Israele ed Egitto sono costretti alla pace dalla crisi economica di Mario Salvatorelli

Israele ed Egitto sono costretti alla pace dalla crisi economica Israele ed Egitto sono costretti alla pace dalla crisi economica (Dal nostro inviato speciale) Gerusalemme, dicembre. Il Direttore generale della Discount Bank, la maggiore finanziaria d'Israele per partecipazioni e investimenti nell'industria, ha un ufficio piccolo e disadorno, come tutti quelli delle imprese pubbliche e private, dei ministeri, dei potentissimi sindacati, che abbiamo visto in questo paese, dove si bada all'essenziale, il lusso è sconosciuto e si respira, quasi impercettibile ma presente, un'atmosfera di retrovia. Questo in cui ci troviamo, a Tel Aviv, è occupato da Dan Tolkowsky, già capo dell'aviazione militare israeliana, piccolo, vivace, dal fisico asciutto, giovanile, anche perché è ancora giovane. A quarantanni, infatti, i militari in Israele, eroi o non eroi, vengono congedati. Tocca alla radio mobilitarli, quando è il caso, e allora ognuno sa cosa fare. Si può scommettere, a colpo sicuro (basta ascoltarli), che gli ex combattenti portano nella vita civile la stessa carica e l'eccellente preparazione che avevano ne{la vita militare. Le partecipazioni nel portafoglio della Discount Bank sono salite in quattro anni da 71 a 174 milioni di lire israeliane, i suoi profitti net ti da 15,5 a 36,3 milioni (si moltiplichi per 58 per avere l'equivalente in lire italiane!. Dan Tolkowsky spiega: « Israele, come è riuscito, perché doveva riuscirci, a creare piloti, carristi, puntatori tra i migliori del mondo, assai competitivi (dice proprio "competitivi ", n.d. r.), così ha saputo creare ingegneri, agricoltori, finanzieri, molto, molto competenti ». Israele, da quando è nato, è il più vasto laboratorio, il campo sperimentale « dal vivo » più impegnato del mondo. Lo hanno aiutato, « purtroppo », osserva Tolkowsky, le esigenze tecnologiche della difesa. Ed oggi che il paese passa da una economia protetta e assistita a un'economia aperta, liberale, quale l'ha annunciata due mesi fa il nuovo governo del « Likud » (una specie di centrodestra Andreotti-Malagodi, tanto per intenderci), in coincidenza, forse occasionale, con la spettacolosa iniziativa di pace del binomio Begin-Sadat, si può fare un'altra scommessa: che il paese non si farà sorprendere dalla distensione, e saprà volgerla a proprio profitto, perché è necessario. così come ha saputo fare della tensione della guerra, per quattro volte calda e per trent'anni fredda, per che doveva sopravvivere. Un esempio dì come affronta i problemi questo straordinario paese, dove le tecniche più sofisticate si affiancano con naturalezza alle tradizioni e alle memorie più antiche, le tute mimetiche dei reparti d'assalto ai rotondi e piumati cappèlli neri per le cerimonie religiose del sabato, un esempio, dicevamo, ci viene offerto dal settore dell'energia. Energia solare Sono poche le case che non abbiano sul tetto, accanto alle antenne della tv, l'impianto di riscaldamento mediante la fonte di calore più vecchia e naturale del mondo: il sole. Due pannelli di 4 metri quadrati, un barile da 120-150 litri costano, installazione compresa, 250 dollari (poco più di 200 mila lire italiane), e in due ore portano e mantengono a 80 gradi l'acqua per lavarsi e cucinare. Al tempo stesso è in fase avanzata il progetto d'una centrale nucleare, con due reattori da 900 megawatt | (pari, ciascuno, alla nuova \ centrale Enel dì Caorso, sul j nostro Po), che Israele vor- ! rebbe costruire con l'Egitto. I « Una centrale nucleare coj mune — ci dice, a Gerusalemme, Sergio Minerbi, capo del dipartimento europeo del Ministero degli Esteri — con un controllo pieno da ambedue le parti, farebbe superare le diffidenze, e potrebbe essere la prima d'una serie d'iniziative tra Israele ed Egitto, le cui economie sono complementari ». Si parla anche d'impianti per l'arricchimento dell'uranio e il riciclaggio del combustibile, e di un gigantesco complesso per dissalare l'acqua marina, che potrebbe essere accoppiato alla stessa centrale nucleare, per sfruttarne il calore. In queste settimane — le prime in cui la pace non sembra più impossibile, da quando l'Onu, a fine novembre '47, decise la nascita di Israele — il paese vive nella speranza di quanto potrebbe accadere. E tutti i nostri interlocutori si lanciano verso un avvenire di cooperazione regionale, nel quale il «culto dell'innovazione», fortissimo in un paese che ha come unica ricchezza i cervelli dei suoi abitanti, potrà essere messo al servizio del progresso economico e sociale in Medio-Oriente. Enzo Nitzani, direttore generale delle « Israel Chemicals », ci rivela un grosso progetto per portare l'acqua del Mediterraneo nel Mar Morto, superando le montagne a 300 metri, e poi scendendo ai 400 metri sotto il livello del mare della grande depressione dove giace il Mar Morto. Il risultato sarebbe duplice: sfruttare il salto dell'acqua per produrre energia, e riequilibrare il livello del Mar Morto, che sta calando perché la forte evaporazione non è più compensata da un adeguato apporto di acque, oggi utilizzate dagli occupanti (o, se si preferisce, dagli « amministratori provvisori ») israeliani, per trasformare le aride terre circostanti in campi coltivati. Il progetto, che comporta una spesa di 900 milioni di dollari, dovrebbe essere finanziato dalla Germania Occidentale, e nelle scorse settimane il ministro israeliano delle Finanze è stato a Bonn per parlare anche di questo. Grandi progetti Si tratta di decidere tra un collegamento con acquedotti, oppure un canale navigabile, che interesserebbe particolarmente la Giordania, per la possibilità di avere uno sbieco diretto sul Mediterraneo. Yoel Bentovim (in origine Bonfiglioli, il cui nonno era capo-tappezziere del Vaticano), fondatore e presidente delle industrie chimico-farmaceutiche « Abic ». vede con entusiasmo una vasta collaborazione tra Israele e Giordania, per sfruttare le inesauribili riserve di potassa, bromo, sale, magnesio del Mar Morto e i fosfati del Neghev. «Se è vero, osserva, che sono gli interessi economici a indicare la strada agli uomini politici, una confederazione Israele - Cisgiordania - Giordania, appoggiata a Sud dall'Egitto, a Nord dal Libano, potrebbe avere radici ben salde e fertili». In attesa dì questi grandi progetti politico-economicofantascientifici, Israele lotta con la realtà quotidiana, fatta da un tasso d'inflazione del 40 per cento annuo, da una bilancia commerciale in cui le esportazioni coprono appena il 60 per cento delle importazioni (per un terzo belliche), da una moneta che è stata gettata nel mare dei cambi fluttuanti per insegnarle a nuotare, e che è passata a un cambio di 15,5 lire israeliane per un dollaro, quando un anno fa ne bastavano 8,75. Anche per questo sul Canale di Suez si discute la pace: perché né l'Egitto né Israele possono sostenere più a lungo un'economia di guerra. In una cosa, oggi, le economie dei due paesi sono complementari: nella necessità assoluta della pace: prima che le masse del Cairo tornino ad agitarsi e prima che il « vento freddo della concorrenza » congeli le industrie di Haifa e di Tel Aviv. Mario Salvatorelli

Persone citate: Andreotti, Begin, Bonfiglioli, Enzo Nitzani, Malagodi, Sadat, Sergio Minerbi