Non esageriamo con la modestia

Non esageriamo con la modestia Azzurri, un alibi pericoloso Non esageriamo con la modestia Torniamo da Roma bellamente lacerati dalla tramontana, un vento omicida che però io amo. Gianni Brera mi ha tolto il saluto all'osteria, e la cosa mi spiace per lui, costretto ormai a citare Soldati e Del Buono. Il « Vecio » Enzo Bearzot si è fermato all'hotel che ospitava gli Azzurri per dimostrare ulteriori pazienze nei confronti di chi lo intervista: sciacalli e amici nostrani, giornalisti inglesi e argentini, microfoni di ogni dimensione. Andremo al di là dell'Oceano per esportare una pedata di cui non siamo certissimi, ma che vorremmo vista secondo lealtà e misura critiche, non con acrimonia. Già sta nascendo un alibi gigantesco: questa squadra — dicono tutti, dai « federali » allo stesso Enzo ai protagonisti in brache corte — sarà matura per gli « Europei '80 ». Campa cavallo. E' evidente che questa stessa squadra riassume pregi, difficoltà, futuribilità e ambizioni e carenze del nostro calcio, ma non nascondiamoci dietro le nuvole dell'avvenire, che non sempre è solare, anche secondo i sogni storici. Qua è il momento, qua è il lavoro, nostro e soprattutto di chi opera sulla gramigna dei campi. Lo scheletro torinese del Club Italia ha raggiunto la qualificazione, malgrado i bastoni tra le ruote e i pronostici contrari di tanta critica (la stessa che oggi si affretta, sbavando, per consigliare cambiamenti). Ma questo identico scheletro torinese deve rifar carne intorno alle ossa Ben lo sanno — o dovrebbero saperlo — i vari Bettega e Graziani, per far due nomi. Quando scrivemmo, presentando il campionato, che molti avrebbero ritirato il piedino, formulammo un'ipotesi generalizzata, non un giudizio sui singoli. Perbacco, un giocatore che prevede di do- versi battere sull'arco di cinquanta-sessanta partite, anche inconsciamente gradua lo sforzo, non accelera certi « tempi ». E' umano, ed è professionale. Il nostro mondo pelotero non consente gli spazi che già stanno dandosi brasiliani e argentini, irreggimentati da un calendario in proiezione mondiale (anche ?e Coutinho, l'allenatore « carioca », dice che olandesi e tedeschi saranno al massimo proprio perché non smettono mai: da oggi, anzi da ieri, fino all'estate prossima). Abbiamo bisogno di un campionato fervido. Basta con le fanfaluche critiche o con le congetture da bar. Nel 70 il Cagliari vinse lo scudetto patendo timori propri ma scarsi ostacoli. Nel '74 vinse la Lazio, passeggiando persino sui suoi nervosismi congeniti. Ambedue le volte la Nazionale parve imbarcarsi per i « mondiali » con il massimo di tranquillità. Arrivammo secondi in Messico dopo aver segnato un gol — unico, solo, del buon Domingo — nel primo girone. Cademmo ignobilmente a Stoccarda. Questa è storia da non dimenticare. Vogliamo una prestazione argentina come si deve, da « gringos pobrecitos » (mi ripeto: cioè da stranieri poverelli) ma senza rinunce. La grinta di Enzo Bearzot garantisce che si farà il possibile: ma guai a « chiudersi » adesso, guai a inventar alibi, guai a coltivare sia illusioni sia catastrofismi. La partita con il Lussemburgo ha congelato tutti, anche per via di quella certa tramontana. Il miglior schema — il più cinico, il più brutale, il più spiccio — l'ha fornito all'Olimpico l'attacco premeditato di un gruppuscolo politicizzato alla curva sud: fazzoletto o passamontagna sul viso, e giù botte, mitraglia di bottiglie, provocazioni. Poi lo stesso gruppuscolo svanisce, sparisce: ma è indicativo per conoscere cosa può accadere nei nostri stadi, è un sintomo inquietante di ulteriore disgregazione sociale. Sull'erba, poca roba. Inghsi e tedeschi (più \nnibale Frossi) che lodano Antognoni. Vorrei tanto lodarlo, o almeno non nominarlo, questo atleta perugino. Sembra che io ce l'abbia con lui. Io ne scrivo secondo quanto penso, gli altri discorrono con me negli stessi termini poi calligrafano diversamente. Insomma: si era all'aeroporto, con Baretti, Perucca e Zoff e altri amici — giocatori e no — e questa storia di Antognoni vien fuori. Perché l'uomo che il « viola » incontrerà ai « mondiali » sarà Neeskens, sarà Bonhof, sarà chi sarà, certo non un lussemburghese, e noi non possiamo concedere una zona, un corridoio a centrocampo ad un avversario che divora terreno e arriva diritto davanti a Zoff. Diceva Perucca: mettiamo Tardelli mezzala, per i « mondiali », con Cuccù terzino, e dopo continueremo a sfoderare Antognoni per il delirio cartaceo e visivo di inglesi e tedeschi (opinione condivisa anche da un certo signor Altafini, tanto per non tacer nulla). Bearzot non può inventare varianti caotiche: in tre « amichevoli », che si accavallano a un campionato stressante, certo non è in grado di condurre troppi sperimenti. E chi glieli chiede è evidentemente un suicida. I nostri programmi debbono essere formulati entro una cornice realistica, badando al sodo. E' vero che questa Nazionale deve ancora raggiungere l'età giusta (tra i ventisei-ventotto anni di media) ma è anche vero che non bisogna sprecar tempo. Dice Zoff: come tecnica non siamo inferiori a gente più titolata, però dobbiamo dominar palla con maggior sapienza, sfruttare zone e tempi e fasce d'erba e momenti con una sicurezza che ancora non ci appartiene. E' un giudizio che si nuò applicare anche alla « povera » partita con i lussemburghesi, che invece ha visto trepestio da narte di gente assolutamente in grado di eiprimersi con altra sicurezza tattica e nervosa. Non invidiamo il lavoro di Bearzot: oscilla tra il sacrificio di un « kamikaze » e il divano del dottor Freud. Affidiamoci alle leggi del campionato: a cominciare dal derby torinese di domenica, dove quella che fu la « coppia regina » incrocerà spade e ruggini. L'inverno della verità è lungo: comincia adesso e per via di paralleli e meridiani terminerà a Mendoza e a Buenos Aires in giugno, quando traslocheremo laggiù con il paltò. Coraggio, amici, riscopriamo il nostro calcio: quello possibile, quello che c'è e non va offuscato da troppi dubbi, da machiavellismi superflui. Giovanni Arpino Marco lardelli, il migliore

Luoghi citati: Buenos Aires, Lazio, Lussemburgo, Messico, Roma, Stoccarda