Ipalestinesi non vanno a Ginevra di Mimmo Candito

Ipalestinesi non vanno a Ginevra La decisione unitaria dei "fedayn,, raggiunta al vertice di Tripoli Ipalestinesi non vanno a Ginevra (Dal nostro inviato speciale) Tripoli, 4 dicembre. Finisce la terza giornata di un vertice che doveva durare solo poche ore, e sembra che ci sarà anche la quarta. A mezzanotte, Gheddafi, Bumedien, Assad, Arafat, e le delegazioni irachena e sudyemenita sono ancora riunite. Non filtra nessuna notizia, tranne che si continua ancora. E che forse sta per arrivare Idi Amin. E' solo uno scherzo, ma è acnhe un segno che questa conferenza non ha mai toccato momenti di vera drammaticità. Il confronto va avanti solo con fatica, intoppato dagli iracheni che fanno resistenza a chiuderla definitivamente. Il fatto che s icontinui a discutere mostra che non c'è volontà di rompere (e, forse, non c'è nemmeno la possibilità politica). Ma il passare dei giorni rischia ri scaricare di credbilità il risultato del vertice. Restano da decidere i termini concreti della condanna all'Egitto, e il grado d'impegno di ciascun paese che diventa membro del «Fronte arabo progressista». C'era da da risolvere anche il problema del ruolo e dei compiti della resistenza palestinese: l'annuncio, dato stamane, che i fedayn hanno ritrovato la loro unità politica ha dato risposta ad almeno una parte delle attese. Dalla veranda della reggia, Gheddafi ha levato in alto le braccia di Arafat e di Habash, che gli stavano a fianco, da una parte e dall'altra, sorridevano tutt'e tre. Ma non tutti gli altri Paesi del « no y> possono sorridere. I palestinesi riversano ora sugli arabi le contraddizioni che prima accompagnava la loro « speranza del ritorno ». L'unità riconquistata imporrebbe scelte politiche che questi paesi hanno difficoltà ad adottare, perché il confronto tra i due possibili modelli di sviluppo — integrazione nell'area del capitalismo internazionale, o adesione a un progetto di coordinazione regionale basato su ipotesi unitarie oggi non realistiche — ò già orientato in termini sia politici sia di schieramento. La ritrovata «unità nazionale del popolo palestinese» è un elemento di grande novità nel quadro politico mediorientale. Tanto più che la ricomposizione è avvenuta su linee radicali, assai vicine a quelle che negli ultimi anni l'Olp aveva abbandonato per la scelta della «soluzione negoziata». H solo a difenderle era rimasto Georges Habash, e oggi il leader del Fronte popolare vince il suo confronto con Arafat. Lo «storico comunicato» — come loro stessi lo hanno definito — è stato letto ai giornalisti da tutti i capi fedayn seduti, perla prima volta dopo tanti anni, l'uno a fianco dell'altro con identità di vedute. Mancava solo Arafat. La nuova linea politica palestinese respinge non solo le risoluzioni 242 e 338 del Consiglio di sicurezza dell'Onu, ma anche ogni accordo internazionale basato su queste risoluzioni, «inclusa la Conjerenza di Ginevra»; chiama alla lotta per il ritorno dei palestinesi alla loro terra, per l'autodeterminazione, e per la costituzione di uno Stato indipendente «su ogni parte liberata del territorio palestinese». Senza riconoscimento, senza accordo di pace, senza negoziato. Al fine di raggiungere questi risultati, chiede la costituzione di «un fronte di lotta e di difesa» formato da Libia, Algeria, Iraq, Siria e Yemen del Sud. Lo « storico comunicato » non ignora Israele, anche se rifiuta ogni rapporto con Gerusalemme; questo è un fatto politico di rilievo. La strategia palestinese modifica i suoi piani, ma anche nel momento in cui annuncia una. lotta più dura e radicale rifiuta di cedere all'intransigenza: pur tacendone, tiene conto che l'esistenza della « entità sionista » nel territorio che fu della Palestina è ormai una realtà storica. Rifiuta il riconoscimento giuridico, ma sul piano politico sì riserva una libertà d'azione zenza limiti. Questo porta anche un elemento di contraddizione, da risolvere: il rifiuto d'una soluzione negoziata, e dunque anche di Ginevra, si accompagna ad obiettivi di lotta che sono quelli della risoluzione 3236 dell'Assemblea generale dell'Orni. L'adesione a questi contenuti comporta l'accettazione delle frontiere israeliane antecedenti alla guerra del '67, e dunque un principio di trattativa che — direttamente o indirettamente — deve passare anche per il governo di Gerusalemme. Se l'analisi è corretta (purtroppo ci sono gravi differenze tra la traduzione in francese e quella in inglese del comunicato), se ne dovrebbe ricavare una considerazione politica. Gli arabi del « no » avevano chiesto ai fedayn un chiarimento dei loro contrasti interni, per dare un'immagine unitaria del popolo palestinese, in un momento tanto difficile della loro storia. I fedayn lo hanno fatto. Mimmo Candito

Persone citate: Arafat, Assad, Georges Habash, Gheddafi, Habash, Idi Amin