotato di grandi occhi e di una grande ingenuità, dote (o difetto) che pare appartenesse anche a Feuchtwanger; Adorno invece era pieno di sé e piuttosto meschino, come attestano (pare) complesse manovre messe in opera per ottenere una recensione: Max Horkheimer invece testimoniò della affidabilità politica di Thomas Mann al momento di prendere la cittadinanza americana. Si potrebbe seguitare a lungo con aneddoti ed esempi, ma non parleremmo mai o quasi di Thomas Mann che, paradossalmente, è il grande assente di questo libro. Vi compare infatti come uno scrittore tranquillamente contento del proprio successo, moderatamente angustiato dalle incomprensioni o cattiverie altrui, molto serio e tranquillamente lavoratore. Possiamo sapere il suo orario di lavoro, scriveva tutte le mattine e solo la mattina, il pomeriggio pare si preparasse scrupolosamente per il giorno dopo. Katia Mann nella sostanza ha evitato di parlarci veramente di suo marito: se non lo ha esaltato eccessivamente, non lo ha neanche svelato. Chi si aspetti lumi meno convenzionali su come era Thomas Mann « come uomo » resterà deluso: dietro le quinte ci sono altre quinte. Con eleganza e malizia la moglie del grande scrittore parla in silenzio in questo libro scritto senza essere stato scritto come il titolo annuncia a questo punto ambiguamente sintomatico e rivelatore della propria «sostanza ». Giorgio Manacorda Thomas Mann, di Levine (Copyright N.Y. Rcvlew of Books, Opc. ra Mundi e per l'Italia La Stampa)

Luoghi citati: Italia